Il volontariato degli adolescenti

Da utente a volontario: il circolo virtuoso è made in Sud

Entrano da bambini come utenti, soprattutto per un aiuto nei compiti. Crescendo spesso iniziano ad aiutare loro i più piccoli. Un passo dopo l'altro, così, cresce l'impegno. E in territori particolarmente a rischio il volontariato diventa la via per scoprire una vocazione diversa dalla strada...

di Chiara Ludovisi

C’è un circolo virtuoso che nasce, cresce e si riproduce. Che dà sempre buoni frutti, in termini di coesione sociale ma anche di benessere individuale, sia sul piano fisico sia su quello mentale. È il circolo virtuoso del volontariato, che si sviluppa spesso in territori periferici e poveri di risorse materiali ed educative. Epicentro di questo movimento sono i giovani, a volte giovanissimi utenti di associazioni che, con i loro operatori e volontari, offrono attività, spesso molto semplici, che tengano gli adolescenti lontani dalla strada e dai “cattivi giri”. A un certo punto però può accedere – e spesso accade – che alcuni di questi ragazzi e ragazze il sostegno ricevuto chiedano di restituirlo. E così da “utenti” diventano loro stessi “volontari”: perché sentono che è giusto, ma soprattutto perché sentono che è bello, che riempie di valore e di senso la loro vita. In altre parole, perché scoprono che è ciò che desiderano fare. 

Tante storie di questo genere arrivano dal Sud, da quei territori comunemente classificati come “disagiati”, poveri, periferici, degradati. Quei territori che in tanti continuano ad abbandonare, per cercare una vita migliore nelle regioni del Nord. Quel Sud di cui Svimez pochi giorni fa ci ha restituito, una volta ancora, una fotografia a tinte per lo più fosche: da un lato il Pil che cresce più che nel resto del Paese e dall’altro dei giovani che continuano a fuggire, specialmente se laureati. Negli ultimi 10 anni, sono quasi 200mila quelli che se ne sono andati.

Qui Scisciano (NA), i giovanissimi volontari dell’associazione “YaBasta!”

Le voci dei giovani volontari che abbiamo raccolto tra Napoli e provincia, grazie a Csv Napoli, ci parlano di un Sud che proprio dal volontariato invece può ripartire, trovando nell’attivismo un’àncora di salvezza per se stessi ma che al tempo stesso li tiene legati al proprio territorio, svelando in loro la possibilità e la capacità di proteggerlo e migliorarlo. 

Giada e Ayoub, da utenti a volontari

A Scisciano, in provincia di Napoli, Giada è seduta accanto a ragazzi appena poco più giovani di lei. Ha finito i suoi compiti e ora sta aiutando loro a studiare. «Quando Giada è arrivata al doposcuola, aveva 10 anni. L’ha portata qui la mamma, perché aveva delle difficoltà nello studio e lei non poteva aiutarla», racconta Alessio Malinconico, responsabile dell’associazione “YaBasta!”, che fa parte della Rete vesuviana solidale. «Oggi Giada ha 15 anni, è cresciuta qui dentro ed è talmente affidabile che alcuni giorni fa le abbiamo consegnato le chiavi dell’associazione».

La molla, racconta Giada, è scattata «dopo 10 mesi che frequentavo il doposcuola. Mi è venuto spontaneo chiedere di poter dare una mano». Lei ricorda con precisione quel momento e le ragioni della sua richiesta: «Mi piaceva quello che facevano i volontari e volevo farlo anch’io. Era un desiderio del cuore, insomma. Penso che debba andare così, quando si inizia fare volontariato. Oggi qui ho trovato amici di diverse età e di tante parti del mondo, per me sono tutti fratelli. Aiuto i più piccoli con il doposcuola, ma mi occupo anche dei pacchi alimentari, quando posso. Partecipo alle riunioni e cerco di fare proposte per le attività e per migliorare gli spazi e il campetto su cui giochiamo. Fare volontariato mi ha dato uno spunto anche per i miei studi e per il mio futuro: oggi frequento l’istituto di assistenza sociosanitaria. Se non avessi fatto quest’esperienza, credo che sarei molto più chiusa in me stessa: invece e mi sono esposta, ho mostrato la vera me. Ricevere le chiavi della sede, poi, mi ha fatto capire che si fidano di me e questo è molto bello. Mia mamma è contentissima, perché ho trovato qualcosa che non mi fa stare a casa con il telefono. Il mio migliore amico? Ne ho tanti, ma Ayoub è un vero fratello».

