Immigrazione

Crescono i residenti stranieri in Italia: sono 5,2 milioni. Crollano i permessi di soggiorno lavorativi 

Nel 2023 sono aumentati del 2,2% i cittadini di origine straniera residenti in Italia e sono crollati del 42,2% i permessi di soggiorno lavorativi rispetto al 2022. Continua il calo degli irregolari registrato dal 2019. Nel 2024 gli sbarchi sono stati poco più di 66mila, il 57,9% in meno rispetto al 2023. Questi sono solo alcuni dati pubblicati nel trentesimo rapporto di Fondazione Ismu sulle migrazioni. Ma per Nicola Pasini, segretario generale della fondazione, quando si parla di questo tema c’è ancora troppo «colesterolo ideologico»

di Francesco Crippa

In Italia crescono, del 2,2%, i cittadini residenti di origine straniera: nel 2023 erano 5,254 milioni rispetto ai 5,141 milioni del 2022. Questo è uno dei dati contenuti nel Rapporto sulle migrazioni, arrivato alla trentesima edizione, pubblicato da  Fondazione Ismu (tutti i dati si riferiscono al 2023) e presentato oggi 17 febbraio al Teatro Franco Parenti di Milano.

Complessivamente in Italia vivono 5,755 milioni di persone con background migratorio (solo il 91% tra loro ha la residenza). Le presenze totali sono calate dello 0,3% rispetto all’anno precedente. Il loro tasso di occupazione è di poco superiore al 61%. Gli alunni con cittadinanza non italiana sono 914.860, l’11% della popolazione studentesca nazionale.

Interessanti i dati sulle modalità d’ingresso: i permessi di soggiorno lavorativi, infatti, si sono quasi dimezzati (-42,2%), mentre sono in aumento quelli per ricongiungimento familiare, per asilo o richiesta di protezione internazionale e per motivi di studio. Continua il calo degli irregolari registrato dal 2019: Ismu stima che si attestino sulle 321mila unità (il 5,6% del totale dei presenti).

Quando si parla di immigrazione, però, il dato che più spesso viene preso in considerazione è quello relativo agli sbarchi. Nel 2024 sono stati poco più di 66mila, il 57,9% in meno rispetto al 2023. Per il Governo, si tratta di un dato positivo, mentre per i critici non ha nessun rapporto con una migliore gestione del fenomeno migratorio e anzi i controversi accordi con i Paesi di partenza, da cui discende la contrazione, degli sbarchi non fanno altro che perpetrare le violenze che subiscono i migranti. «È un dato che si può tirare dove si vuole», spiega a VITA il segretario generale di Ismu Nicola Pasini. «La strategia del Governo è quella di usarlo per dire di aver diminuito il numero di migranti. Dall’altro lato, coloro che criticano dicono che ci sono più barriere all’entrata che impediscono di raggiungere l’Italia. Il nostro compito, come Ismu, è descrivere, spiegare, interpretare questo fenomeno diminuendo il rumore che parte da pregiudizi di natura ideologica. Bisogna diminuire il tasso di colesterolo ideologico». Per questo, l’approccio della Fondazione è quello di una «spinta gentile» alla comprensione di un tema su cui, come è stato richiamato più volte dal palco della Sala Grande del Parenti, non esistono certezze. «Le società sono un costrutto culturale e la storia ci insegna che si costruiscono con chi arriva. Le società sono uno schema di cooperazione e conflitto tra coloro che già vivono in un luogo e coloro che arrivano», sottolinea Pasini. 

Tuttavia, il «colesterolo ideologico» porta spesso a mettere in correlazione temi che in realtà hanno ben poco a che fare l’uno con l’altro, come i flussi migratori e il tema della cittadinanza. «È un legame fondamentalmente errato, lo dimostrano gli studi», ha spiegato Ennio Codini, docente di Diritto costituzionale all’Università Cattolica del Sacro Cuore e responsabile del settore legislazione di Ismu. In ogni caso, ha aggiunto, «legiferare su questo tema è complesso», perché «tocca il cuore della tensione tra l’immigrazione vista come opportunità e l’immigrazione vista come rischio». Nel 2023, le acquisizioni di cittadinanza sono state 214mila, un quarto delle quali in Lombardia, seguita da Emilia-Romagna (12,6%) e Veneto (11,6%). 

Per quanto riguarda il rapporto tra fenomeno migratorio e lavoro, