Famiglia

Custode sociale fa buona guardia

Il custode socio-sanitario è diventato la figura centrale delle nuove politiche di welfare: a Genova e Milano ha contribuito a far diminuire i ricoveri in ospedale

di Carmen Morrone

Nato come sperimentazione nel 2003, in questi tre anni il custode socio-sanitario è diventato la figura centrale delle nuove politiche di welfare. Si tratta di un servizio a metà fra il portierato e l?assistenza sociale svolto da persone presenti almeno otto ore al giorno, per sei giorni la settimana, nelle portinerie di case e centri residenziali abitati in prevalenza da anziani. L?iniziativa va nella direzione di un sistema di assistenza domiciliare della persona anziana che vuole evitare ricoveri in ospedali e in case di riposo quando non ci siano emergenze sanitarie. Quell?estate 2003 I custodi socio-sanitari hanno iniziato la loro attività nell?estate 2003. Da giugno ad agosto in Italia, per il caldo, morirono migliaia di over 75 in condizioni fisiche precarie: soprattutto anziani poveri e soli. L?allora ministro della Salute, Gerolamo Sirchia avviò la sperimentazione del custode sociale nelle città di Torino, Roma, Genova e Milano per il periodo 2004-2006. Un primo bilancio di questo servizio è stato fatto in occasione del convegno organizzato a Milano dalla Fondazione don Gnocchi. Nel capoluogo lombardo infatti la fondazione è stata capofila dell?attivazione del servizio. In collaborazione con Asl Città di Milano, Aler e Ufficio nazionale servizio civile, l?Istituto Palazzolo – Fondazione don Gnocchi nel novembre 2003 ha aperto la prima postazione pilota nella zona 8 di Milano: una prima e immediata risposta ai dati degli uffici di stato civile che tra giugno e agosto 2003 registravano 2.105 decessi tra gli ultra 75enni: 400 in più dell?estate precedente. Oggi il progetto della Don Gnocchi conta 13 custodi che danno assistenza in 47 sportelli con un bacino d?utenza di 22mila persone. Achille Lex è il coordinatore del progetto Evoluzione del custode socio-sanitario- Area metropolitana Milano: «Durante tutto l?anno i custodi si trovano nelle portinerie o in uffici appositamente dedicati in quartieri abitati in prevalenza da anziani», spiega. «Il loro compito è quello di fornire un servizio di prossimità attraverso la realizzazione di attività e l?erogazione di prestazioni di sostegno e di supporto alle funzioni della vita quotidiana avvalendosi dei servizi attivi sul territorio. Da quelli di assistenza domiciliare attivati di concerto con l?Asl alle attività di volontariato compiute dalle associazioni della zona». Tra il 2004 e il 2006 gli interventi sono stati più di 160mila e la fondazione intende mantenere il servizio, come ha sottolineato il presidente monsignor Angelo Bazzari: «L?assistenza agli anziani non autosufficienti è una caratteristica qualificante della fondazione tanto da essere divenuta un modello di riferimento per l?evoluzione dell?approccio assistenziale in una concezione di rete e che potenzi alternative al ricovero». Il caso Genova A Genova, altra città test della sperimentazione, sono stati condotti i primi confronti e i risultati dicono che la presenza del custode sociale funziona. Ernesto Palummeri è il direttore interaziendale di Gerontologia e geriatria degli ospedali Galliera di Genova, e dal 2003 segue il progetto. «Nel corso del 2005 rispetto alla media degli altri anni non sono aumentati i decessi degli over 75 ed è stato stabile il numero dei ricoveri. Nel progetto sono stati coinvolti 540 anziani e, attualmente, una decina di custodi sociali: nel 30% dei casi hanno promosso assistenza domiciliare, nel 26% hanno attivato il servizio di guardia medica, mentre solo nel 16% degli interventi è stato necessario il ricovero in ospedale». Partendo da questi risultati incoraggianti i responsabili dei progetti di Genova e di Milano si sono posti l?obiettivo di definire un modello organizzativo e formativo per poter esportare il custode anche in altre città del territorio. Vedi anche: La nuova professione: tra portiere e assistente sociale


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