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Cultura: la Shoah insegnata ai cinesi

Il regista Claude Lanzmann ha presentato il suo celebre documentario Shoah in Cina con risultati sorprendenti

di Joshua Massarenti

Claude Lanszmann, regista francese, ha appena concluso in Cina una tournée durante la quale ha proiettato il suo storico documentario sul genocidio degli ebrei, presso tre università di Pechino, due di Shangai e una di Nanchino. Lo rivela Le Monde in prima pagina della sua odierna edizione.

Secondo il quotidiano francese, “il regista ha potutto constatare fino a che punto il suo film “parlava” a dei cinesi di cui molti nutrivano un’idea piuttosto imprecisa dell’Olocausto”. “Avevo visto La Lista di Schindler, ma ciò che mi ha insegnato Shoah è il modo con cui si può organizzare un genocidio sul piano industriale” ha fatto notare un giovane studente della scuola di cinema di Pechino.

Secondo l’ambasciata francese in Cina, sarebbero stati oltre 20.000 gli studenti cinesi che hanno visto l’opera monumentale di Lanzmann (9 ore di proiezione!), alla quale seguiva refolarmente un dibattito con il pubblico. Imparabilmente, sono emersi paragoni con gli episodi storici che hanno segnato la Cina nel XX secolo. Tra quelli maggiormente ricordati dagli studenti che hanno visto Shoah, primeggia i massacri efferrati compiuti dall’esercito giapponese sulle popolazioni civili di Nanchino nel 1937 (si parla di oltre 300.000 vittime).

Per Lanzmann, queste reazioni sono tipiche del processo di “integrazione di Shoah alla propria storia”. “Sapevo che c’erano dei nazisti” afferma Pan Ziqing, professore di cinema, “ma mai avrei immaginato la dimensione dell’antisemitismo polacco o ucraino”. Per concludere: “Shoah è una costruzione della memoria e della verità”.

“Non si gira ciò che non esiste perché non esiste più nulla” spiega Lanzmann, che aggiunge: “La percezione degli spettatori è stata infatti molto violenta rispetto a Nanchino. Tuttavia, ho ricordato che se tutti i carnefici e le vittime si assomigliano, non c’era stata da parte giapponese la volontà di sradicare un’intera popolazione”.

Il regista francese non ha poi esitato a “provocare” i cinesi, per lo meno le istituzioni: “Personalmente, sarei pronto a girare un film sulla rivoluzione culturale di Mao. Sarebbe un film formidabile!”.

Era postmaoista permettendo, senza ombra di dubbio l’idea di Lanzmann offre un’occasione straordinaria di ripercorre, al di là di ogni ideologia, una delle pagini più sanguinosi della Storia della Cina comunista.

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