Mondo

Crisi, l’Europa ci osserva

Un passaggio stretto per rilanciare l'economia senza aumentare il debito pubblico

di Franco Bomprezzi

 

Giorni decisivi per mettere a punto le misure vere per fronteggiare la crisi, mentre dall’Europa arrivano indicazioni precise su che cosa dovrebbe fare l’Italia. Ma da noi questo tema diventa, come sempre, polemica politica.

 

Repubblica apre su “Crisi, allarme Ue per l’Italia”. Prima un quadro d’insieme (“Economia ferma, più disoccupati. Subito riforme contro la crisi”, pag. 2): l’Europa chiede al Belpaese interventi immediati, riforme e un miglioramento della spesa pubblica per rispondere alla crisi. Questo l’input alla vigilia della pubblicazione delle “pagelle” sull’attuazione della strategia di Lisbona. La scheda relativa all’Italia  fotografa la situazione attuale: nel 2008 l’economia è stata stagnante: sono diminuiti i consumi privati, calati gli investimenti e le esportazioni. Segue l’allarme occupazione: niente nuovi posti di lavoro nel 2009, con un ulteriore aumento del tasso di disoccupazione (già nel 2008 è aumentato per la prima volta da dieci anni).  Da qui la necessità di una pronta risposta: «Da un lato serviranno misure a lungo termine che – in linea con la nuova strategia europea sul clima – aiutino “la transizione nell’economia verde”». La scommessa dunque è quella di usare la terza rivoluzione industriale, quella verde, per spingere l’economia. Nell’immediato sarebbe utile anche un aiuto fiscale alle fasce a rischio». Come dire, momentaneo semaforo verde all’impiego di denaro pubblico per rispondere alla recessione purché la tendenza si inverta non appena la situazione economica sarà migliorata. Per quanto riguarda la riforma Gelmini, l’Ue si riserva di valutare più avanti «l’impatto delle nuove misure nel campo dell’educazione e della ricerca». La scheda Italia si chiude con quattro raccomandazioni: 1. necessità di migliorare i conti pubblici diminuendo la spesa e migliorando l’efficienza. «In questo contesto la Ue chiede che il federalismo fiscale sia pienamente in linea con questi obiettivi». 2. Rinforzare la concorrenza nei mercati dei beni e dei servizi: in particolare nel commercio al dettaglio (con liberalizzazioni). 3. Lavorare sulla produttività «migliorando efficienza e risultati del sistema scolastico anche monitorando gli standard di qualità e facendo attenzione alle questioni di equità». 4. Ridurre le disparità tra regioni, in particolare con la lotta al lavoro nero. Nel frattempo si lavora per mettere a punto il decreto anti-crisi, in modo tale da poterlo licenziare con le opportune modifiche per il 23 dicembre. Il quadro d’insieme sarà più chiaro quando, in settimana, si svolgerà un incontro tra i parlamentari del Pdl e l’esecutivo. Attacca D’Alema: «L’Italia è l’unico grande paese europeo che non ha un programma per affrontare la crisi economica. Non ha un piano». Le modifiche più discusse sono quelle inerenti alla norma blocca-tariffe: non si stopperanno più le bollette, le tariffe autostradali, in modo tale da lasciare libera l’autorità di ritoccarle al ribasso. Ci sarà una rimodulazione del bonus familiare, si dibatte di un intervento sui mutui. Eugenio Occorsio, invece, intervista l’economista Paul Samuelson sul crac Madoff e sull’allarme nelle borse. “È l’ultimo regalo dell’era Bush. Sui mercati devono tornare le regole” (pag. 4). Il professore, docente del Mit, auspica un repulisti a Wall Street, «ma bisogna anche smettere di credere ai guadagni facili. Deve finire questa corsa al debito, deve diventare più difficile sia accumulare prestiti che concederne a condizioni così aggressive».

Il corrispondente del Corriere della Sera da Bruxelles Luigi Offeddu nell’inserto economico del lunedì CorriereEconomia intervista il commissario europeo per gli Affari economici Joaquim Almunia. Ecco alcuni dei passaggi più significativi: «Sui conti la strategia prudente perseguita dal governo è adeguata. Un impegno maggiore su una strategia coraggiosa di riforme strutturali aiuterebbe anche a rafforzare la fiducia dei mercati». Almunia poi vuole «rassicurare quegli italiani che si sono preoccupati sul piano di stabilità: continuerà ad essere applicato e le procedure di disavanzo eccessivo saranno applicate». E si dice «soddisfatto» dell’approvazione del piano Ue da 200 miliardi: «Era cruciale per dimostrare ai cittadini che i loro governi possono farcela…Ora è importante muoversi rapidamente verso l’attuazione completa delle misure…Che vanno dal sostegno diretto del potere di acquisto domestico, alle misure designate ad aumentare o accelerare gli investimenti nelle infrastrutture e ad assicurare che le imprese, specialmente quelle piccole e medie che sono così importanti in Italia come altrove, continuino ad avere accesso a un credito abbordabile».

