Famiglia

Crisi e fisco: i numeri della stretta sul ceto medio

Per molte detrazioni, sicuramente quelle maggiormente utilizzate, si osserva un aumento della quota di contribuenti che chiedono la detrazione e un aumento dell’onere medio al crescere della classe di reddito, configurandosi così un chiaro problema di equità verticale del sistema fiscal. In allegato grafici e tabelle. Qui la sintesi.

di Redazione

La crisi che attraversa il nostro tempo, viene spesso rappresentata con  una cifra tutta economica: in gioco appaiono i fondamenti economico-produttivi ed occupazionali e gli indicatori di riferimento sono il PIL, i consumi, i redditi, l’occupazione. Rischiano di rimanere un po' in ombra invece quegli aspetti, altrettanto decisivi per l'avvenire, che attengono al profondo mutamento sociale causato dall'attuale crisi.
La disamina delle condizioni sociali ed economiche di un segmento del cosiddetto “ceto medio”, indagate attraverso la lettura dei dati degli utenti del Caf Acli, realizzata in collaborazione con l'Università Cattolica di Milano, apre degli squarci non ancora abbastanza analizzati sui processi di impoverimento e di  vulnerabilità che sempre più interessano i ceti lavoratori e le famiglie nel nostro Paese.

Attraverso le costanti storiche dell’integrazione sociale (lavoro, famiglia e welfare) questa ricerca coinvolge anche il futuro del welfare  per la popolazione probabilmente più esposta agli effetti  della recessione e della deindustrializzazione, e che manifesta una debole, e limitata nel tempo, capacità di resistenza alle difficoltà perduranti della crisi.
Questo crescente senso di incertezza e di maggiore esposizione ai rischi di povertà dei gruppi sociali che più contribuiscono, con il loro lavoro, allo sviluppo di tutta la società, che la ricerca individua, lancia un serio campanello d'allarme sui rischi di involuzione politica, ed aiuta a vedere i nessi tra il deterioramento della situazione economica e sociale e l'emergere preoccupante  di una  questione democratica.

Il campione dell'indagine risulta assai ampio: oltre 1 milione e 400 mila dichiarazioni nel 2011, che costituiscono il 3,3% del totale dei contribuenti (IRPEF), e ben il 7,5% se si prende in considerazione solo il modello 730.
Nel confronto con i dati generali la banca dati Acli mostra quindi alcuni punti di forza ed una peculiare e significativa composizione del campione, che fornisce un interessante profilo di «ceto medio popolare». Il campione Caf Acli, infatti,  è sotto rappresentato nelle fasce di reddito molto basse (inferiori a 10.000 euro) e sovra-rappresentato in quelle tra i 10.000 e i 50.000. Esso fornisce, inoltre, dei dati rilevanti sulle disuguaglianze di reddito che ancora perdurano tra i due sessi e sulla composita situazione lavorativa che caratterizza l'universo giovanile.

Il calo dei redditi dei contribuenti utenti del Caf Acli appare inequivocabile. Perché se è vero che in quattro anni, a livello nazionale, i redditi medi dichiarati sono cresciuti nominalmente di poco meno di 900 euro, ovvero del 4,02%, applicando tuttavia i coefficienti di rivalutazione, i redditi dichiarati nel quadriennio esaminato risultano in calo a livello complessivo (-1,08%) e in particolare guardando a quelli da lavoro dipendente (-3,12%); allo stesso modo la crescita dei redditi da pensione ne esce molto ridimensionata (+3,67%)
Rimanendo ai valori rivalutati, e guardando alla media complessiva, si conferma, in altre parole, il trend in discesa avviatosi già nel 2009 e mantenutosi successivamente sino al 2011

L'impoverimento delle famiglie è anche confermato da un altro dato: il campione Acli evidenzia una tendenza   verso un ulteriore consolidarsi dei redditi da lavoro dipendente e assimilati (+0,2 punti), a scapito dei redditi da fabbricati (-0,1 punti) e altri redditi (-0,1 punti). Questo trend risulta leggermente più intenso tra le coppie bi-reddito (+0,3 punti) e i vedovi (+0,4 punti).

Dopo un'analisi complessiva dei redditi la ricerca sui dati del Caf Acli si focalizza sulla efficacia delle politiche fiscali a ridurre le disuguaglianze.
Vengono proposte alcune osservazioni sulle cosiddette tax-expenditures, le agevolazioni e le esenzioni fiscali, che invitano a riflettere su come evitare che tale sistema diminuisca il grado di equità dei sistemi tributari, dando maggior beneficio ai soggetti più ricchi.

