Verso i 30 anni, le copertine cult
“Croce rossa o Croce d’oro?”. La prima copertina di VITA ci aveva visto giusto
Il 25 e 26 ottobre la nostra testata festeggerà i 30 anni con un evento di due giorni alla Fabbrica del Vapore di Milano (“E noi, come vivremo?”). Ci avvicineremo al compleanno riprendendo alcuni dei contenuti che hanno segnato la nostra storia e quella del Terzo settore e del sociale italiano. Partiamo dalla cover del 27 ottobre 1994
“Croce rossa o Croce d’oro?”, scelse questo titolo Riccardo Bonacina, fondatore e allora direttore di VITA per il primo numero dell’allora settimanale datato 27 ottobre 1994. Così il sommario: «Riceve ogni anno mille miliardi da enti pubblici, ma fa pagare i servizi ai cittadini. Può contare su 40mila splendidi volontari, ma viene criticata da tutte le associazioni di volontariato. Sui fronti caldi del mondo brilla per il suo ritardo». L’inchiesta-verità sulla Croce Rossa Italiana copriva le pagine 4,5,6 e 7. A firmarla Mirella Pennisi.
In quegli anni, ricordiamolo, la Cri era un ente pubblico. Lo è stato fino al 2012. Quando finalmente il decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178 “Riorganizzazione dell’Associazione italiana della Croce Rossa a norma dell’articolo 2 della legge 4 novembre 2010, n. 183 ha radicalmente cambiato l’Associazione italiana della Croce Rossa trasformandola da ente pubblico a ente di diritto privato non profit mutandone così non solamente la personalità giuridica ma anche l’operatività in certi settori.
Ma torniamo all’inchiesta di VITA. Il pezzo di apertura di Pennisi non peccava in chiarezza fin dal titolo: “Croce Rossa di vergogna? Sei perché in cerca di risposta”. E via di seguito le sei domande capitali:
- È vero che prende mille miliardi l’anno dagli enti pubblici? Sì…
- È vero che le corse sulle ambulanze si pagano? Sì…
- È vero che è fuori legge e gode di privilegi? Sì…
- È vero che è inquisita, ma tutti la vogliono pubblica? Sì…
- È vero che i 40mila splendidi volontari sono impiegati male? Sì…
- È vero che la Croce Rossa Italiana è unica al mondo? Sì…
Ogni domanda introduceva una risposta affermativa argomentata con l’inchiesta dell’autrice. Pennisi intervistò anche un dipendente, Paolo Lapponi, che coraggiosamente dichiarò che nella Cro «si va avanti a colpi di mano» e «il problema sono i vecchi dirigenti». Le quattro pagine si chiudevano con un documentato focus sui “conti in tasca alle ambulanze”.
Oggi sappiamo com’è andata: la Croce rossa italiana è a tutti gli effetti un soggetto di Terzo settore, al pari della Pubbliche Assistenze dell’Anpas e delle Misericordie. E costituisce un prezioso bacino di volontariato, impegno civile e scuola di formazione sociale per tanti ragazzi e ragazze. Di polemiche e scandali non si sente più parlare. Insomma: il primo numero di VITA ci aveva visto giusto.
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