Si teme un’altra ondata – scrive il Giornale – dopo che l’Fbi ha accusato Madoff, presidente del Nasdaq di New York, di una truffa di 50 miliardi di dollari. A chi ha venduto i ” titoli velenosi”? La Consob sta indagando sulle possibili perdite in Italia. All’estero Santander esposta per 2,3 miliardi e Bnp di 230 milioni.

Sulla crisi economica La Stampa si concentra su quanto succede nel mondo politico italiano più che sull’allarme dell’Unione europea. Il Primo Piano dedicato alla crisi si apre con la cronaca dell’intervento a Milano del leader del Partito democratico Walter Veltroni, che «sceglie i temi economici per aprire la campagna elettorale del Pd in vista delle Provinciali milanesi del prossimo anno». Serve in fretta un piano per il settore dell’auto, dice Veltroni. E invece in Italia «si perde tempo». Se gli Usa e altri Paesi europei daranno incentivi al settore e l’Italia no, altereranno la concorrenza indebolendo ancora di più la posizione del nostro Paese. Da Bari concorda Massimo D’Alema: «L’Italia è l’unico grande Paese europeo, e non solo europeo che non ha un programma per affrontare la crisi economica». Ancora Veltroni: il Giappone investe 290 miliardi, gli Usa 239, la Francia 202, la Spagna 41, la Germania 23. E l’Italia? «Stiamo parlando di un piano forse da 6 miliardi di euro, finanziato con giri vari e varie forme di pressione fiscale». Veltroni contesta i miliardi regalati alla cordata di Alitalia, il taglio dell’Ici anche ai redditi che si potevano permettere di pagarla. E tra le priorità individua misure per i precari, «con una revisione degli ammortizzatori sociali».

 

E inoltre sui giornali di oggi:

Donne in pensione

Repubblica – In un’intervista (pag. 3), Brunetta si difende dalle accuse dell’opposizione e della Lega stessa per le sue posizioni relative alle pensioni e al lavoro femminile: studino prima di attaccare, dice il ministro: esiste una sentenza della corte di Giustizia europea che condanna l’Italia perché l’anticipazione dell’età pensionabile delle donne determina una discriminazione. La pensione infatti viene calcolata sulla base degli anni di servizio prestati e in base all’ultimo stipendio. Costringendo le donne ad andare in pensione cinque anni prima, le si condanna anche ad avere una pensione più bassa. Secondo il ministro, il punto è che si spende comunque troppo per le pensioni e troppo poco per il lavoro. La ricetta? Spostare le risorse dal sistema previdenziale al welfare: così si creerebbero oltre due milioni di occupati nei servizi.

Enti inutili?

Il Sole 24 Ore – Enti inutili, tutti salvi. Nonostante gli alti lai sulla crisi e gli sprechi, «gli enti pubblici non economici con meno di 50 dipendenti» sono stati tutti salvati. A vedere chi sono, c’è materia per fare un autentico salto sulla sedia: tra gli enti inutili figurano infatti la Lega italiana contro i tumori, l’Accademia della crusca, il Coni e perfino l’Agenzia per le onlus! L’articolo taglia-enti era contenuto nella manovra estiva, e la mannaia sarebbe dovuta scendere il 20 novembre; tuttavia sono state introdotte una serie di deroghe che hanno salvato molti organismi: niente taglio, per esempio,  per le federazioni sportive, ordini professionali, enti parco, enti di ricerca, enti che tramandano memorie della Resistenza, autorità portuali… Invece gli altri (in tutto nove), che non rientrano nelle deroghe – tra cui l’Agenzia delle onlus – avrebbero dovuto sparire. Ma non spariranno, almeno per ora. Dovranno però procedere, entro il 31 marzo 2009, a un riordino complessivo, come prevede un decreto interministeriale del 18 novembre, di prossima pubblicazione sulla GU.

Federalismo
Corriere della Sera – Giuseppe De Rita firma l’editoriale di oggi sotto il titolo “Il federalismo in affanno”. De Rita pone una duplice questione: «Primo, se la gravità della attuale crisi economica possa mettere in cono d’ombra  l’autopropulsione del localismo (e del federalismo) del Nord; e, secondo, se il grande potere che i politici settentrionali conquistano e gestiscono a Roma non possa alla fin fine nuocere alla endogena vitalità delle società e delle economie del nord…Circola la convinzione che il localismo e i mondi vitali del territorio non bastano più e che ci viole tanto intervento pubblico».

Fondazioni
Corriere della Sera – A Milano nasce la costola italiana della fondazione Ingrid Betancourt. Sarà guidata dall’amico di famiglia, Stefano Angelini. Ancora nessun finanziamento concreto, ma già molte promesse di sostegno a partire dalla nazionale cantanti.

Pillola abortiva
Corriere della Sera – La Ru486 sarà presto autorizzata dall’Agenzia del farmaco. Scoppia la polemica. Javier Lozano Barragan, ministro della Salute del Vaticano: «L’embrione è un essere umano con tutti i suoi diritti…La Ru rientra fra i farmaci che non sono tanto innocenti». Il ministro Meloni: le donne sappiano che è rischiosa. Silvio Viale, primo ginecologo ad aver sperimentato il metodo in Italia: «Le preoccupazioni sulla pericolosità non sono fondate».

