Welfare

Cure palliative: urgente potenziare quelle domiciliari

Stefania Bastianello, presidente della Federazione Cure Palliative, commenta i dati della recentissima Relazione al Parlamento sull'attuazione della legge 38/2010

di Sara De Carli

Il Ministero della Salute ha presentato a fine gennaio la Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della Legge 38/2010, sulle cure palliative e la terapia del dolore, che presenta una fotografia del triennio 2015-2017. Stefania Bastianello è la presidente della Federazione Cure Palliative, che conta più di ottanta soci in tutta Italia e circa 6mila volontari. Ecco le sue osservazioni, dopo la lettura della Relazione.

Presidente, che sottolineature possiamo fare?
La prima riguarda il luogo di decesso. È vero, meno persone muoiono in ospedale e aumentano quelle che muoiono in hospice, ma questo trend rapido si verifica solo sui dati relativi ai malati oncologici. Il buco più grande che abbiamo in Italia, per le cure palliative, è la presa in carico del paziente non oncologico. Infatti per tutte le altre patologie non sono stati rilevati cambiamenti significativi nel luogo di decesso.

Rispetto al numero di hospice e posti letto?
Abbiamo un numero superiore sia di hospice sia di posti letto rispetto al 2014, però rimangono ancora troppe differenze regionali. Anche qui mi sento di fare la stessa nota: lo standard è stato individuato sui malati di tumore, ma oggi c’è ormai l’urgenza di rivedere quello standard. Rispetto alla durata della degenza media, è ancora inferiore rispetto a quanto sarebbe auspicabile e la riflessione da fare è che l’hospice nel modello italiano non viene ancora visto come setting di sollievo, ma come setting di fine vita. Invece nei modelli più evoluti di modulazione delle cure può essere anche uno spazio di sollievo, con dimissione verso il domicilio o verso altri setting.

Il report mette in evidenza un rilevante balzo in avanti delle cure palliative domiciliari: +32%…
Sì, ma in realtà le cure al domicilio sono quelle che hanno bisogno di un potenziamento maggiore. Il dato è ancora bassissimo rispetto al bisogno potenziale e molto probabilmente è anche incompleto. Non mi convince nemmeno il fatto che fra i pazienti che ricevono cure palliative al domicilio 80 abbiano patologie oncologiche e 20 non oncologiche, la proporzione andrebbe quasi ribaltata. Sicuramente il tema è il nostro Paese ha bisogno di un investimento importante sulle cure palliative domiciliari. Trasversalmente poi, su hospice e sul domicilio, c’è il tema delle cure palliative pediatriche, siche sono ancora moto embrionali, poco diffuse. Quella è un’altra area che ha necessità di grande sviluppo.

Cosa sarebbe utile trovare nella Relazione?
Un altro tema trasversale, che accomuna tutti i setting, è l’affrontare la complessità. Non è una dimensione rilavata dal Rapporto, ma stiamo facendo un grande lavoro per definire i livelli di complessità in cure palliative. La complessità dei pazienti è molto diversa, avremmo bisogno di avere dati più ricchi, tracciare flussi più stratificati, non solo paziente oncologico o non oncologico. E poi ci sarebbe davvero bisogno – esula dal rapporto ma ne è la base – per le cure domiciliari di una vera mappatura dei modelli organizzativi e di quelli assistenziali, chi entra nella rete, quanto tempo attente, quanto ci sta, con quali bisogni…

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