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Curcio: Terzo settore, famiglie, rimborsi, così cambierà il sistema di accoglienza
Dialogo a tutto campo col capo del Dipartimento di Protezione Civile: "Il modello integrato col Terzo settore e le famiglie andrà oltre l'emergenza Ucraina". Quante persone può ospitare il sistema Italia? "Ancora non lo sappiamo, il nostro piano per ora è tarato su 83mila persone, ma se saranno di più ci faremo trovare pronti"
di Redazione
Sono 71.940 le persone giunte finora in Italia: 37.082 donne, 6.661 uomini e 28.197 minori. L'incremento rispetto al giorno prima è di 1.156 ingressi nel territorio nazionale, le destinazioni principali sono , le destinazioni principali sono Milano, Roma, Napoli e Bologna. Così recita l'ultimo bollettino sui profughi ucraini del Viminale emesso ieri . A guidare la macchina dell’accoglienza c’è l’ingegner Fabrizio Curcio, capo delle Protezione civile. Il decreto 21 del 21 marzo scorso ha dato il via libera alle convenzioni dirette al Terzo settore per la cosiddetta accoglienza diffusa per 15mila persone. Un meccanismo che “penso proprio segni un punto di non ritorno oltre la vicenda ucraina: d’ora in avanti in emergenze di questo genere il ruolo del Terzo settore sarà diverso rispetto a quello che è stato fino a ora”. Curcio risponde al telefono dalla sede di Roma del Dipartimento di Protezione Civile.
Dove si trovano in questo momento gli ucraini arrivati in Italia?
In larghissima parte hanno trovato una sistemazione nella rete familiare e parentale. Sostanzialmente si sono affidati a molti dei circa 250mila cittadini ucraini che erano già presenti sul territorio nazionale. La nostra comunità ucraina è la più numerosa nel contesto europeo. La gran parte dei profughiha quindi trovato una soluzione autonoma rispetto a quelli che sono i meccanismi strutturati di accoglienza nel nostro Paese.
Quando dice “una larghissima parte” in termini percentuali a cosa dobbiamo pensare?
Oltre il 90% ha trovato una sistemazione in via autonoma. Il che però non significa che questa sistemazione possa anche essere duratura. Perché appoggiarsi a una rete parentale non è detto sia una soluzione definitiva, le cose possono cambiare se la prospettiva temporale diventa più lunga. Anche perché moltissimi di loro pensano di poter rientrare presto: questa è un’immigrazione un po’ atipica rispetto a quelle che abbiamo vissuto negli anni passati, non solo perché queste persone – al netto dell’aspetto “burocratico” della non appartenenza di Kiev alla comunità europea – sono europei geograficamente. Ma soprattutto perché hanno progetti di vita ancorati alle propria terra di provenienza. Questo naturalmente incide sui processi ordinari di integrazione, di stabilizzazione all’interno del nostro Paese. Ma, ripeto, non è detto che la situazione rimanga questa anche nel medio periodo.
Voi nel frattempo state mettendo in piedi una macchina che prevede 60mila persone in accoglienza diretta e parentale, 15mila a carico del Terzo settore e delle reti di accoglienza familiare, più altri 8mila posti fra Cas e Sai. In tutto 83mila persone, siamo già quasi al limite: è una capienza sufficiente? Lei stesso ha parlato dell’accoglienza come sfida epocale per affrontare la quale per la prima volta avete aperto all’affidamento diretto al Terzo settore…
Questa è una condizione nuova anche per noi. Occorre quindi trovare soluzioni innovative. Siamo partiti dal rafforzamento della rete ordinaria. Il primo decreto legge del 28 febbraio ha aumentato i cosiddetti Cas-Centri di accoglienza straordinario, (+5mila posti) e Sai-Sistema accoglienza integrazione (+3mila posti). Fra l’altro queste strutture normalmente sono destinate a uomini soli, spesso giovani e non a donne con bambini e anziani che hanno bisogni e ritmi completamente diversi. Il secondo punto da tenere presente è che la Protezione Civile non è “abituata” a gestire servizi di integrazione culturale, linguistica, sanitaria, scolastica… essendo storicamente impegnata nella primissima assistenza e quindi nella messa in sicurezza e nella fornitura di vitto e alloggio in emergenza. L’arrivo di decine di migliaia di ucraini ci ha quindi spinti al dialogo con i soggetti sociali che hanno capacità ed esperienza nell’integrazione collegata ai fenomeni migratori: è in questa cornice che è nato il decreto legge sull’accoglienza diffusa, su cui stiamo lavorando in queste ora per dare corpo a quelle indicazioni.
Come sarà regolamentato l’ingaggio del Terzo settore?
