Diritti umani
«Da Gaza alla Siria: perché l’umanitario è diventata la mia scelta di vita»
Gennaro Giudetti, 34 anni, ha iniziato a lavorare come operatore umanitario quando ne aveva 19. È stato in Albania, in Ucraina, nella Striscia di Gaza, in Libano, in Siria, in Afghanistan e in tanti altri Paesi ancora. Ora si trova ad Haiti. La sua vita, il suo lavoro, gli incontri di questi anni sono tutti raccontati nel libro “Con loro come loro - storie di donne e bambini in fuga”, scritto con Angela Iantosca. «Non voglio, tra qualche anno, essere costretto a dire “io sapevo degli orrori del mondo e non ho fatto niente”», racconta
di Anna Spena
Gennaro Giudetti ha 34 anni. Fa l’operatore umanitario da quando ne aveva 19. Se mettiamo assieme i giorni, che poi sono diventati mesi e i mesi anni, dalla prima missione fino ad oggi, Gennaro ha vissuto più tempo all’estero che in Italia. Più tempo in Africa o in Medio Oriente che a Taranto dove è nato.
Così alla prima domanda “in quanti Paesi hai lavorato, quante missioni hai fatto?” si deve fermare. «Aspetta, non mi ricordo il numero. Ora le conto». L’Albania, la Palestina, il Kenya, la Colombia, il Niger. E poi ancora la Repubblica Centrafricana, il Venezuela, l’Etiopia, le missioni sulle navi umanitarie nel Mediterraneo. Il Congo, il Libano dove ha vissuto nelle tende con i profughi, Gaza, la Siria, lo Yemen, l’Ucraina. Ora si trova ad Haiti. Queste missioni le ripete in un elenco confuso e in un ordine che non è cronologico, forse a metterli in fila, qualche Paese gli è sfuggito. «Che altro?», chiede e si chiede. «Afghanistan l’ho già detto?». No, l’Afghanistan ancora non l’aveva detto, è un’altra voce che si aggiunge all’elenco dell’umanità.
Ma la vita lavorativa di Gennaro Giudetti, che poi inevitabilmente si è incrociata con la vita personale e l’essere umano che è, la dobbiamo guardare come un mosaico. Non un elenco. Quindi l’Afghanistan è un tassello, così come il Venezuela, il Niger, il Congo, il Libano, la Palestina, Gaza, le missioni nel Mar Mediterraneo. E questo mosaico lo sta costruendo per una ragione precisa: dare una risposta. «Non voglio, tra qualche anno, essere costretto a dire “io sapevo degli orrori del mondo e non ho fatto niente”». Gennaro Giudetti parla veloce. E le parole sono circoscritte in una sorta di ansia e inquietudine buone. L’ansia della responsabilità di chi ha visto tanto e vuole essere sicuro di riportare tutto. L’inquietudine di chi non si capacita che davanti alle ingiustizie del mondo si faccia finta di niente, come se che quella cosa lì, quell’ingiustizia lì, non ci appartenesse.
È della scrittrice e giornalista Angela Iantosca il merito, per nulla scontato, di aver saputo usare magistralmente le parole per restituire alle altre persone quello che hanno significato per Gennaro questi anni. Perchè ha scelto questa strada, ma anche e soprattutto chi ha incontrato nelle sue missioni. Teste, braccia, corpi, volti, voci. È a leggere di queste storie, che la sua scelta di vita, all’apparenza incomprensibile, diventa carne viva. È tutto raccolto nel libro, neo vincitore del premio Nadia Toffa, “Con loro come loro – Storie di donne e bambini in fuga” (Ed. Paoline, 216 pagg., 15 euro).
