Economia

Crisi pandemica. Ridurre il peso del debito dei paesi più fragili

«La crescita delle diseguaglianze è ora uno dei più gravi effetti del Covid19. Si rende necessaria un’azione congiunta e lungimirante dei paesi del G20 volta al condono del debito dei paesi più poveri e più colpiti o alla sua conversione dove le condizioni lo consiglino». L'analisi di Nino Sergi

di Nino Sergi

«È il tempo di una giustizia riparativa. A tale proposito, rinnovo il mio appello acancellare il debito dei Paesi più fragili alla luce dei gravi impatti delle crisi sanitarie, sociali ed economiche che devono affrontare a seguito del Covid-19».Occorre ascoltare «il grido della Terra e dei Poveri». Parole chiare queste di Papa Francesco nel suo messaggio dello scorso 1° settembre per la celebrazione della giornata mondiale di preghiera per la cura del creato, a cinque anni dalla Laudato Si’.

In occasione del Giubileo,anche Papa Giovanni Paolo II si era espresso in favore della cancellazione del debito con la lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente, unendo la Chiesa alla vasta campagna condotta da una grande coalizione di persone e organizzazioni della società civile negli anni ’90, tra cui in particolare la Global Call to Action Against Poverty, GCAP, con lo scopo di ottenere l'abolizione del debito per l'anno del Grande Giubileo dell’anno 2000.In seguito a tale campagna, la cancellazione del debito venne presa in considerazione da molti governi del mondo occidentale e divenne un obiettivo esplicito anche di organizzazioni internazionali come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale.

L’Italia è stato il primo Paese ad aver approvato una legge (209/2000) per la cancellazione bilaterale del debito in attuazione del programma HIPC, Heavily Indebted Poor Countries (Nazioni povere pesantemente indebitate)promosso da FMI e BM allo scopo di aiutare i paesi più poveri del mondo,portando il loro debito pubblico a un livello sostenibile, a condizione che i loro governi dimostrino di raggiungere determinati livelli di efficienza nella lotta alla povertà. L’Italia ha anche fortemente appoggiato la Multilateral Debt Relief Initiative, MDRI per la cancellazione al 100% del debito dei paesi HIPC verso le Istituzioni Finanziarie Internazionali.

La crescita delle diseguaglianze è ora uno dei più gravi effetti della pan-crisi derivante dalla pan-demia Covid-19. Gli esseri umani sono toccati dall’attuale crisi in modo diseguale con punte diffuse di gravità preoccupanti, rendendo più lontani gli obiettivi che le comunità politiche e di governance globale si sono posti con l’Agenda 2030. I poveri del pianeta sono i più colpiti e sono in aumento in ogni continente.

Tra gennaio e agosto 2020 i morti per coronavirus sono stati 850.000 e la pressione sui sistemi sanitari di tutto il mondo sta rendendo più difficile combattere altre epidemie, a partire dalla malaria (più di 400.000 morti l’anno). La situazione dei gruppi più vulnerabili in materia di sicurezza alimentare e nutrizione rischia di deteriorarsi ulteriormente per le conseguenze sanitarie e socioeconomiche della pandemia. Secondo le previsioni FAO, 135 milioni di persone si aggiungeranno agli 821 milioni che nel 2019 non hanno potuto garantire il proprio sostentamento, soffrendo per carenza di cibo, fino anche alla morte.

La pandemia sta colpendo duramente non solo paesi già deboli ma anche economie emergenti, rallentando e talvolta rischiando di annullare gli sforzi fatti e i successi ottenuti nell’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Il Covid-19 si è aggiunto pesantemente a situazioni già difficili a causa del cambiamento climatico e dei conflitti che si susseguono localmente.

