Volontariato

Csv poco al femminile

Solo il 10% dei presidenti dei Centri di servizio per il volontariato è donna. Un dato che non rispecchia la presenza femminile nella dirigenza del volontariato

di Francesco Dente

Presidente, vicepresidente, coordinatore e addetto stampa. Tutte donne. Isola felice in un arcipelago, quello della dirigenza delle organizzazioni di secondo livello del non profit, dominato dai maschi. Benvenuti ad Alessandria, roccaforte femminile dei Centri di servizio per il volontariato, unica sede italiana con i vertici rosa.

Solo il 10% dei presidenti dei Csv del Belpaese, infatti, è donna. Otto, per l’esattezza, contro 69 uomini. Una percentuale che sale al 26% per le poltrone di vicepresidente e quasi al 35% di direttore o coordinatore (Vita ha elaborato i dati spulciando fra gli organigrammi dei 77 centri pubblicati sul sito di Csv.net, il coordinamento nazionale dei centri di servizio, scarica qua accanto la tabella). Numeri che suggeriscono questa conclusione: i vertici dei Csv non sembrano il regno delle pari opportunità. Specie se si confronta il dato con i risultati di una recente ricerca della Feo-Fivol su donne e volontariato dalla quale risulta che nel 2006 il 33,6% dei presidenti delle organizzazioni di volontariato è un esponente del gentil sesso (valore massimo in Sardegna con il 40,2% e minimo in Toscana, 27%). Insomma, mentre sul territorio le compagini solidali si affidano in un caso su tre a una donna, quando si passa ai centri di servizio il rapporto sale a uno a dieci.

«Laddove vi è gestione di potere, di ingenti risorse e c’è rappresentanza nazionale», osserva Renato Frisanco, autore della ricerca della Feo-Fivol, «il dato di genere diventa una variabile dipendente a schiacciante vantaggio della componente maschile. La candidatura maschile a queste cariche è automatica, quella femminile è eccezionale in quanto il volontariato e il non profit rispecchiano al riguardo i meccanismi ascrittivi della società più generale».

Una tesi condivisa solo in parte da Marco Granelli, presidente di Csv.net secondo cui peserebbe, più che il fattore culturale, la scarsa attenzione verso il tema della conciliazione vita lavoro nell’organizzazione delle sedi. «È un problema di carico di lavoro. I presidenti dei Csv spesso si occupano anche della guida delle associazioni di provenienza. Sommano, dunque, impegni che non sono facilmente conciliabili con gli impegni familiari che già gravano sulle donne». Non è un caso, argomenta Granelli, se il ruolo di direttore o di coordinatore veda più presenze femminili. «Si tratta di persone che lavorano e che non devono ricoprire due incarichi come i presidenti. È più facile, in questi casi, mettere d’accordo lavoro e famiglia».

A Csv.net, tuttavia, per invertire la rotta hanno modificato il regolamento e previsto la presenza femminile obbligatoria nel Comitato esecutivo e nel Consiglio direttivo. Le quote sono la strada per la “scalata” ai vertici dei centri di servizio?

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