Ucraina

Dal cuore di Kyiv la preghiera per la pace

Ieri due ore di preghiera dalla piazza Sofia di Kyiv promosse dal Mean. Preghiere interreligiose, ogni fede ha proposto la sua, cattolici, ortodossi, greco cattolici, evangelici, avventisti, islamici, ebrei. Parole e lingue diverse per rivolgersi allo stesso Dio e chiedere il dono della pace in Ucraina e nel mondo intero. Ecco come è andata

di Riccardo Bonacina

Due ore di preghiera dalla piazza Sofia di Kyiv, cuore storico e religioso della capitale ucraina. Preghiere interreligiose, ogni fede ha proposto la sua, cattolici, ortodossi, greco cattolici, evangelici, avventisti, islamici, ebrei. Parole e lingue diverse per rivolgersi allo stesso Dio e chiedere il dono della pace. La pace in Ucraina, nazione ferita e sofferente. Ad animare l’iniziativa ci sono i rappresentanti dei movimenti e delle associazioni che con il Progetto Mean, Movimento Europeo di Azione nonviolenta, sono arrivati a Kyiv per dire con la loro presenza che il popolo ucraino non è lasciato solo.

«La guerra – dice mons. Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico in Ucraina che ha fortemente sostenuto questa iniziativa – non è soltanto contro l’uomo, contro l’Ucraina. La guerra è contro Dio. Ci siamo riuniti in preghiera, perché questa è la nostra forza. Però anche l’uomo deve fare la sua parte per costruire la pace. Perciò chi è venuto oggi a Kyiv si assume la guerra sulle proprie spalle».

“Siamo qui insieme, amici delle varie fedi, per dire che la guerra non è solo contro l’Ucraina e contro l’uomo ma contro Dio. Ci siamo uniti qui in preghiera perché questa è la nostra forza che non viene da noi ma da Dio. Ma anche l’uomo deve lavorare per costruire la pace. Il senso principale della preghiera è essere uniti a Dio, con grande umanità e coraggio e con il senso morale che ci dice che la guerra non ha scuse”. Così l nunzio apostolico in Ucraina, l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas, ha riassunto il significato della preghiera interconfessionale intitolata “Un Magnificat per l’Ucraina” con l’adesione di un centinaio di persone, il massimo consentito dalla legge marziale.

Sul palco allestito nella piazza si sono alternati una decina di rappresentanti delle confessioni religiose presenti in Ucraina, dai greco-cattolici ai musulmani, dagli armeni agli evangelici ai musulmani della Crimea. Pace, giustizia, verità e fraternità le parole che hanno accomunato gli interventi. Con la piazza erano collegate 25 città italiane ma anche Belgio e Polonia. In collegamento anche l’abbazia di Montecassino con il saluto dell’abate Dom Luca Fallica e il Santuario della Madonna dei Lumi a San Severino Marche con il Cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo emerito di Ancona-Osimo. Con loro collegate con Kyiv 24 città italiane (leggi qui).

Preghiere e interventi sono stati alternati dalle magnifiche voci dell’Ensemble femminile della Cattedrale di Kiev. Hanno preso la parola anche rappresentanti di gruppi a Kiev con la missione del Mean, dall’Azione Cattolica italiana al Movimento adulti scout, dai Focolari di Bruxelles alla Fondazione Gariwo all’Anci. È stata letta una poesia di una poetessa, Oksana Stomina, scappata da Mariupol durante l’assedio dell’esercito russo: non ha più notizie del marito da oltre due anni. Angelo Moretti, portavoce del Mean, ha ringraziato il nunzio per il suo ruolo nell’organizzare la preghiera interconfessionale in un contesto rischioso. Una grande catena umana ha unito mano nella mano le decine di partecipanti, lungo il perimetro della piazza: un flash mob per chiedere la fine della guerra.

Dopo le due ore di preghiera è ancora il Nunzio Kubolkas a sottolineare che «Incontrarci e stare insieme per un paio di giorni dà a noi la percezione di non essere soli, di percepire che c’è altro oltre all’indifferenza a volte percepita, e a voi la possibilità di toccare con mano cosa sia la guerra e cosa siano le nostre sofferenze.
E poi serve anche a confrontarci sulle parole. Una parola che voi in Italia, o in Francia o in Germania usate molto è “escalation”, noi non la capiamo perché ci diciamo che per noi l’escalation è già al top, più escalation delle bombe sugli ospedali dei bambini, più delle torture ai prigionieri, più dei rapimenti dei minori, degli stupri sulle donne, più più più, cosa ci può essere?»

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