Cultura

Da Atene una lezione per il Colosseo

Uno stadio del IV secolo avanti Cristo in festa per l’arrivo dei maratoneti. È accaduto domenica in Grecia. Uno spettacolo che fa capire come si possa rendere vivo e partecipato un monumento del passato

di Redazione

Domenica 9 novembre si è svolta la Maratona di Atene, l’«autentica» come tengono a precisare gli organizzatori avendo tale competizione atletica lontane radici elleniche.

Il suo nome ricorda infatti la leggendaria marcia delle truppe di Milziade –  narrata da Erodoto – dall’omonima città dell’Attica verso Atene. Fonti più tarde dello storico di Alicarnasso tramandano invece l’impresa di Fidippide (o Filippide), l’emerodromo che corse 42,195 chilometri da Maratona fino all’Acropoli di Atene per annunciare ai suoi concittadini la vittoria sui Persiani nella famosa battaglia del 490 a.C.

L’idea di rievocare le gesta di quel «portatore di messaggi» morto al grido di Nenikèkamen, «Abbiamo vinto», fu lanciata da Michel Bréal – filologo e studioso della Grecia antica – e piacque a Pierre de Coubertin, che celebrò la Maratona durante i primi Giochi olimpici dell’era moderna (1896). Il tracciato della gara – che andava dal ponte di Maratona allo Stadio Panathinaiko di Atene – copriva allora 40 chilometri (i 2,195 chilometri «ufficiali» vennero stabiliti solo nel 1921).

A vincere fu il greco Spyridon Louis che percorse la distanza in 2 ore 58 minuti e 50 secondi, concedendosi persino un bicchiere di vino lungo la strada. A tagliare, trionfante, il traguardo della 32esima Maratona d’Atene è stato invece il keniano Felix Kandie che ha impiegato 2 ore 10 minuti e 37 secondi, superando il record effettuato dall’italiano Stefano Baldini nelle Olimpiadi del 2004.

L’arrivo dei maratoneti – professionisti e non – è stato accolto da migliaia di persone nella festosa cornice dello stadio Panathinaiko, trasformato per l’evento dallo stadio «di tutti gli ateniesi» nello stadio del mondo intero.
 

Lo stadio Panathinaiko

Nel giorno in cui si commemoravano i venticinque anni dalla caduta del muro di Berlino, si sono viste sventolare assieme bandiere di paesi «divisi» e di paesi in guerra e sfilare volti di paesi poveri e ricchi. Moltissimi dei partecipanti giunti alla meta non hanno rinunciato a esibire un rametto d’olivo, l’«arma» con la quale –  secondo il mito – la dea Atena sconfisse Poseidone nella sfida per il possesso della città di cui divenne protettrice. Un gesto simbolico, che arricchisce di significato una gara già di per sé epica. A conferire fascino alla corsa è proprio la volata finale nello stadio, le cui origini risalgono al IV secolo a.C., ovvero al tempo in cui la sua realizzazione venne promossa dall’oratore Licurgo tra le opere pubbliche finanziabili dallo Stato.

L’edificio che ammiriamo oggi è invece una copia dello stadio di Erode Attico, il quale nel II secolo d.C. ne modificò la forma adattandola ai canoni dell’architettura «provinciale» dell’Impero romano. Per il poderoso «restauro» – basato sui ritrovamenti archeologici effettuati in situ nel 1836 e poi nel 1869 – furono utilizzate tonnellate di marmo pentelico, il cui splendore ha determinato la fama del monumento come Kallimarmaron, «dei bei marmi». Gli interventi di ricostruzione – sovvenzionati nel 1870 da Evangelis Zappas e nel 1895 da Georgios Averoff – potrebbero esser definiti, con un’espressione molto alla moda in questo periodo, disneyani. Tuttavia, malgrado la «fabbrica del marmo» non cessi di esprimersi in restituzioni «avanguardiste» co-finanziate dall’Unione Europea sull’Acropoli di Atene e in altri siti della Grecia, il «nuovo» stadio Panathinaiko è il prodotto dell’ideologia dell’epoca, che nei sogni dei due mecenati doveva far rinascere la gloria degli agones classici. Non auspichiamo affatto che tali operazioni si ripetano nella capitale d’Italia, allo scopo di assecondare i vagheggiamenti di coloro che – nell’arena del Colosseo – vorrebbero ripristinare giochi gladiatori o organizzare una partita di calcio. Ma sarebbe senza dubbio un bello spettacolo vedere un giorno le migliaia di atleti che hanno affollato Atene per la Maratona, arrivare dalle parti della Meta Sudans brandendo come una fiaccola quel rametto d’olivo di antica memoria, il quale testimonia che – in fondo – passato e presente possono convivere in pace.


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