Il rapporto conferma che a fronte di un numero elevato di categorie di oneri detraibili, quelle per le quali viene richiesta detrazione da un numero elevato di soggetti sono poche: spese sanitarie (64% di contribuenti), assicurazioni sulla vita (23%), mutui ipotecari (15%), spese di istruzione (6%), spese attività sportive (6%). Nelle famiglie popolari, questo è il dato da cui partire, sono molti a richiedere la detrazione, ma le spese sono molto concentrate. Per molte detrazioni, sicuramente quelle maggiormente utilizzate, si osserva un aumento della quota di contribuenti che chiedono la detrazione e un aumento dell’onere medio al crescere della classe di reddito, configurandosi così un chiaro problema di equità verticale del sistema fiscale. La detrazione pesa in media l’1,1% del reddito lordo (per le classi di reddito tra 15.000 e 20.000 euro, le detrazioni d’imposta valgono l’1,4%). Nel caso degli oneri deducibili, due sono le categorie più rappresentate nel campione: contributi previdenziali ed assistenziali obbligatori, contributi per previdenza complementare esclusi dal sostituto. Anche in questo caso, la concentrazione rimane elevata (per i contributi obbligatori, il 42% dei contribuenti richiede la deduzione).

La ricerca osserva invece che le detrazioni per lavoro e carichi famigliari decrescono al crescere del reddito, mostrando il carattere più “equitativo” della misura fiscale. Ad esempio, nel 2011, la detrazione per la fascia 15.000-20.000 euro per lavoro ammonta a 1.220 euro (7% del reddito) e scende a zero per i redditi sopra i 75.000 euro Sempre nel 2011, la detrazione per la fascia 15.000-20.000 euro per carichi di famiglia ammonta a 891 euro (5% del reddito) e scende a 171 euro per i redditi sopra i 100.000 euro.

Vengono inoltre effettuate alcune simulazioni sulle detrazioni per le famiglie. Ad esempio, viene considerato l'effetto dell'aumento della detrazione per carichi famigliari previsto dalla normativa IRPEF. Fino al 2012 la detrazione potenziale per figli a carico era pari a 800 euro per figli di età superiore a 3 anni e numero di figli inferiore a tre. Dal 2013, questa detrazione sale a 950 euro. Per figli di età inferiore a 3 anni, la detrazione passa da 900 euro fino al 2012 a 1.220 euro dal 2013 Se i figli sono più di tre spetta una maggiorazione di 200 euro per ogni figlio, invariata tra 2012 e 2013. La maggiorazione per figli disabili passa invece da 220 euro fino al 2012 a 400 euro a partire dal 2013.

Dati alquanto interessanti e di estrema attualità, anche alla luce del dibattito sull'IMU, riguardano il settore immobiliare. Nelle dichiarazioni Caf-Acli il 74,3% dei contribuenti è proprietario di almeno una quota di immobili, mentre i contribuenti che hanno titolo di proprietà su più di un immobile sono circa il 40%. Il campione analizzato conferma il fallimento della cedolare sugli affitti, che è stata utilizzata da un numero limitato di soggetti (6,7%). Per quanto riguarda le prime case, l’introduzione dell’IMU ha comportato un aumento del carico d’imposta per tutte le classi di reddito.
Tuttavia, all’interno di ogni singola classe, non tutti i contribuenti hanno registrato un aggravio d’imposta: la quota di contribuenti che “guadagnano” dalla riforma cresce fino a quelli con reddito pari a 26.000 euro, per poi ridursi; in totale, il 41,4% dei contribuenti ha un carico fiscale ridotto rispetto all’ICI. Per quanto riguarda le seconde case, l’aggravio di imposta è generalizzato: l’aumento però è maggiore per i contribuenti con redditi più elevati Le statistiche del Caf-Acli confermano l’esistenza di una quota significativa di contribuenti poveri di reddito ma con più di un immobile di proprietà  che spesso però rappresenta l'ultimo baluardo contro la povertà e la garanzia di un minimo di avvenire per i figli. Per esempio, nella fascia di reddito tra 15 e 20.000 euro, un terzo dei contribuenti è proprietario di almeno una quota di immobile ulteriore rispetto alla prima casa; la base imponibile media è pari a 45 mila euro (contro i 66 mila della prima casa per la stessa fascia) questa percentuale sale al 50% nella fascia di reddito 35-50.000.


Infine la ricerca propone due interessanti ipotesi finalizzate a stimolare il dibattito sul fisco. La prima relativa ad una eventuale eliminazione di tutte le detrazioni per oneri. Si tratta di una manovra che – per i contribuenti Caf-Acli – comporterebbe un gettito aggiuntivo di circa 456 milioni di euro.
La seconda ipotesi riguarda l'introduzione di una Negative Income Tax.
L’imposta redistribuisce risorse se un contribuente le imposte le paga; i contribuenti più poveri non possono sfruttare appieno le detrazioni per carichi di famiglia e per redditi di lavoro perché l’imposta che dovrebbero pagare è troppo bassa, mentre la Negative Income Tax restituirebbe come trasferimento monetario ai poveri il 50% della differenza negativa tra imposta lorda e detrazioni. Si tratta di una manovra che – per i contribuenti Caf-Acli – comporterebbe un costo di circa 68 milioni di euro.
 


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