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Da settembre ci sono stati oltre 340 piccoli Aylan
Mentre vicino ad Agrigento si è consumato l'ennesimo naufragio, OIM, UNHCR e UNICEF hanno divulgato i numeri secondo cui, negli ultimi sei mesi, due bambini in media al giorno hanno perso la vita in mare nel tentativo di attraversare con le loro famiglie il Mediterraneo orientale
di Redazione
Da settembre 2015 in media due bambini al giorno hanno perso la vita in mare nel tentativo di attraversare con le loro famiglie il Mediterraneo orientale. Il numero delle morti dei minori continua ad aumentare, hanno detto OIM, UNHCR e UNICEF, lanciando un appello affinché sia aumentata la sicurezza di coloro che fuggono da conflitti e disperazione.
Appello che arriva in concomitanza con l'ennesima tragedia. Proprio oggi vicino ad Agrigento una trentina di persone, tutte presumibilmente di provenienza magherebina, libici e tunisini sono sbarcate sulle coste siciliane raccontando che diversi propri compagni di viaggio sarebbero affogati.
Da settembre scorso, quando la morte di Aylan Kurdi ha attirato l’attenzione di tutto il mondo, più di 340 tra neonati e bambini sono annegati nel Mediterraneo orientale. Il numero totale di bambini che sono morti potrebbe essere anche maggiore, dicono le Agenzie, considerato il numero di corpi dispersi in mare.
«Non possiamo voltarci dall’altra parte davanti alla tragedia della perdita di così tante vite innocenti – o fallire nel fornire risposte adeguate rispetto ai pericoli che molti altri bambini stanno affrontando», ha detto il direttore esecutivo dell’UNICEF Anthony Lake. “In questo momento possiamo non avere la capacità di porre fine alla disperazione che spinge così tante persone a tentare di attraversare il mare, ma gli Stati possono e devono cooperare nello sforzo di rendere questi pericolosi viaggi più sicuri. Nessuno metterebbe un bambino su una barca se fosse disponibile un’alternativa più sicura.”
Il tratto di Mar Egeo che si estende fra la Turchia e la Grecia è tra le rotte che provoca più morti di rifugiati e migranti al mondo. Mari agitati durante l’inverno, imbarcazioni inadeguate e sovraccariche, mezzi di salvataggio insufficienti e inadatti aumentano il rischio di naufragi, rendendo il viaggio molto più pericoloso.
«Queste tragiche morti nel Mediterraneo sono insopportabili e devono finire», ha detto l’Alto Commissario per i Rifugiati Filippo Grandi. «Chiaramente, c’è bisogno di maggiori sforzi per combattere il traffico di persone. Inoltre, dal momento che molti dei bambini e degli adulti che hanno perso la vita sono persone che stavano cercando di ricongiungersi con parenti in Europa, promuovere soluzioni che consentano alle persone di spostarsi in modo legale e sicuro, ad esempio attraverso programmi di reinsediamento e ricongiungimento familiare, dovrebbe essere un’assoluta priorità se vogliamo ridurre il numero delle morti», ha aggiunto. Il Segreatrio Generale dell’ONU ha convocato una riunione ad alto livello per affrontare a livello globale il tema della responsabilità condivisa, attraverso vie legali per l’ammissione di rifugiati siriani, che si terrà il 30 marzo a Ginevra.
Considerando che i bambini rappresentano oggi il 36% delle persone in transito, la probabilità che anneghino nel Mar Egeo nella traversata dalla Turchia alla Grecia è aumentata proporzionalmente. Durante le prime sei settimane del 2016, 410 persone delle 80.000 che hanno attraversato il Mediterraneo orientale sono annegate. Questo significa un aumento pari a 35 volte il numero di morti rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
«Contare le perdite non è sufficiente. Dobbiamo agire», ha dichiarato William Lacy Swing, Direttore Generale dell’OIM a Ginevra. «Questo non è un problema solo del Mediterraneo, nè solo dell’Europa. Quella che sta avvenendo è una catastrofe umanitaria che chiede l’impegno di tutto il mondo. Il terremoto di Haiti del 2010 non era una questione solo di un emisfero, nè lo era lo tsunami in Asia sudorientale del 2004. In risposta a quei disastri ci fu un’enorme manifestazione di azione umanitaria. La stessa è necessaria in questo caso».
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