Per Yaxis Cires, direttore della strategia dell'Osservatorio cubano dei diritti umani (OCDH), il 2021 è stato "l'anno più disastroso in termini di diritti umani per Cuba, superato solo dal periodo delle esecuzioni di massa all'inizio della Rivoluzione", e durante il quale il campo di azione repressiva si è esteso "oltre l'opposizione democratica e gli attivisti della società civile, raggiungendo con cattiveria il cittadino comune".
Era l'11 luglio quando con grida di "libertà", "Patria e Vita", "abbasso la dittatura" e "Díaz-Canel singao” (slang che significa "figlio di puttana"), migliaia di cubani, in più di sessanta località del paese, scesero in strada per protestare contro il governo.
L'esplosione sociale e la caccia lanciata dagli organi repressivi contro i manifestanti, hanno messo ulteriormente a nudo il regime, capace di uccidere, imprigionare e incutere terrore pur di conservare il potere.
L'11 luglio 2021 ha frantumato il mito romantico che ancora esisteva sulla rivoluzione cubana.
Secondo Prisoners Defenders, ci sono attualmente 842 prigionieri politici a Cuba, come se in Italia ce ne fossero quasi novemila, e di questi 15 sono ragazzini e ragazzine minorenni, in carcere da oltre sei mesi solo per essere scesi in piazza a protestare o per un post su Facebook non gradito al regime e che rischiano condanne sino a 30 anni di carcere.
Per Juan Pappier, ricercatore senior della divisione Americhe di Human Rights Watch a causa di questa "terrificante repressione da parte del regime cubano", il 2021 "sarà ricordato come l'anno con più prigionieri politici nel paese in questo secolo”.
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