Oltre agli sforzi congiunti della Comunità internazionale per porre fine alla crisi sanitaria innescata da Covid-19 e per riavviare la crescita dell'economia globale, oltre al sostegno che la cooperazione internazionale dovrà continuare a fornire per non tradire i partenariati costruiti e gli impegni assunti, si rende necessaria un’azione congiunta e lungimirante dei paesi del G20– che riunisce la maggior parte delle nazioni più industrializzate del pianeta e nel quale sono affrontate le principali questioni economiche mondiali – volta al condono del debito dei paesi più poveri e più colpiti o alla sua conversione dove le condizioni lo consiglino. il G20 rappresenta un momento essenziale per definire e prendere comuni decisioni sul debito dei paesi meno avanzati e più poveri.

E’ la proposta che la rete di Ong LINK 2007, come ormai molte altre a livello internazionale, tra cui la stessa GCAP e altre 200 organizzazioni della società civile dei vari continenti, ha lanciato nel mese di luglio per inserire tra le priorità del prossimo G20, che sarà presieduto per il 2021 dal Governo italiano, la questione della riduzione e conversione del debito dei paesi poveri o del condono per quelli più colpiti e resi maggiormente fragili dalle conseguenze della pan-crisi.

In particolare, la conversione del debito in valuta localenelle economie più fragili potrebbe permettere la realizzazione di progetti sia di resilienza che di sviluppo umano e sostenibile in settori chiave e su precisi obiettivi dell’Agenda 2030, nel quadro delle scelte politiche locali,per far fronte alle conseguenze della pandemia, coinvolgendo sia il settore pubblico che quello privato. E potrebbe in parte sopperire alla contrazione delle rimesse dall’estero, favorendo le comunità e le fasce più bisognose della popolazione, sia in aree urbane che rurali. La cooperazione internazionale per lo sviluppo potrebbe soffrire di problemi di sostenibilità per il suo finanziamento a causa dell’aggravarsi della pandemia e dell’impegno richiesto per farvi fronte. L’aiuto e l’assistenza agli investimenti indispensabili per lo sviluppo sostenibile devono quindi essere rilanciati anche attraverso strumenti di blendinga partire dagli specifici stanziamenti APS.

Può quindi, quella italiana, essere la prima presidenza G20 a fare della cancellazione e conversione del debito un sistema di lavoro per l’azione di mobilitazione della finanza sostenibile per far fronte alle conseguenze economiche e sociali della pandemia sulle economie più deboli e per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo dell’Agenda 2030?

Il continente africano, in particolare, subirà ulteriori rallentamenti alla crescita con gravi conseguenze economiche e sociali in paesi ad alta espansione demografica e ritardi nell’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030. Alla riduzione e conversione del debito occorrerà affiancare risorse aggiuntive a quelle già definite dagli accordi internazionali e bilaterali. Manca però uno strumento di natura globale in grado di mobilitare una adeguata massa critica di risorse per potere programmare, secondo le priorità locali, investimenti mirati ad una crescita sostenibile, creazione di lavoro equo e dignitoso, transizione energetica verso le rinnovabili e in contrasto al cambiamento climatico, istruzione e parità di genere potrebbero essere il tracciato per l’impiego delle risorse. Lo stesso G20 a presidenza italiana potrebbe indicare e promuovere nuovi strumenti per potere assicurare tali investimenti, in particolare per l’Africa.Il continente ha infatti rallentato la propria crescita e si trova in rapida crescita demografica, con ampie fasce giovanili senza lavoro e istruzione, con rischi di degrado ambientale, con problemi di nutrizione, con diffuse turbolenze belliche e fenomeni di radicalismo, con spinte migratorie interne e internazionali, con l’aggiunta dei disastrosi effetti economici e sociali prodotti dalla crisi pandemica.

Si tratta di investimenti che devono essere monitorati in merito al raggiungimento degli SDGs e devono vedere coinvolte le società civili insieme ai governi, le pubbliche istituzioni e il settore privato. L’input della società civile è fondamentale sia nel vigilare sull’efficacia e sull’accountability delle azioni sia nel legarle ai bisogni reali delle comunità che dovranno essere regolarmente consultate per non lasciare la gestione delle risorse ai soli apparati burocratici e amministrativi.


*Nino Sergi, presidente emerito di Intersos e policy advisor di Link 2007​

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