Dopo 10 mesi che frequentavo il doposcuola, mi è venuto spontaneo chiedere di dare una mano. È stato un desiderio del cuore. E poi facendo volontariato ho scoperto e mostrat la vera me

Giada, 15 anni, volontaria del doposcuola di “Ya Basta!”

Ayoub oggi ha quasi 28 anni. Quando è entrato al doposcuola di “Ya Basta!” per la prima volta di anni ne aveva 12 ed era arrivato da poco dal Marocco, insieme alla mamma e il fratello, per ricongiungersi con il papà, che viveva in Italia da molti anni: «Giocavo a calcio, è stato il mister a consigliarmi di venire in associazione perché avevo dei problemi con alcune materie, soprattutto con il francese e qui avrebbero potuto aiutarmi. Poi si è unito anche mio fratello. Dopo un paio d’anni, ho preso l’abitudine di fermarmi qui dopo aver finito i miei compiti, per aiutare i più piccoli. Così, piano piano, ho iniziato a offrire un po’ del mio tempo. In verità non ho sentito il passaggio dall’essere aiutato ad aiutare: a un certo punto le due cose si sono confuse e sovrapposte», racconta.

Ayoub, 28 anni, ex utente di Ya Basta! e oggi operatore all’integrazione nel centro di accoglienza SAI gestito dall’associazione

Oggi Ayoub è un membro del direttivo e uno dei referenti dell’Emporio solidale. «Col tempo, mi sono specializzato nei diritti dei migranti e sono diventato operatore legale. Ho “congelato” gli esami di Biologia e sono passato a Mediazione linguistica, perché ho capito che è questo che voglio fare: aiutare chi incontra le stesse difficoltà che ho trovato io arrivando in Italia da bambino. Sono diventato operatore all’integrazione nel centro di accoglienza Sai gestito dall’associazione. Non essere stato lasciato indietro, quando ero piccolo, mi ha portato spontaneamente ad occuparmi degli altri, ad allargare il mio sguardo. Lo stesso è successo a mio fratello: ora lui è ingegnere, è spesso fuori per lavoro, ma non ha mai smesso di impegnarsi in associazione. Oggi io non riuscirei più a vedere un problema e scansarlo: devo affrontarlo, perché nel momento in cui lo affronto, esso diventa un po’ più piccolo». 

Non essere stato lasciato indietro quando ero piccolo, mi ha portato spontaneamente ad occuparmi degli altri, ad allargare il mio sguardo. Oggi io non riuscirei più a vedere un problema e scansarlo

Ayoub, 28 anni, volontario e membro del direttivo di “Ya Basta!”

La Casa dei Cristallini

Ancora nel napoletano, ma questa volta proprio nel centro della città, c’è la Casa dei Cristallini. È nata nel 2006 nell’omonimo rione, in cui allora «non esisteva alcun presidio sociale», spiega il presidente Giovanni Giannattasio. «Abbiamo voluto realizzare qui un centro educativo che mantenesse una struttura informale: una casa, appunto, più che un servizio. Oggi è frequentata soprattutto da bambini e ragazzi tra i 6 e i 16 anni, ma ce ne sono anche alcuni più grandi, che sono arrivati ai tempi della scuola primaria e poi sono cresciuti qui dentro e sono rimasti a dare una mano. Offrono all’associazione la loro esperienza di utenti, unita alla maturità raggiunta e al loro bagaglio di ricordi».

