Economia

Da beni confiscati a beni comuni. Una questione aperta

di Carlo Borgomeo

Renato Cantone sul Corriere della Sera  afferma che non basta più soffermarsi soltanto sulla destinazione simbolica dei beni confiscati, ma bisogna andare oltre, “bisogna garantire provvidenze temporanee a favore di imprese avviate su beni confiscati alla mafia o per imprese tolte alle mafie; il fallimento di queste è una sconfitta pericolosissima anche sul piano dell’immagine e della credibilità delle istituzioni, perché dà l’impressione che dove la mafia porta lavoro, lo Stato lo toglie”.

E’ importante tornare sul tema ed è importante avviare un dibattito su come far evolvere il quadro organizzativo e , se serve, anche normativo che sostiene il processo di destinazione e di gestione dei beni confiscati.

Abbiamo qualche esperienza diretta: avendo come Fondazione deciso di inserire i Beni confiscati tra “i beni comuni” abbiamo già finanziato progetti per la gestione autosostenibile dei beni confiscati.

Perché bisogna  approfondire la questione? perché il numero ormai enorme di beni confiscati ed anche le loro caratteristiche ( grandi aziende, supermercati, alberghi, appartamenti in città) presumono un risposta più articolata, una struttura di gestione più flessibile, un approccio molto più attento ai profili economico-finanziari.

Questo non significa tradire lo spirito originario della Rognoni- La Torre e il milione di firme raccolte da Libera. Significa, anzi, raccogliere in pieno la sfida e dimostrare che la legalità è sviluppo.

@conilsud

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.