Volontariato

Da L’Aquila all’Emilia, mettiamoci una pezza!

di Andrea Cardoni

«Perché vedi: non è come quando spedisci un sms o fai una donazione, come invece succede con altre manifestazioni di solidarietà. Qui le persone decidono di comprare un gomitolo, prendere i ferri, lavorare il gomitolo, scrivere un bigliettino, chiudere il tutto in una busta, andare alla posta e spedirlo. Poi ci tengono a vedere la loro pezza catalogata, pubblicata su facebook e unita con le altre pezze e saranno contente quando le vedranno allestite. Non è come quando spedisci soldi:è una relazione corretta e gentile, cortese. Una cosa bella».

La voce di Donatella è una di quelle che fa stare bene. Che anche se la senti al telefono (o su skype), hai la sensazione di vedere il filo del suo sorriso mentre parla. Donatella è una delle cinque aquilane che subito dopo il terremoto del 2009 hanno fondato Animammersa e che hanno pensato di fare una cosa bella: rivestire le zone colpite dal terremoto in Emilia (a Finale Emilia, Mirandola) con pezze provenienti da qualunque angolo del mondo che voglia spedirle, e cucite dalle comunità locali. Lo hanno fatto lo scorso anno, il sei aprile, coprendo la loro città con cinquemila pezze. E lo rifaranno quest’anno, sempre il sei aprile, in coincidenza con il quarto anniversario del terremoto a L’Aquila. Perché, come dicono, “una zona rossa, ovunque si trovi, è una questione Nazionale”.

Tutto questo è Mettiamoci una pezza, un progetto che unisce una forma di arte di strada, che è l’urban knitting ovvero il lavoro di maglia urbano (o yarn bombing, trad. “il bombardamento di filati”), e il crowdknitting. In pratica: un’iniziativa sociale, veicolata dalla rete, che permette di condividere un lavoro a maglia collettivo coinvolgendo più comunità. Se avete voglia di andare a curiosare, scoprirete che di gomitoli, maglie, uncinetti e ferri in Italia si sta diffondendo un po’ da per tutto e con effetti davvero interessanti. Questo perché è organizzato, sa comunicare integrando social network, blog ed eventi, ha quasi sempre finalità sociali, è aggregante, e in più è capace di coinvolgere anche i maschietti. Andate un po’ a vedere cosa fanno dalle parti di Vendetta Uncinetta, della temibilissima Banda della maglia a Roma, Knitting relay, Crowdknitting, Tempo intrecciato, Oderzo Knit

Ad Animmamersa dicono: “il nostro sogno è quello di riunire in un unico gesto persone diverse e distanti, ma unite da quell’entusiasmo che solo l’atto creativo riesce a dare”. E per unire persone distanti usano la rete. E qui ci fermiamo un attimo e parliamo, con Donatella, di come sono riuscite a cucire comunità virtuali con quelle reali, di come sono riuscite a unire i social al sociale.

«Siamo partite dai social network dai quali abbiamo imparato tanto per iniziare a fare crowdknitting e urban knitting (ad esempio a fare la colla con la farina per le istallazioni). Poi abbiamo lanciato il blog e il profilo facebook e quando sono arrivate le prime pezze il ritorno nel reale è stato incredibile», dice Donatella. «Sotto gli occhi ci si è realizzato un sogno: avevamo la sensazione di parlare con il nulla mentre eravamo in rete e ci siamo trovate davanti alla porta il postino con sacchi di pezze tutte le mattine.Tutto questo è stato emozionante perché le persone non mandavano solo le pezze, ma anche biglietti, cartoncini, disegni».

Ma le pezze non arrivavano solo da L’Aquila: a Roma quattro associazioni si sono unite e hanno organizzato knit cafè per cucire insieme le pezze. Altri knit cafè ci sono stati ad Amsterdam, Lisbona, Los Angeles (“ci hanno mandato 4 pezze delle quali siamo gelosissime”). Pezze dalle impiegate dell’Archivio di Stato, da una scuoa di Vaiano. Pezze da una signora di 92 anni dalla Svizzera fino a un bambino di 6 anni.

Dopo 4-5 giorni che ci avevano spedito le pezze, le persone andavano a cercarsi le foto delle pezze su facebook e forse la cosa che ci ha reso credibili era che le trovavano catalogate, che avevamo cura nel rispondere, nell’avere avere una relazione con una risposta immediata eravamo a loro disposizione”, dicono ad Animammersa.

Da qualche giorno è iniziata la raccolta delle nuove pezze per l’Emilia: associazioni, comitati cittadini di Mirandola e Finale Emilia si stanno unendo per iniziare i primi knit cafè. A Mirandola per esempio i volontari della Croce Blu (la pubblica assistenza senza più una sede dopo il sisma) hanno aderito coinvolgendo il centro anziani e l’amministrazione comunale.

«Quando succede un terremoto la disgregazione sociale è totale e con l’arte possiamo partecipare alla costruzione collettiva del bello», dice Donatella. Ora stiamo aspettando che arrivino le pezze a Mirandola, a Finale Emilia e a L’Aquila. E poi inizieremo a farle cucire insieme, le pezze. Le pezze che insieme coprono le cose brutte. Quelle che insieme fanno una coperta e proteggono. Le pezze quelle che sono fatte della stessa materia del filo che le lega e intreccia le comunità. Il filo che sutura le ferite. Il filo che unisce le storie dell’Aquila con quelle dell’Emilia. Il filo di sorriso sulla faccia di Donatella. Il filo dell’idea che vi passa in testa che adesso anche voi farete la vostra pezza se siete arrivati/e a legger fin qui. Il filo della voglia di fare le cose belle e ora che ne avete voglia metteteci una pezza!

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