Salute

CURE PALLIATIVE. E’ morto il pioniere Vittorio Ventafridda

Aveva fondato la Società italiana di cure palliative

di Benedetta Verrini

E’ scomparso ieri Vittorio Ventafridda, pioniere delle cure palliative in Italia. E’ stato fondatore della Società italiana di Cure Palliative e, in collaborazione con la Fondazione Floriani, di cui è stato direttore scientifico dal 1978, ha portato in Italia la cultura di una medicina dal volto umano in grado di accompagnare la persona attraverso le ultime fasi della malattia.
Friulano, classe 1927, brillante anestesiologo, ha ricoperto incarichi-chiave per il progresso della scienza nella terapia del dolore nei maggiori centri italiani e internazionali. E’ stato presidente onorario della Società Europea di Cure Palliative, direttore del Progetto Ospedale Senza Dolore nel 2001, e direttore del Progetto di Legge di revisione sugli oppioidi nel 2003.
Lascia un’eredità culturale, umana, scientifica di portata incalcolabile per il nostro paese. In un’intervista di alcuni anni fa, riassunse perfettamente il senso della medicina palliativa e il perché del no all’eutanasia:
«Le cure palliative guardano alla qualità della vita residua, non alla sua soppressione. Noi come medici abbiamo il dovere di capire le cause di questa richiesta e di cercare di risolverle. Il malato che chiede di essere aiutato a porre fine alla propria esistenza, nella maggior parte dei casi, è in preda al dolore, non ha supporto psicologico e spirituale, si sente di peso. Vive un’ esperienza umana disperata e insostenibile. Il lavoro di questi anni come medici palliativisti ci ha insegnato che quando si elimina la sofferenza fisica utilizzando in modo appropriato la morfina, si garantisce un’ assistenza infermieristica adeguata, si riempe il vuoto di comunicazione che si crea intorno a questi malati (la morte oggi è un tabù), la richiesta eutanasica scompare o si attenua. Per arrivare a questo risultato non basta il medico: non a caso operiamo come unità di cure palliative, équipe dove sono presenti infermieri, assistenti sociali, psicologi. Detto questo, sarebbe ipocrita nascondere che, pur garantendo al malato la miglior assistenza possibile, esistono forme di sofferenza, soprattutto psicologica e morale, che il medico non è in grado di vincere e che espongono il malato alla tentazione dell’ eutanasia. Tentazione che, però, non può essere accolta dal medico: le cure palliative come sono contrarie al ritardare la morte con inutili accanimenti terapetici, così si oppongono agli interventi per accellerarla».


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