Economia
Csr, è anche questione di acqua
A "Dal dire al fare" buone pratiche di gestione idrica a confronto
Certo, tutti noi possiamo fare molto evitando di tenere il rubinetto aperto mentre ci laviamo i denti. Basta considerare che da lì escono, in media,12 litri di acqua potabile al minuto. Certo, possiamo fare molto, come cittadini, per esempio facendo più docce e meno bagni, per ridurre quel 20% di risorse idriche che consumiamo non sempre in maniera assennata. Ma molto di più può fare l’agricoltura (che in Italia consuma il 50% delle risorse) e ancor di più l’industria, che “beve” il 20% (il resto è appannaggio delle centrali idroelettriche).
Le imprese, quindi, hannno un ruolo di primo piano nel compito gravoso che spetta all’umanità nel suo complesso: fare in modo che l’oro blu non diventi un bene in via di estinzione e che anche le generazioni future possano goderne. Se ne è parlato, nell’ambito di Dal dire al fare, a un convegno organizzato da Sodalitas, “La gestione della risorsa-acqua”. Dal quale è emerso che l’approccio alla risorsa acqua diventa sempre più strategico per le imprese, di ogni tipo. E non solo come importante parametro con cui si misura la responsabilità sociale dell’impresa stessa, ma anche come fattore non secondario di contenimento dei costi.
RIUSO E RICICLO
Talmente strategico che un’azienda come ST Microelectronics gli ha dedicato una figura manageriale ad hoc, il Water manager, che può contare su un team di 14 persone. Si chiama Alessandro Beretta e al convegno ha raccontato i risultati raggiunti dalla’azienda. «Nel 2006 per produrre i microchip venivano consumati 3,6 milioni di metri cubi all’anno. Oggi siamo scesi a 2,4 milioni, pur avendo aumentato la produzione globale del 7%» Un 30% in meno che significa un risparmio di 400mila euro all’anno sulla bolletta, a fronte di un investimento di 100mila euro. Come ci si è riusciti? «In tre fasi. Una misurazione precisa, goccia a goccia, di tutta l’acqua impiegata nel processo produttivo. E poi le tre R: riduzione, riciclo e riuso».
Una filosofia simile viene applicata da un’altra azienda che con l’acqua ha molto a che fare. Indesit tra il 2000 e il 2009 è riuscita a ridurre del 21% i suoi consumi idrici. Un esempio di come ci si è riusciti lo ha fatto Sabastien Pascolini, quality & process improvement manager dell’azienda: «Nella fase di controllo funzioni degli elettrodomestici si usa molta acqua, facendo delle prove di lavaggio. Da qualche tempo l’acqua, invece di essere scaricata al termine di ogni controllo, viene riutilizzata per i controlli successivi, per cinque volte di seguito». Il buon esempio in azienda per poi poter fare una politica anti-spreco nei confronti dei consumatori. Attraverso un vademecum destinato a chi acquista gli elettrodomestici Indesit per educarli a non sprecare la risorsa idrica, ma anche attraverso la produzione di lavatrici e lavastoviglie che consumano sempre meno acqua: «Nel 2002 una lavapiatti consumava 18 litri d’acqua a ciclo. Il nostro prossimo modello ne consumerà 13», ha annunciato Pascolini. E in futuro anche meno: «Stiamo studiando soluzioni di riutilizzo dell’acqua nel corso del lavaggio. Per esempio fare il pre-lavaggio con l’acqua di risciacquo del ciclo precedente…». Avveniristico? Forse, ma non troppo. Visto che anche i colossi delle acque minerali stanno premendo – e molto – sull’acceleratore del risparmio idrico, proprio loro che hanno l’acqua come core business.
MENO ACQUA PER L’ACQUA
«Per ogni litro di acqua minerale prodotta», ha raccontato per esempio Daniela Murelli, direttore CSR del Gruppo Sanpellegrino (Nestlè), «oggi impieghiamo 1,9 litri d’acqua. Nel 2004 erano 2,96». Un importante risultato ottenuto con processi di formazione del personale e con innovazioni di processo, per esempio evitando di stoccare le bottiglie di PET appena prodotte, ma utilizzandole subito, tagliando così un risciacquo dispendioso in termine di risorse idriche. Una politica simile la applica Coca Cola HBC Italia, come ha raccontato GianGiacomo Pierini, public affairs e Communication Manager, «Abbiamo ridotto del 21% l’impiego di acqua nella fase di imbottigliamento. Questo attraverso il miglioramente del processo produttivo, la formazione del personale, l’aggiustamento nelle fasi successive alla produzione, come il risciacquo delle bottiglie».
Insomma, tutti pronti a chiudere il rubinetto. Purché anche le imprese – e le buone pratiche come si è visto al convegno di Sodalitas non mancano – comincino a dare il buon esempio.
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