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Cronache svizzere di intolleranza e di rancori

di Lucio Brunelli

Il voto svizzero sui minareti resterà uno spartiacque simbolico nella storia dei rapporti fra il Vecchio continente e l’Islam. Nell’Europa uscita dal lungo tunnel dei totalitarismi sembrava impensabile, fino a ieri, anche solo mettere ai voti un divieto “costituzionale” alla libera espressione di una minoranza religiosa. Ora abbiamo constatato che è stato possibile passare questo limite. E passarlo a furor di popolo. Ho seguito l’evento da Lugano, per il mio telegiornale. Il Ticino è il cantone dove i proibizionisti hanno ottenuto il maggior numero di consensi, il 69%. Ho parlato con il vescovo cattolico, “don Minareto” come lo chiamava beffardo il capo della Lega dei ticinesi, Giuliano Bignasca. Ho interpellato i leader islamici, i colleghi delle testate locali. Tutti, pur da opposti punti di vista, concordavano su una cosa: i minareti erano un pretesto. Ce ne sono solo 4 in tutto il territorio svizzero, ornamentali, nessuno utilizzato dal muezzin. Negli altri 160 luoghi di culto, salvo rare eccezioni, le comunità islamiche non ne hanno fatto richiesta. «Non è una nostra priorità», ci ha assicurato Gasmi Slaheddine, il presidente della Lega musulmana del Ticino.

UN CEFFONE ALL’ISLAM
Il voto è stato vissuto – da chi l’ha dato e da chi l’ha preso – come un ceffone all’Islam in quanto tale. Ma una reazione emotiva poteva essere più spiegabile in presenza di un Islam aggressivo e invadente. Ma qui la comunità musulmana era (obbligati ora a usare l’imperfetto) una delle meglio integrate d’Europa. Provenienti in maggioranza dall’area balcanica, i musulmani locali non hanno nemmeno tratti somatici molto differenti dal resto della popolazione. Eppure? La gente se n’è infischiata del governo federale, delle Chiese cristiane di ogni confessione, del Vaticano. Hanno vinto la chiusura e la paura. Gli esperti avranno tempo per spiegare. Ma è certo che a prevalere sono stati sentimenti e pulsioni di una società post cristiana. Non è stata la croce a vincere sul minareto.

ipse dixit
Da qualche tempo i più pugnaci difensori della cristianità sono uomini che non hanno fama di baciapile, e neppure di cattolici praticanti. Roberto Castelli, che ha proposto l’inserimento della croce nel tricolore, nel 1998 aveva voluto celebrare il suo secondo matrimonio con un plateale rito celtico a Pontida.

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