Un libro nato da dialoghi, interviste, messaggi tra Giudetti e Iantosca, che nell’introduzione scrive: «Ho conosciuto Gennaro tramite amicizie comuni. Grazie a interessi comuni. Indignazione comune. Senso della giustizia comune e un condiviso modo di guardare agli altri come non altro da noi. Abbiamo stabilito che non volevamo il racconto romanzato di una delle sue incredibili esperienze, ma volevamo far arrivare a chi prenderà in mano questo libro quel dolore che accomuna troppe persone nel mondo, far capire il privilegio di cui godiamo in ogni istante, far sentire che è anche nostra responsabilità se i bambini, le donne e gli uomini muoiono, scappano, soffrono. E poi abbiamo deciso che il filo rosso di questo racconto fosse Gennaro, la sua vita personale, il suo passato, perché ognuno di noi ha qualcosa dentro, una dote, una capacità, una luce, anche se a volte gli ostacoli, le difficoltà ci impediscono di vederla. Ma quella luce è lì, ad aspettarci. Bisogna solo scoprire qual è e farla esplodere».
Quella di Gennaro è una vita dalla parte dei diritti umani. Proprio la sua che – come racconta nel libro – pur essendo scout disertava le mense dei poveri, non voleva fare volontariato e i bambini proprio non gli piacevano. Fino a quella prima missione in Albania a casa di Ettore e Cristina che vivevano con 14 bambini che venivano dalla strada. «Mi si è accesa una luce dentro. Sono tornato a Taranto e poi ancora in Albania. Perchè per la prima volta in un posto non mi ero sentito estraneo. Quei viaggi in Albania sono stati il mio spiraglio, la mia porta verso il domani. È così che ho fatto richiesta per entrare nei Caschi Bianchi come volontario. Sono ritornato sempre in Albania. Ci sono stato un anno, in una struttura che aiutava i senzatetto. È cominciato tutto così. Ho lasciato andare via la corazza del vecchio Gennaro e l’ho fatto insieme a quelle persone dalle quali non mi sentivo giudicato. I bambini. Gli ultimi. I poveri».
In questi anni sono centinaia le storie che ha incontrato ma tra tutte: «Quella di Merlin mi ha segnato come non mai». La racconta nel libro: «Merlin è una donna che ho recuperato dall’acqua dopo un naufragio. Alcuni corpi erano già rovesciati, qualcuno il mare l’aveva già inghiottito. Io sentivo la sua mano che scivolava dalla mia. Per me è cambiato tutto quel giorno sulla nave umanitaria Sea Watch perché le mie mani non sono riuscite ad arrivare ovunque. Per tirare fuori Merlin dall’acqua ho dovuto chiedere aiuto ad un fotografo che era salito con me sul gommone». Merlin era incinta, il bimbo che è nato l’ha chiamato Gennaro. «Sono 15 anni che giro il mondo e, per quanto faccia finta di niente e abbia adottato nel mio cervello un sistema di archiviazione di ciò che vedo che mi salva, so che è tutto lì, da qualche parte, che mi scava dentro».
Da quando Gennaro ha iniziato a lavorare come operatore umanitario tutto è cambiato. «Cambiato in peggio», dice. «Le linee rosse sono state superate, il diritto umanitario internazionale viene calpestato, gli equilibri geopolitici sono sempre più precari. La guerra in Ucraina ha fatto da spartiacque. La guerra a Gaza ha fatto saltare tutti gli schemi, anche il livello di decenza internazionale. Non ci scandalizziamo più per i morti, per il dolore, per i bambini amputati e orfani. Sono un po’ più disilluso, più stanco rispetto a quando ho iniziato. L’egemonia occidentale fa il bello e il cattivo tempo. L’Unione europea, che era un po’ la speranza, la garanzia sui diritti umani, quei diritti non li protegge più. A meno che non siano privilegi di noi occidentali, dei bianchi del mondo. L’umanità per Gennaro è una vocazione e oggi anche un lavoro «ci vuole un sacco di passione, ma anche tanta professionalità. Altrimenti non si va da nessuna parte. E le due parti sono complementari».
Parte del ricavato derivante dai diritti d’autore sarà devoluta a Operazione Colomba, Corpo Nonviolento di Pace dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII.
Credit foto Sea-Watch
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