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Croce Rossa Italiana. Così funziona la macchina della prima accoglienza
Un sistema di risposta alle emergenze che è un fiore all’occhiello del Paese. Il racconto del direttore di Area Operazioni, Emergenza e Soccorsi CRI, Ignazio Schintu che trovate sul numero in distribuzione
Quando la situazione a Kabul è precipitata ed è cominciata la spola aerea per salvare i profughi in fuga dai telabani, ad accoglierli all’arrivo è stata la Croce Rossa Italiana. Una macchina di accoglienza attivata in poche ore. Ma come funziona il loro sistema di risposta alle emergenze?
«Abbiamo un’organizzazione che si basa proprio sulla risposta nell’immediato. Su tutte le emergenze nazionali siamo in coordinamento con il Dipartimento di Protezione Civile, che coinvolge Polizia, Carabinieri, Vigili del Fuoco e volontariato organizzato. Su questo ambito abbiamo uno staff nazionale composto da 130 dipendenti e 150mila volontari pronti ad essere impiegati su eventi sia naturali sia antropici», sottolinea subito Ignazio Schintu, direttore di Area Operazioni, Emergenza e Soccorsi della Croce Rossa Italiana.
Strutture a blocchi da 400 posti
«Siamo organizzati con undici centri su tutto il territorio nazionale», chiarisce Schintu. Uno è il Centro operativo nazionale di emergenza — Cone di Roma. Poi ci sono i Centri Operati- vi di emergenza — Coe, distribuiti su Settimo Torinese, Bari, Roma e Avezzano e infine abbiamo i Nuclei Pronto Intervento, che sono più piccoli e vengono istituiti in base a rischi reali dei territori, e sono di stanza ad Aosta, Genova, Legnano, Messina, Marina di Massa, Salerno e Cagliari. «Sono tutte strutture dotate di materiali, mezzi e personale in grado di rispondere a qualsiasi tipo di evento. In più abbiamo un centro di formazione a Bresso, vicino a Milano e un Centro Addestra- mento per la guida dei droni a Bologna», chiarisce il direttore.
Allo scoppiare di un’emergenza nazionale, racconta Schintu, «siamo attivati dal Dipartimento di Protezione Civile, come dispone la legge. Dall’attivazione si accende la nostra sala operativa nazionale che coordina tutte le attività in sinergia la Protezione Civile». In generale nel caso dell’attività di accoglienza temporanea, che in questo caso è stato di persone straniere, ma, come è successo a L’Aquila, può anche riguardare sfollati rima- sti senza casa, la Cri predispone, nel giro di 48 ore, campi di accoglienza commisurati all’esigenza che impone l’emergenza.
«Con i profughi afghani, nel campo di Avezzano, abbiamo implementa- to 1.600 posti. I campi sono costruiti secondo un modulo a blocchi da 400 posti, e possiamo andare avanti pressoché all’infinito, fino all’esaurirsi di materiali e spazio», sottolinea Schintu, «naturalmente ogni situazione deve tenere conto di tutte le esigenze delle persone, quindi servizi igienici, mense, spazi sociali e punti di primo soccorso».
In caso di emergenza sanitaria
Nel caso dei cittadini afghani c’è stato anche il problema dell’emergenza sanitaria. «Abbiamo previsto delle corti, zone in cui le persone possono socializzare ma suddivisi per giorno di arrivo, in modo da poter portare avanti contestualmente quarantene dalle tempistiche differenti evitando contatti pericolosi», chiarisce il direttore. In questo caso sono intervenuti circa 700 volontari, «attivati della nostra area migrazioni che li ha scelti tra quelli formati ad hoc per avere a che fare con stranieri e vittime di conflitti», chiarisce Schintu…
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Le foto sono del campo CRI di Avezzano impiegato per l'accoglienza dei profughi afghani
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