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Da Nairobi: le Acli lanciano la nuova cooperazione con l’Africa

Il presidente delle Acli, Luigi Bobba, lancia in Kenya una proposta di gemellaggio fra lavoratori italiani e africani

di Emanuela Citterio

Dalla nostra inviata a Nairobi.

NAIROBI ‘Dobbiamo imparare a partire dalle nostre forze, senza aspettare un cambiamento dall’alto. Siamo giovani, abbiamo studiato, abbiamo imparato a lavorare nel sociale. Manca il lavoro? Forse invece di lamentarci dobbiamo imparare a vendere bene noi stessi’. L’intervento di un giovane operatore sociale di Nairobi finisce tra gli applausi. Solo una spia dell’entusiasmo che si respira qui all’Istitute of social ministry del Tangaza College di Nairobi, un centro di formazione per animatori sociali ed ecclesiali messo su da padre Francesco Pierli, ex superiore generale dei comboniani. Il tendone del grande cortile del college ospita in questi giorni un convegno sullo sviluppo sostenibile in Africa: un confronto continuo fra operatori sociali, intellettuali impegnati a vari livelli nella societa’ Keniana e nel nuovo corso politico che dalle elezioni del dicembre 2002 non smette di suscitare grandi speranze.
Che il Kenya e’ un Paese giovane lo si vede dalle persone che discutono da lunedi’scorso, mattina e pomeriggio, sotto il tendone del Tangaza College: circa 400, provenienti dal Kenya ma anche da Paesi vicini: Congo, Uganda, Togo, la vicina Tanzania. Soprattutto giovani.
In questo clima, sotto il tendone sistemato nel cortile, ha parlato questa mattina il presidente delle Acli, Luigi Bobba, giunto ieri a Nairobi per lanciare una nuova forma di cooperazione che punta sul gemellaggio fra l’esperienza associativa dei circoli Acli e realta’ nascenti di tutela dei lavoratori negli slum di Nairobi.

‘Non siamo qui per un altro progetto di solidarieta’, ma per costruire una rete’ ha detto Bobba davanti agli animatori sociali, ai docenti universitari e agli intellettuali riuniti al Tangaza. ‘A convincermi e’ stato il direttore dell’Isitute of Social Ministry, padre Pierli, con la teoria del secondo remo. ‘Finora noi missionari, con le ong presenti nel nostro Paese, abbiamo seguito lo sviluppo di tanti microprogetti. Tutto questo va bene, ma ora e’ arrivato il momento di usare il secondo remo: sviluppare reti associative e sindacali perche’ i cittadini e i lavoratori diventino protagonisti del loro Paese e delle loro istituzioni democratiche’. L’immagine del secondo remo mi e’ rimasta in testa e ho pensato che in fondo la nascita delle Acli 60 anni fa aveva gli stessi obiettivi. Non bastava rimettere in Piedi un Paese dal punto di vista economico, occorreva creare reti sociali organizzate e fare attraverso i circoli di lavoratori e cittadini una scuola quotidiana di educazione alla democrazia, alla responsabilita’, realizzare una catena organizzata di opere di solidarieta’.

L’intervento delle Acli in Kenya si concentrera’ soprattutto nello slum di Kibera. Dove la gente lavora a giornata per industrie legate alle multinazionali: assemblaggio di automobili per grossi marchi, fabbricazione di oggetti in plastica, produzione della birra. ‘L’idea e’ quella di sostenere le nascenti associazioni di lavoratori, ma anche di imparare da loro, dalla cultura di questo Paese’ spiega Bobba. ‘Punteremo sul gemellaggio. Gia’ tre citta’ del nord Italia, Padova, Milano e Cuneo hanno dato la disponibilita’a mettere in relazione e cooperazione i propri circoli acli con realta’ simili a Kibera’.

Nei prossimi giorni la delegazione Acli visitera’ Kibera per prendere accordi con due associazioni di lavoratori. E dall’inizio di maggio una cooperante seguira’ a tempo pieno il progetto qui a Nairobi.

Il presidente delle Acli proseguira’ il viaggio in Africa in Mozambico, dove e’ in corso l’altro progetto dell’associazione, una scuola di formazione professionale inaugurata nell’aprile 2002.

‘L’impegno in Africa, che annunceremo pubblicamente anche in Italia all’inizio di aprile rappresenta una sorta di nuovo mandato per la nostra associazione’ spiega Bobba. ‘Siamo convinti sia una delle grandi sfide sociali del nostro tempo’.

(Emanuela Citterio)

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