La riforma del lavoro riguarda anche le persone con disabilità? Bella domanda. In tutte queste settimane di contrasti, di trattative, di proclami da parte delle organizzazioni sindacali, delle categorie economiche, dei partiti politici, nessuno di noi ha mai sentito spendere parole precise sulle potenzialità di un rinnovato mercato del lavoro per quanto riguarda la disabilità.
Sono andato a cercare nel testo approvato dal Governo. Ci sono poche frasi, al punto 8, pagina 23. Non riescono neppure a riempire una pagina, che resta bianca per oltre metà. E queste frasi suonano come auspici, indirizzi generali, anzi generici, tutti concentrati sull’aspetto numerico dell’obbligo di assunzione. Nulla sulla qualità del lavoro, sulla corretta collocazione, sulle possibilità di rilettura ? anche critica, se necessario ? della legge 68 del 1999. Cito una frase esemplare, l’ultima: “Il rispetto della previsione di un numero garantito di posti di lavoro per disabili, di cui all’art.3 della legge 68/99, richiede maggiori e più incisivi controlli da parte dell’Ispettorato del ministero del Lavoro, finalizzati a verificare la correttezza dei prospetti informativi delle quote di riserva cui sono tenute le aziende pubbliche e private”. Ma davvero? E chi li deve fare i controlli? Possibile che in un testo così complesso non si potesse trovare una formulazione meno generica e inefficace? La sensazione che mi rimane è ben altra. È che di questo tema si sia parlato poco e male, in contesti separati, chiedendo magari a qualche esperto di sintetizzare i punti critici ancora aperti per quel che riguarda l’occupazione di lavoratori con disabilità. Nessuna attenzione alle nuove forme di lavoro, all’inserimento di persone con disabilità intellettiva, alla formazione delle aziende, ad eventuali incentivi per invertire una situazione che è divenuta nuovamente drammatica, stagnante, del tutto inefficace. Ma siamo sicuri che il lavoro dei disabili interessi davvero a qualcuno?
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