Politica

Da eroi a coglioni

di Riccardo Bonacina

Lui si chiama Giovanni Valsecchi, baffi bianchi, cappello e giubbotto della Protezione civile, un uomo solido come appare dalla foto, probabilmente persona che non ha mai avuto paura di fatiche o sacrifici. Eppure molti tra voi, come è capitato a me, lo avrà visto piangere in diretta sul Tg1 il giorno del ritrovamento del corpo della povera Yara dopo 91 giorni. Valsecchi in questi tre mesi era diventato quasi noto, essendo il responabile della Protezione civile di Brembate, il capo dei volontari che per giorni e giorni, 91 senza saltare un giorno, hanno fatto di tutto per ritrovare il corpo della ragazzina scomparsa perlustrando il terreno metro per metro. Le immagini delle loro ricerche per settimane ci avevano restitituito l’idea di un’intera comunità mobilitata e stretta attorno alla famiglia Gambirasio con un grande impegno collettivo. 2.000 volontari che insieme avevano rinunciato ad almeno 5.000 giornate normali, a casa al riparo da pioggia o neve o freddo o in bocciofila a giocare a carte. Ebbene, il fatto è che il corpo di Yara è stato trovato non lontano dal loro campo base, dal campo della Protezione civile, e così i volontari sono finiti nel giro di poche ore sul banco degli imputati in ogni talk show televisivo zeppo di opinionisti, criminologi, giornalisti figure tipiche delle vere iene televisive. Loro hanno un bel dire che da lì ci sono passati più di una volta e che quel corpo non c’era, hanno un bel dire che semplicemente seguivano le indicazioni delle forze dell’ordine e degli inquirenti che dicevano loro cosa fare e dove andare. Oggi esprimono la loro amarezza e anche il fastidio per il fatto di dover andare a spiegare che hanno fatto in quei 91 giorni agli stessi inquirenti che dicevano loro cosa fare e dove andare. In paese, ora, qualche ragazzotto quando vede le loro divise li prende in giro e in queste ore devono anche ingoiare il sospetto che l’assassino sia tra loro. Perciò, piangono, perchè la tristezza è ancor più forte dell’incazzatura. Luigi Previtali, vice di Valsecchi, sintetizza così: “Non è giusto. Magari abbiamo anche sbagliato ma non ci meritiamo questo. Nel giro di un giorno siamo passati da eroi a coglioni”. Non osano dire, e, forse, non sanno dire che i coglioni stanno tutti dentro i salotti televisivi, iene paciute e garantite che che non osano mettere sotto accusa gli inquirenti che per almeno due mesi hanno brancolato nel buio senza sapere che pesci pigliare. No, le iene, come sempre, si avventano sui più deboli, i meno protetti, in modo irresponsabile.

Hai voglia di spiegare l’irresponsabilità e la separatezza del circo mediatico dalla realtà del Paese. Hai voglia di denunciare i meccanismi, professionali e strutturali di un giornalismo che non sa più raccontare che le proprie presunzioni e parlare ai 4 o 5 palazzi del potere. Ancora oggi sui giornali c’è chi si scandalizza, come ogni anno del 5 per mille, si scandalizza che degli italiani abbiano decisoo di destinare il 5 per mille delle loro tasse alla Lega abolizione della caccia, e altri alla Federazione della caccia. Si scandalizzano perchè altri premiano la Bocciofila di Castefranco Emilia o la Banda musicale di Roccavaldina, o ancora gli amici del caffè Gambrinus piuttosto che l’Asilo del cane di Palazzolo milanese. Si scandalizzano perchè non capiscono e, peggio, non provano a capire. Io trovo il panorama restituito dal 5 per mille semplicemente meraviglioso, 15 milioni e mezzo di italiani scelgono di sostenere tutto e il contrario di tutto. Evviva, è la società baby, verrebbe da dir loro. E per fortuna è plurale. Molto più plurale delle oligarchie che affondano il Paese.

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