Le valutazioni sono in corso. L’idea è quella di sottoscrivere un accordo quadro a livello nazionale con le maggiori realtà impegnate sul versante dell’integrazione, da cui derivare accordi territoriali in base alla disponibilità e capacità di famiglie e associazioni.
Su questo versante parlate di 15mila posti, come è venuto fuori questo numero?
Dall’incrocio di tre fattori: il quadro previsionale che ci stiamo facendo sugli arrivi, la disponibilità del Terzo settore dopo un primo sondaggio perlustrativo e le risorse economiche di cui disponiamo. Teniamo poi conto che si tratta di un test e che quindi i numeri devono tener conto di questa fase sperimentale. In più, mi permetta di ricordare, dovremo destinare risorse ai profughi che autonomamente si trovano una sistemazione.
Ci può dare qualche numero?
Stiamo facendo i calcoli. Un parametro potrebbe essere quello del contributo di autonoma sistemazione, circa 300 euro al mese a persona. Ma ripeto, le cifre non sono definitive.
Se al contrario il profugo entra nella rete di accoglienza del Terzo settore, quale sarà il contributo economico?
Ad oggi le posso dire che ci sarà una quota che va alla famiglie che accoglie, una al profugo e una all’ente in base ai servizi che offre.
Associazioni e famiglie che si dicono disposte ad accogliere hanno bisogno però di sapere di quali cifre stiamo parlando…
Questa informazione arriverà presto, difficilmente ci potremo scostare di molto dal parametro dei 30/35 euro a persona al giorno previsto nel sistema dei Cas.
Il coinvolgimento con l’affidamento diretto al Terzo settore apre una nuova fase storica nelle politiche di accoglienza e nella gestione del nostro Paese?
Per noi sicuramente sì, per la prima volta il sistema di protezione civile si integra in maniera così diretta con il sistema del Terzo settore. Sono convinto che nella disgrazia assoluta di questo periodo si apre una fase nuova, un rapporto che sarà essenziale anche nella gestione delle emergenze del futuro, al di là di quella Ucraina.
Ha proposto lei di puntare su questo modello integrato?
C’è stata una presa d’atto di un’ondata di solidarietà anche individuale che questa crisi ha generato in Italia. Sono state tante le persone che autonomamente sono andate ai confini con l’Ucraina a prendere i profughi. Un fenomeno mai visto. Una risorsa straordinaria che non potevamo ignorare e che va organizzata in modo sistemico. Anche per non lasciare spazio a chi, nel mezzo di tanta generosità, si potrebbe approfittare di persone che obiettivamente versano in uno stato psico-fisico di estrema fragilità. E in questo senso il Terzo settore offre non solo garanzie di efficacia, ma anche di controllo su una materia che ben conosce da anni. Non avrebbe avuto alcun senso rinunciare a queste competenze.
C’è stata una presa d’atto di un’ondata di solidarietà anche individuale che questa crisi ha generato in Italia. Sono state tante le persone che autonomamente sono andate ai confini con l’Ucraina a prendere i profughi. Un fenomeno mai visto. Una risorsa straordinaria che non potevamo ignorare e che va organizzata in modo sistemico
Fabrizio Curcio
La tracciabilità dei minori non accompagnati la preoccupa?
Certamente è uno dei nodi di maggior delicatezza. Per questo ho nominato Francesca Ferrandino commissario delegato.
Qual è la pressione massima cui l’Italia può dare risposta ordinata?
Difficile risponderle con un numero esatto. Per esempio stiamo lavorando a una piattaforma digitale nazionale per incrociare offerta e domanda di posti. Quanti risponderanno? Oggi non lo sappiamo. La cosa che possiamo fare e che stiamo facendo è darci una risposta modulare. Oggi siamo tarati sui numeri che ci siamo detti, dopo di che se ne arriveranno di più ne dovremo ospitare di più e quindi troveremo comunque forme di accoglienza adeguate. Tra le altre cose credo che sia ben noto che in questi giorni se ne parlerà anche in ambito europeo. Non possiamo lasciare soli i Paesi fromtalieri.
Ad oggi quanto è costata all’Italia questa emergenza?
In realtà abbastanza poco proprio perché nella realtà dei fatti oltre il 90 % delle persone si è sistemata in maniera autonoma. Anche se bisognerà vedere quanto durerà e non le nascondo che segnali di stanchezza ce ne sono. Rispetto alle risorse le posso dire che gli stanziamenti ad oggi sono: 40 milioni per la gestione emergenziale di protezione civile, ai quali si sono aggiunti i 360 milioni dell’ultimo decreto legge. Poi ci sono altri 137 milioni messi a disposizione dal ministero dell’Interno, e 15 milioni per gli interventi fuori dai nostri confini .
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