Qualità e dignità alla vita del malato
Cure palliative: mancano metà dei medici e due terzi degli infermieri
I palliativisti italiani si mobilitano presentando un documento tecnico frutto del lavoro di un anno in cui quantificano il personale medico e infermieristico che è attualmente mancante e necessario per attuare gli obiettivi che sono definiti in modo chiaro e inequivoco dalla normativa italiana
Le cure palliative sono un diritto sulla carta. Sono nei livelli elementari di assistenza Lea dal 2017 e le evidenze scientifiche mostrano che allungano e migliorano la vita e aiutano a non morire male. Eppure, nel nostro paese, per rispondere ai bisogni di cure palliative mancano all’appello oltre la metà dei medici e i due terzi degli infermieri. La fotografia della situazione e la stima del bisogno di personale competente e qualificato in cure palliative viene da un documento tecnico frutto di un notevole impegno durato un anno di un gruppo di lavoro della Società Italiana di Cure Palliative Sicp, pubblicato qui sulla Rivista italiana di cure palliative. Le raccomandazioni per gli standard di personale per le équipee specialistiche avanzate dai palliativisti si basano sulla quantificazione del personale medico e infermieristico attualmente mancante e necessario per attuare gli obiettivi che sono definiti in modo chiaro e inequivoco dalla normativa italiana.
Agire ora
L’urgenza è quella di agire ora: «Viviamo un momento che può essere definito a ragione come un’occasione unica per il sistema sanitario nazionale. La legge 106 del 2021 chiede alle Regioni di completare l’articolazione delle Reti di cure palliative entro il 2025, il decreto ministeriale 77/22 definisce il ruolo di tali Reti nel panorama ampio di una sanità territoriale profondamente rinnovata, la Legge 197/2022 fissa l’obiettivo della presa in carico del 90% del bisogno di cure palliative da raggiungere entro il 2028. Tutto questo si colloca nel perimetro ampio del PNRR con l’impegno del miglior uso delle risorse rese disponibili» spiega Gino Gobber, presidente della Sicp e direttore del servizio cure palliative dell’Apss di Trento. Quello della rete di cure palliative è un modello organizzativo paradigmatico, che prevede un’alleanza tra medicina generale, l’assistenza domiciliare integrata a livello base e il sapere specialistico di chi guida la rete, in linea con la sanità territoriale in via di costruzione nel paese.
Le figure che mancano
Ecco le cifre: per l’assistenza domiciliare mancano circa 750 medici dei 1.600 che sarebbero necessari e più di 3.000 dei circa 4.500 infermieri, con una carenza di unità pari al 66%. Negli hospice le cose vanno lievemente meglio: oggi negli hospice lavorano circa 500 medici palliativisti e oltre 2100 infermieri per 3199 posti, insufficiente rispetto agli obiettivi fissati dal decreto del ministero della salute 77/22, secondo i quali mancherebbero oltre 100 medici palliativisti e oltre 600 infermieri, pur in presenza di una grande variabilità di dati nelle diverse Regioni. C’è, infatti, ampia disomogeneità dei modelli organizzativi di erogazione delle cure palliative fra le diverse Regioni e talvolta anche all’interno delle stesse.
False credenze dure a morire
Alcune false credenze esistono ancora: che le cure palliative interessino i pazienti oncologici, riguardino il fine vita e si limitino alla terapia del dolore. Invece, come raccomanda l’Oms e come stabilito da tutte le normative italiane, deve avervi accesso chi ha una malattia cronica degenerativa ad evoluzione infausta; possono affiancarsi alle cure attive fin dalle fasi precoci della malattia e si occupano della «prevenzione e sollievo della sofferenza per mezzo di una identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e delle altre problematiche di natura fisica, psicofisica e spirituale» ad esempio prevenendo o attenuando gli effetti del declino funzionale.
Un bisogno in crescita
Con l’aumento delle patologie croniche e l’invecchiamento della popolazione, una quota crescente della popolazione avrà bisogno di cure di fine vita, raggiungendo quasi 10 milioni di persone entro il 2050 nel mondo. Analogo trend di crescita c’è in Italia, dove oggi ad averne bisogno è circa l’80% delle persone che muoiono, quindi circa mezzo milione di persone, di cui oltre un terzo sono casi complessi che richiedono l’intervento di équipe specialistiche. Ci si aspetta un aumento del bisogno di cure palliative in tutti i setting di cura, casa, hospice, ospedale, strutture residenziali, e per tipologie di pazienti sempre più numerose, non solo in fase terminale e non solo oncologici.
