Ha esattamente 10 anni il decreto ministeriale che sanciva il principio “chi inquina paga” per il mondo dei rifiuti elettronici, i RAEE, ed è tempo di bilanci. Il sistema che ne nacque, basato su una rete di sistemi collettivi ha contribuito in modo significativo al recupero di importanti quantitativi di materie prime seconde e alla tutela dell’ambiente, grazie alla raccolta in questi anni di superare i due milioni di tonnellate di RAEE ovvero frigoriferi, lampadine, smartphone, asciugacapelli ma anche climatizzatori, dispositivi medici e distributori automatici.
Ne avevo parlato in uno dei primi post di questo blog , suggerendo cosa fare con i vecchi smartphone.
Le 1.400 aziende italiane riunite nel Consorzio Remedia hanno raccolto oltre 67.000 tonnellate di RAEE nel 2016, pari a una flotta di 120 aerei di linea. La percentuale di materiali riciclati nel 2015 ha raggiunto il 92%.
Il Consorzio Ecolight con le sue 1.700 imprese si è concentrata soprattutto sui piccoli elettrodomestici, sull’elettronica di consumo e sulle sorgenti luminose e ben 150mila tonnellate di rifiuti raccolti dal Consorzio, sulle 200.000 raccolte in 10 anni di attività, sono frullatori, ferri da stiro, cellulari, smartphone, lampadine, nonché trapani, caricabatterie e telecomandi.
Gli sforzi fatti e le normative che hanno introdotto il principio dell’Uno contro Uno coinvolgendo così anche la distribuzione nella raccolta di questi rifiuti hanno dato un contributo nel migliorare i tassi di raccolta. L’uno contro zero, introdotto nel 2016, è andato oltre, permettendo ai cittadini di consegnare i soli RAEE pdi iccole dimensioni nei negozio senza alcun obbligo di acquisto.
Resta il fatto che ogni anno in Italia si producono almeno 1,5 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, sia domestici che industriali.
L'obiettivo europeo del 45% di raccolta, calcolato sulla media di quanto immesso sul mercato nei tre anni precedenti, è ancora lontano, ma la strada è segnata.
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