Famiglia

Crisi dimenticate: quando il silenzio uccide

Intervista esclusiva a Emanuele Giordana e Andrea Pamparana. Lo spunto? Il 1° rapporto di Msf su mass media ed emergenze umanitarie. Di Pierpaolo Poggianti

di Paolo Manzo

Dal nostro inviato Pierpaolo Poggianti Se ne parla poco e male. Per le più grandi crisi umanitarie del mondo non c?è proprio spazio nel palinsesto televisivo italiano. A dirlo è il primo rapporto dell?Osservatorio crisi dimenticate voluto da Medici senza frontiere che è riuscito a metter nero su bianco le cifre del disinteresse mediatico nazionale questi argomenti. In un ipotetica maratona di telegiornali lunga 52 giorni solo 15 minuti sarebbero stati dedicati alla cosiddetta top ten delle crisi dimenticate. Fra queste casi eclatanti come quello del Congo con il suo milione di morti per la guerra civile o emergenze sanitarie come la tubercolosi che continua a uccidere un uomo ogni 15 secondi. La ricerca ha monitorato per tutto il secondo semestre del 2004 i Tg di Rai, Mediaset e La7, nelle due edizioni principali, e 35 testate cartacee. Lo spazio tv dedicato alle emergenze è stato del 17,5%, una percentuale, però, pesantemente condizionata dell?Iraq (58%) e dalle considerazioni più politiche che umanitarie con le quali venivano accompagnati. Non sembra salvarsi neanche la carta stampata che in sei mesi fa registrare 949 menzioni delle quali solo 140 per i dieci casi più invisibili. I migliori sono stati RaiTre con il 22,6% e Avvenire con 228 articoli. Maglia nera, invece, a StudioAperto (10,1%) e a quattro testate, fra cui L?indipendente e Oggi, che hanno registrato un solo articolo in sei mesi. Intervista esclusiva a Emanuele Giordana (Lettera 22) e Andrea Pamparana (Canale 5) Emanuele Giordana e Andrea Pamparana vengono da due mondi molto distanti. Il primo è tra i fondatori di Lettera 22, un?associazione indipendente di giornalisti specializzata in politica estera che per sua natura sta dove i media non stanno e se ne va quando questi arrivano. L?altro, invece, è vicedirettore del TG5, noto ai più per aver raccontato da Milano gli anni di Tangentopoli, e adesso forzatamente alle prese con share e gradimento, i problemi tipici di una tv commerciale. Su di una cosa, però, sono d?accordo: non parlare delle ?crisi dimenticate? è una colpa. Vita: Al mondo ci sono decine di disastri umanitari completamente invisibili ai media. Perché? Emanuele Giordana: Le scalette dei telegiornali e i menabò dei quotidiani sono spesso dettati dall?agenda politica internazionale. Ci vuole coraggio a parlare di una situazione non al centro dell?attenzione internazionale. I media seguono i personaggi e senza di loro nessuno si muove. Andrea Pamparana: E? vero, un esempio che porto spesso è quello del Darfur. Sono oltre due anni che c?è in corso un disastro umanitario e noi l?abbiamo coperto complessivamente con tre servizi e solo quando è passato il sottosegretario agli esteri, Margherita Boniver. L?Africa è un continente ignorato dai media. La guerra del Congo ha fatto il quadruplo dei morti dello Tsunami asiatico, ma chi lo sa? Se facessimo una prova su cinquemila studenti risponderebbero in dieci e per quanto riguarda i giornalisti, meglio non provare. Vita: Televisione e carta stampata hanno degli approcci diversi nei confronti di questi conflitti invisibili? Giordana: Nel migliore dei mondi possibili tv e giornali andrebbero di pari passo. Alle immagini spetterebbe il compito di smuovere le coscienze mentre gli articoli avrebbero una funzione di approfondimento e analisi. Ma adesso è difficile parlare di ciò che non si è visto: le scene della tv sono il traino migliore che uno scritto possa avere. Senza di queste, in pochi rischiano la pagina. Pamparana: Ma i Tg hanno due grossi problemi: hanno bisogno di buone immagini e non possono parlare di un argomento per più di 90 secondi. In queste condizioni è impossibile affrontare certi argomenti. Da una parte manca un?adeguata copertura video, dall?altra si corre il rischio di non essere capiti. Per spiegare servirebbero intere trasmissioni, ma si crede non possano interessare al grande pubblico. E una tv commerciale non può permettersi di perdere ascolti. Giordana: Ma questa, è una nostra tara. Gli italiani sono un popolo di viaggiatori: il mio macellaio, lavoratore medio di provincia, avrà visitato cinquanta nazioni. E come lui ci sono milioni di persone interessate a cosa succede in giro per la Terra. Pamparana: Giusto, infatti abbiamo anche esempi europei che ce lo confermano. Oltre agli Usa, anche in Francia e Gran Bretagna esiste un?informazione diversa dalla nostra. Da una parte c?è una concezione del giornalismo differente, dall?altra ci sono motivi storici. Non è un caso che siano entrambe ex potenze coloniali. Parlare ai francesi di Congo richiama immagini e ricordi molto diversi da quelli che può elaborare un italiano. Vita: Ma allora a chi spetta la colpa di tutto questo silenzio? Giordana: La classe politica non può esimersi dalle proprie responsabilità. Sembra sempre indietro rispetto alla società civile e anche su questo argomento deve rincorrere lo sguardo, ormai globale, di imprenditori e volontari. Pamparana: E? vero, ma non dimentichiamoci anche dei media. Informare è un servizio al pubblico e se le tv commerciali hanno un alibi, così non può essere per chi commerciale non lo è.


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