Welfare
Da rifugiati a videomakers
Si chiama Through my Eye, il progetto di video partecipativo realizzato da Refugees Welcome Italia nell’ambito del bando europeo Frame Voice Report. Famiglie e migranti si sono messi dietro alle telecamere e hanno raccontato in prima persona la loro esperienza di convivenza
Da rifugiato a Filmaker? Tutto è possibile! Refugees Welcome Italia presenta i risultati di Through my Eyes, un progetto di video partecipativo realizzato nell’ambito del bando europeo Frame Voice Report che ha l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi legati agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
Famiglie e rifugiati si sono messi dietro alle telecamere e hanno raccontato in prima persona la loro esperienza di convivenza – umanamente arricchente, anche se non sempre facile – l’incontro e lo scambio reciproco, i propri sogni, bisogni e aspettative.
Grazie all’aiuto di una regista, Beatrice Surano, che ha curato il montaggio, i loro racconti fatti di immagini si sono trasformati in video. Refugees Welcome Italia ha realizzato due episodi: la storia di Abdullahi e quella di Mamadou, entrambi rifugiati accolti da famiglie torinesi.
«L’idea che sta dietro al progetto è quelle di mostrare come l’accoglienza in famiglia possa contribuire alla creazione di una società più inclusiva e coesa, che è uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Inoltre Through My Eyes vuole contrastare il paradosso della visibilità senza rappresentanza che spesso caratterizza il dibattito pubblico e mediatico sul tema delle migrazioni. Rifugiati e migranti sono quasi sempre oggetto della narrazione mainstream, ma quasi mai soggetto attivo e voce narrante. Un’invisibilità che non solo impedisce di rappresentare in modo adeguato la complessità e le tante sfumature dell’esperienza migratoria, ma contribuisce a perpetuare una condizione di marginalità ed esclusione sociale», spiega Fabiana Musicco di Refugees Welcome Italia.
Nel primo episodio, la voce narrante è quella di Abdullahi, 24 anni, somalo.
Nel video ripercorre il suo viaggio – dalla Somalia fino all’Egitto, una rotta dove la terra, sotto forma di deserto, è letale quanto il mare – ma soprattutto il suo presente: la famiglia con cui vive a Superga, Elena e Federico e i loro bimbi, i suoi nuovi amici, gli operatori e i ragazzi del laboratorio per persone disabili dove svolge il servizio civile.
Nel secondo episodio, il testimone passa a Mamadou per un racconto più corale, in cui alla sua voce si affiancano quelle di Francesca e Matteo, i due ragazzi, quasi suoi coetanei, con cui condivide un appartamento in provincia di Torino.
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.