Attività alla Casa dei Cristallini, Napoli

Tra questi ex utenti divenuti volontari c’è Marco Badolato, che oggi ha 29 anni ed è educatore di strada e di prossimità per la stessa associazione in cui è arrivato da piccolo: «Per me fin da subito la Casa dei Cristallini è stata un posto di spensieratezza, dove poter dimenticare i problemi. Inizialmente venivo qui a fare i compiti e per incontrare gli amici, poi alle superiori ho iniziato a fare volontariato. Nel 2016 ho fatto qui un anno di Servizio civile. Mi è stato affidato un ragazzo in messa alla prova, un mio coetaneo: in realtà, era una vittima della camorra. Questa esperienza, unita a quella precedente di utente e volontario, mi ha aperto gli occhi: ho capito quello che volevo fare. Ho studiato, mi sono formato e oggi sono educatore di strada e prossimità della stessa associazione che mi ha dato una mano a crescere».

A Casa dei Cristallini venivo a fare i compiti, poi alle superiori ho iniziato a fare volontariato. Nel 2016 ho fatto qui un anno di Servizio civile. Questa esperienza mi ha aperto gli occhi: ho capito quello che volevo fare. Oggi sono educatore di strada e prossimità nella stessa associazione che mi ha aiutato a crescere

Marco Badolato, 29 anni, educatore di strada alla Casa dei Cristallini

Le “mini conferenze”, per imparare ad aiutare bene

A Sant’Antimo, una cinquantina di chilometri da Napoli, il Centro Ozanam è affollato di ragazzi e ragazze di diverse età e provenienza. Alcuni di loro indossano una maglia blu con la scritta “Volontariato, uno stile di vita”. Sono i sette componenti della “mini conferenza”: tutti giovanissimi, tra i 10 e 13 anni. Antonio Gianfico, segretario generale internazionale della Società di San Vincenzo De Paoli, è promotore di questa e di altre esperienze di volontariato tra i giovanissimi. «Ho sempre creduto molto nel volontariato dei giovanissimi e per questo ho incoraggiato la nascita di queste “mini conferenze”, come chiamiamo questi gruppi di giovanissimi», spiega. 

1/4

A Sant’Antimo, il centro Ozanam e in particolare il suo doposcuola ha avvicinato molti ragazzi e ragazze che diversamente non avrebbero avuto alcun aiuto nello studio: «Anzi, è probabile che avrebbero incrociato altre realtà, radicate nel territorio e ben poco rassicuranti. Circa un anno fa, hanno iniziato a mettersi in gioco come volontari: 3 o 4 volte a settimana vengono a studiare qui e poi, appena finiscono i loro compiti, danno una mano ai più piccoli. Non solo: essendosi costituiti come “mini conferenze”, gestiscono anche tutta l’attività burocratica e imparano a organizzarsi, dividendosi i ruoli. Ogni giovedì hanno la loro riunione, in cui discutono, deliberano, verbalizzano, prendono decisioni, come una vera e propria organizzazione. È molto importante che oltre ad aiutare, imparino ad aiutare bene».

Ogni giovedì i ragazzi hanno la loro riunione, in cui discutono, deliberano, verbalizzano, prendono decisioni, come una vera e propria organizzazione. È molto importante che oltre ad aiutare, imparino ad aiutare bene

Antonio Gianfico, segretario generale internazionale della Società di San Vincenzo De Paoli

Monica Galdo, che coordina il centro Ozanam, assicura che «grazie alla mini conferenza, i ragazzi e le ragazze stanno imparando a vedere e vivere il quartiere e la comunità come parte di loro, sviluppando un senso di responsabilità e appartenenza che va ben oltre la loro età. Non mancano le discussioni, ma piano piano iniziano a saper lavorare in squadra: soprattutto, attraverso il volontariato stanno maturando la consapevolezza che anche in un territorio segnato da tante difficoltà, si possa essere protagonisti di un cambiamento positivo per un futuro migliore».

Questo articolo fa parte di un’inchiesta di VITA sul volontariato dei teenagers, pubblicata in occasione della Giornata mondiale del volontariato: leggi su vita.it tutti i numeri, le storie e le riflessioni.

Il volontariato? Si impara a scuola
Volontari in erba, ricchezza e sfida per le nostre associazioni
Ma quale disimpegno, il volontariato è teen

In apertura, giovani volontari e giovanissimi utenti del Centro Ozanam di Sant’Antimo (NA)

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.