Non profit

Cronaca di uno scippo annunciato

Fondazioni ultimo atto. L’effetto Tremonti sulle ex Casse di risparmio

di Giampaolo Cerri

Un emendamento da 70 miliardi di euro, una legge di riforma delle fondazioni ?riformata? in poche righe, la società civile rimpiazzata da un esercito di politici locali, i patrimoni espropriati e affidati a società di gestione. Non è un caso che Giulio Tremonti sia un superministro.
Con il suo blitz del 3 dicembre, anticipato in una nebbiosa serata milanese, ha stravolto una legge dalla gestazione pluriennale, la Ciampi-Pinza, e mandato all?aria gli equilibri faticosamente costruiti dal presidente dell?Acri (e di Fondazione Cariplo), Giuseppe Guzzetti. Che ha convocato una riunione urgente dell?associazione nelle 48 ore immediatamente successive.
C?è da sorridere a rileggere quello che Tremonti aveva dichiarato all?assemblea dell?Associazione bancaria italiana il 3 luglio scorso: «L?Autorità di vigilanza», aveva detto, «intende proseguire la proficua collaborazione con l?associazione di categoria delle fondazioni, dalla quale ci si attende un impegno per frenare le posizioni di retroguardia di alcune associate». Insomma, fermo ma disponibile: care fondazioni, aveva annunciato, parliamone ma rigate diritto.
Ma già poche settimane fa, il 24 ottobre, parlando ai margini di un altro convegno, aveva cominciato a scoprire le carte: «Una diversa composizione degli organi direttivi delle fondazioni si rende opportuna alla luce del nuovo assetto federale dello Stato». Proprio così: le modifiche costituzionali seguite al referendum confermativo del 7 ottobre, quello voluto dal centrosinistra e contro cui il governo si era schierato, diventavano per incanto la bussola della riforma delle fondazioni. Una svolta ?federalista? che corrisponde più o meno a un cataclisma.
Innanzitutto gli enti locali (Regioni, Province e Comuni) dovranno avere un ruolo preminente nei consigli di indirizzo delle fondazioni. E chi, come Fondazione Cariplo, aveva faticosamente aperto alla società civile? Si arrangi: l?emendamento impone la riscrittura degli statuti entro 90 giorni, consegnando i grandi enti ex bancari al potere politico locale. «La Casa delle libertà ha fatto i suoi conti», dice a Vita una fonte interna a una grande fondazione del Nord, «tolto il Monte dei Paschi e qualche ex Cassa del Centro Italia, che finiranno alla sinistra, con le nuove nomine porterà a casa fondazioni ricchissime, dalla Cariplo alla Compagnia Sanpaolo, dalla ex Cassa di Verona a quella di Treviso, dove avevano scarsa rappresentanza».
Alla Lega, in particolare, andrebbe una parte consistente delle centinaia di nomine sul tappeto. Del resto l?aveva previsto l?enfant prodige del firmamento bossiano, quel Giancarlo Giorgetti, deputato varesino e presidente della Commissione bilancio della Camera, che è la mente finanziaria del Carroccio. Sua una proposta di legge perché «l?organo di indirizzo (delle fondazioni, ndr) sia fedele specchio della composizioni degli enti locali, anche in misura maggioritaria». E non è un caso quindi che, il 4 dicembre, la Commissione da lui presieduta si sia affrettata a giudicare ammissibile l?emendamento.
E i pregiatissimi pacchetti azionari con cui le fondazioni controllavano importanti gruppi bancari? Trasferiti d?autorità a società di gestione del risparmio (composte da tecnici indicati da Bankitalia), che avranno il compito di cederle entro il 2007. L?idea sarebbe di Domenico Siniscalco, neo direttore generale del Tesoro che, da consulente, aveva architettato una soluzione simile per la recente fusione Sanpaolo-Cardine.
Altro che scendere sotto le quote di controllo; altro che uscire dai consigli di amministrazione delle imprese bancarie: i limiti e le incompatibilità sono superati in un colpo solo. E che colpo. «Il governo regola i conti con i suoi grandi elettori del capitalismo italiano», osserva, a prezzo dell?anonimato, un dirigente Mps. L?intraprendenza delle fondazioni e la loro enorme capacità finanziaria erano percepite come un pericolo dal gotha economico finanziario. Lo scudo offerto dalle fondazioni azioniste di Unicredit (Caritorino, Cariverona e Cassamarca) al management di Mediobanca, era visto come fumo negli occhi dagli Agnelli. E poi ancora: fondazione Cariplo dentro Intesa-Bci, il tesoro Mps, gli assetti di Compagnia Sanpaolo e Cardine. Così, con il nuovo clima politico del Paese, molti salotti buoni della finanza avevano cominciato ad accarezzare sogni di pulizia etnica, come aveva denunciato da queste colone il presidente di Cassamarca, Dino De Poli.
Già a luglio, le prime ardite ipotesi: «Ripianiamoci il debito della sanità»,«finanziamoci il ponte di Messina».Tutto, purché lontano dai giochi che contano. E mai, a favore della economia civile e del non profit, settori cui l?impostazione della legge vocava i grandi enti ex bancari. La destinazione dei proventi del patrimonio a favore delle attività senza fine di lucro rimane: solo che viene ?ripubblicizzata?, come ha paventato un pasdaran del liberismo quale Giorgio La Malfa.
Federalismo, ripete Tremonti. O devolution della spesa? Il sottosegretario alle Finanze, Giuseppe Vegas se lo è lasciato scappare: «La misura nell?assistenza o nella cultura consentirà di ridurre la spesa pubblica: alcuni interventi potranno essere fatti dai privati ».

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