Il Giornale – A pag. 13: intervista a Eugenia Roccella che dice «Arriva la Ru486 ma daremo battaglia. E’ troppo pericolosa. Chiederò aiuto alla Ue». Il fatto: l’agenzia italiana del farmaco ha annunciato l’entrata in commercio in Italia entro la fine dell’anno della pillola abortiva RU486. Ma già 26 ospedali la usano. Si tratta, dice il Giornale, di centri sanitari al Nord dove in 2 anni sono state 2mila le donne ad avere abortito chimicamente cioè senza intervento chirurgico. Emilio Arisi, dell’ospedale Santa Chiara di Trento che ha seguito 300 aborti con ru486 spiega che anche ora si può usare la pillola perchè la legge italiana consente di acquistare i farmaci all’estero e di usarli in Italia e la ru 486 è venduta in Francia. La Roccella dice che «sono una acerrima nemica della pillola ma non userò i cavilli per bloccare l’iter a livello di Agenzia del farmaco. Ritengo, però, che ci siano concreti rischi per la salute della donna e farò di tutto per tutelarla». Oltre all’intervista alla Roccella Il Giornale riporta le parole di Giorgia Meloni, ministro della Gioventù: «la somministrazione della pillola pone a tutti il dovere di informare correttamente le donne italiane che intenderanno farne uso poichè è un farmaco potenzialmente pericoloso per la salute della donna». E del Vaticano: «L’aborto resta aborto. Non si tratta di farmaco innocente».

Donazioni in busta paga

Italia Oggi – Un’ora di lavoro trattenuta e versata al mondo non profit. Arriva in Italia il Payroll giving.
Yes we can donare in beneficenza, direttamente con una trattenuta  sulla propria busta paga, ciò che si guadagna con 60 minuti di attività. Una pratica agevole, con regole ben precise, che, attiva da nani in alcuni paesi anglosassoni, inizia timidamente ad attecchire anche nelle grandi imprese italiane,
soprattutto grazie all’impegno del comitato Unora-Lavorare per bene, che riunisce sei fra le più importanti organizzazioni umanitarie nazionali ed estere ( Action Aid Italia;Associazione italiana Sclerosi Multipla, Amref, Lega del Filo d’oro; Terres del Hommes Italia e WwF Italia. Un interlocutore unico per “smuovere le coscienze” del mondo produttivo che, costituitosi nel luglio del 2007, ha sottoscritto finora il payroll giving a 30-40 grandi aziende sostenitrici di vecchia data di una o più associazioni che lo compongono. Da cui attende risposta per far decollare il progetto a partire dal mese di gennaio.
L’obiettivo, secondo il vicepresidente Gianluca De Tollis, «era creare una sinergia fra l’universo profit e quello non profit» con vantaggi per l’impresa ( come costi di gestioni minimi e un ottimo ritorno di immagine, interna ed esterna) e per l’impiegato (senza muoversi dall’ufficio compie una buona azione e può decidere in ogni momento di recedere»). L’azienda che aderisce all’iniziativa fornisce una lettera di presentazione ai dipendenti  in cui vengono illustrate le finalità del compensato e e la mission delle onlus che accompagnano Unora ( tre forniscono aiuto alle popolazioni in difficoltà in Africa e in paesi in via di sviluppo, una finanzia la ricerca contro una grave malattia, una assiste le persone pluriminorate e un’altra è impegnata a fermare il degrado ambientale del pianeta). Se interessato, il lavoratore non deve far atro che compilare un modulo di adesione, scegliere  quante ore del suo stipendio desidera donare e consegnare il foglio all’ufficio del personale; due sono le opzioni di destinazione del suo contributo: in parti uguali fra tutti i soggetti o il 50% a una singola organizzazione e il resto ripartito equamente fra le altre cinque. In Ottobre anche Equitalia ha accolto il Payroll giving, La raccolta interna destinata a Telethon 2008, serviva ad adottare un progetto di ricerca medico-scientifica.

Scarpe contro Bush

La Stampa – Bel pezzo del corrispondente da New York Maurizio Molinari sulla visita lampo di George W. Bush a Bagdad. La visita era stata pensata dalla Casa Bianca per sottolineare il positivo commiato del presidente della nazione che nel marzo 2003 decise di invadere, ma non tutto è filato liscio. Durante la conferenza stampa uno dei giornalisti iracheni presenti, Muntadar al Zeidi della tv Al Baghdadia con sede al Cairo si è tolto all’improvviso entrambe le scarpe lanciandole in direzione di Bush, che è riuscito a evitarle. Il presidente americano non se l’è presa più di tanto, ma le polemiche sull’intervento militare proseguono anche in patria: i media americani hanno pubblicato rivelazioni su un rapporto governativo di 153 pagine che ricostruisce i sei anni di guerra e ricostruzione imputando al Pentagono «fallimenti costati 100 miliardi di dollari».

 

 

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