Salute

Cure palliative: la legge è buona, ma c’è un baco

Porte chiuse ai medici senza specializzazione

di Redazione

Il 9 marzo scorso la legge sulle cure palliative e la terapia del dolore è stata approvata definitivamente, dopo un breve passaggio in seconda lettura alla Camera. Come è stato ampiamente sottolineato, il nuovo testo di legge è di portata storica: esso stabilisce una volta per tutte una definizione chiara della rete delle cure palliative – distinta da quella della terapia del dolore – sia per gli adulti sia, parallelamente, per i bambini; sancisce le cure palliative come livelli essenziali di assistenza; semplifica la prescrizione dei farmaci antidolore; istituisce un monitoraggio ministeriale dell’attuazione della rete. «Una conquista di civiltà», è il commento unanime di Società italiana di cure palliative e della Federazione cure palliative.

In attesa del master
Il solo passaggio che resta sospeso, nella legge, riguarda i percorsi di carriera dei medici palliativisti (per i terapisti del dolore il problema non sussiste, perché la specializzazione è già delineata nell’ambito dell’anestesiologia). In questo settore non esiste ancora un percorso di specializzazione (secondo l’articolo 8 dellea nuova legge, questo dovrà essere individuato con uno o più decreti dal Miur, di concerto con il ministero della Salute, entro sei mesi, delineando sia i percorsi formativi che uno specifico master) e, soprattutto, si è resa necessaria una sorta di “sanatoria”. Questa ha riguardato le numerose figure di medici (anestesisti, geriatri, oncologi, pediatri, radiologi, neurologi, specializzati in medicina generale) che in questi anni si sono presi cura dei loro pazienti come palliativisti.«La soluzione è stata individuata nell’articolo 5», sottolinea il professor Guido Fanelli, ordinario di Anestesia e rianimazione all’università di Parma e coordinatore della commissione ministeriale sulla Terapia del dolore e cure palliative, l’esperto che ha messo la firma sulla nuova legge. «Per salvaguardare queste professionalità, è stato indicato un tempo minimo di tre anni per far valere l’esperienza nel campo delle cure palliative, esperienza che sarà riconosciuta con un accordo tra ministero della Salute e Conferenza Stato-Regioni».

Questione di tempo
Sul “tempo minimo” di esperienza dei medici nel settore si era aperto un ampio dibattito parlamentare, tra quanti volevano una sanatoria quasi tout court (ipotizzando un periodo minimo di 18 mesi) e quanti invocavano per lo meno il quinquennio necessario per una qualsiasi scuola di specializzazione.Sulla soluzione trovata, la Società italiana di cure palliative sospende il giudizio e rileva una difficoltà oggettiva: «Ad oggi, un medico privo di specializzazione che ha maturato una solida esperienza sul campo», sottolinea il presidente Sicp, Giovanni Zaninetta, «può entrare nella rete delle cure palliative, ma non può sostenere il concorso pubblico per la dirigenza medica e dunque non può ancora entrare di ruolo. C’è ancora un passo da fare, dunque, nella decretazione collegata, per chiarire definitivamente questo nodo e valorizzare le preziose professionalità che sono maturate in questi anni».


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