Alla ricerca dei dati
La ricerca effettuata da Sicp per la prima volta fornisce una precisa fotografia e quantifica il personale all’opera nei diversi setting ospedaliero, residenziale e domiciliare. Come spesso accade nel nostro paese, infatti, a mancare sono i dati, che sono però la cosa fondamentale senza la quale è impossibile bene pianificare, giustificare, finanziare e fare.
C’è una rilevazione quali-quantitativa, frutto di autodichiarazioni dei partecipanti, condotta da Sicp con l’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari Altems dell’Università Cattolica di Roma sul personale impegnato a vario titolo nelle Reti di cure palliative dell’adulto e pediatriche, che ha avuto quasi tremila adesioni. Da qui emerge che più di 600 medici palliativisti in attività, il 42% del totale, sia over 56, con una previsione di pensionamento nei prossimi 10 anni.
C’è poi la ricognizione di Agenas, condotta alla fine del 2021 sul lavoro fatto dalle Regioni, intitolata Istruttoria sullo stato di attuazione della legge 38/2010 in materia di rete delle cure palliative; il monitoraggio è stato realizzato da un gruppo di lavoro composto da Agenas e Ministero della Salute interpellando le aziende territoriali italiane. I dati sono incompleti e mancano delle Regioni.
La normativa italiana
A undici anni dalla legge 38, con la legge 106/2021 sono stati introdotti dei vincoli stringenti per le Regioni relativi all’attuazione delle Reti di Cure Palliative; la legge stabilisce che il Ministero della Salute e Agenas devono elaborare un programma triennale per garantire, entro il 31 dicembre 2025, una diffusione dei servizi di cure palliative omogenea in tutto il territorio nazionale attraverso la definizione di obiettivi regionali da raggiungere entro tale scadenza temporale. Il DM 77/22 sugli standard dell’assistenza sanitaria territoriale definisce il ruolo delle Reti di cure palliative e stabilisce 1 Unità di Cure Palliative Domiciliari (UCP – DOM) e 8-10 letti in hospice per 100mila abitanti. Questo obiettivo di assistenza è in capo alle Regioni. La Legge 197/2022 fissa l’obiettivo del soddisfacimento del 90% dei bisogni entro il 2028.
Finanziare le cure palliative
Finanziare le cure palliative e risolvere le situazioni più lacunose, prendendo come modello quelle aziende dove molto è stato fatto, è un dovere anche per un’altra ragione. Passare il proprio ultimo periodo di vita in ospedale, ricevendo un trattamento clinico, magari aggressivo, che non migliora la qualità di vita del paziente e non dà il conforto della presa in carico olistica tipica della palliazione, è anche una questione di costi. Le cure palliative danno sollievo alla sofferenza e anche alle casse dello stato.
Dove trovare gli specialisti che mancano?
Le lacune attuali nella loro erogazione sono dovute anche alla mancanza di professionisti competenti, oltre che abilitati, per poter espletare la funzione di medico palliativista. In molti Paesi le cure palliative sono una disciplina specialistica da tempo e ora anche in Italia a partire dall’anno accademico 2021-2022 sono attive le scuole di specializzazione in medicina e Cure Palliative. Sono attualmente otto gli specializzandi all’Università degli Studi di Milano, dove c’è la prima cattedra universitaria di Cure palliative, per la formazione degli specialisti che richiede degli anni. Nel frattempo, c’è la formazione: andrebbero attivati percorsi ad hoc pre-lauream e il reclutamento dalle altre specialità previste dalla legge 38/10. Conclude Gobber, ricordando che il documento e la società scientifica sono a disposizione: «Lo standard proposto è coerente con la normativa e con gli obiettivi, è sostenibile ed è la logica proposta alla richiesta di rinnovare la sanità territoriale che ha già un modello di buon funzionamento, le Reti di cure palliative. I fondi del PNRR non sono a fondo perduto, andranno restituiti. Se non faremo i servizi alla prossima generazione resteranno solo i debiti. Il rischio è di sprecare l’occasione della vita. Ognuno deve fare la sua parte. Sicp e Federazione cure palliative Fcp ci sono».
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Photo di Annie Spratt su Unsplash
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