Non profit
Crisi alimentare, “Il G8 non affronta le cause”
Un rapporto di Oxfam chiede al G8 di invertire il trend e riprendere a sostenere l'agricoltura nei Paesi colpiti dalla crisi alimentare
Gli aiuti dei Paesi del G8 agli agricoltori dei Paesi poveri sono scemati del 75% dagli anni Ottanta a oggi passando da 20 a 5 miliardi di dollari l’anno. Se si vuole combattare la crisi alimentare bisogna invertire il trend, raccomanda un rapporto di Oxfam reso pubblico alla vigilia del vertice dell’Aquila.
Il rapporto intitolato ‘Investing in Poor Farmers Pays: Rethinking How to Invest in Agriculture’ sottolinea che dopo la dura crisi alimentare esplosa lo scorso anno oltre un miliardo di persone soffre la fame.
Unione europea e Stati Uniti hanno continuato a sostenere com’è ovvio i propri agricoltori (nel 2007 l’Ue ha investito 130 miliardi di dollari e gli Usa 44 miliardi) ma da entrambe le parti dell’Atlantico si è fatto poco o niente, denuncia la ong, per frenare l’emorragia di aiuti e sostenere i coltivatori dei Paesi più colpiti dalla crisi alimentare.
AFRONLINE, il portale in inglese di Vita sull’Africa, ha intervistato Ndiogou Fall, presidente di Roppa, la rete delle organizzazioni contadine e di produttori agricoli, che mette insieme le piattaforme contadine di 12 paesi dell’Africa Occidentale per un totale di circa 45 milioni di agricoltori. Ropppa è sostenuta da ItaliAfrica, rete di ong, organizzazioni agricole e associazioni che da anni lavora al fianco dei contadini africani accompagnandoli nella lotte politiche e di lobbying per la costruzione di politiche agricole sostenibili tanto nel nord come nel sud del mondo.
Rispetto ai punti all’ordine del giorno del G8 sotto presidenza italiana, quali sono, secondo Roppa, le priorità per l’Africa?
Ci congratuliamo con il G8 di aver posto a crisi alimentare e l’agricoltura nell’agenda del prossimo summit. Ciò nonostante, mi preme sottolineare che ancora una volta la comunità internazionale passa sotto silenzio i veri problemi dell’agricoltura. Buona parte delle difficoltà incontrate dal settore agricolo africano sono dovute ad una cattiva governance e non crediamo che il G8 sia l’istituzione più legittima per risolvere questi problemi.
Qual è l’alternativa?
È prioritario riportare la governance agricola mondiale all’interno di un’istanza democratica delle Nazioni Unite dove ogni paese abbia una sua voce e non pesi in base a quanto apporta in termini economici, fattore, questo, che squalifica il G8 in termini di responsabilità di governance mondiale. Credo poi che si parli troppo poco dei veri problemi all’origine del deficit alimentare.
Quali?
Per esempio le politiche di aggiustamento strutturale tra gli anni 70 e 80, che portarono con sé una competizione sleale a livello di mercato e che la comunità internazionale ha continuato a sostenere, creando un sistema commerciale che favoriva i grandi esportatori e trasformava lo stesso cibo in oggetto di speculazione finanziaria. Un sistema che porta con sé gravi rischi, e la crisi alimentare ne è un esempio drammatico e tangibile.
Quali soluzioni proponete?
È necessario implementare misure protezionistiche, che significa promuovere la sovranità alimentare in ogni comunità restituendo ad ogni paese il diritto di definire senza alcuna ingerenza esterna la politica agricola più adatta alle proprie esigenze.
In secondo luogo, anziché promuovere l’agricoltura industriale, e cioè quella delle grandi imprese agricole, la Comunità internazionale dovrebbe sostenere le fasce più deboli e povere; la soluzione alla crisi passa in primo luogo dei piccoli produttori, i più numerosi in Africa e i veri protagonisti della produzione agricola globale. Insomma, dobbiamo rimettere l’agricoltura famigliare al centro delle politiche agricole.
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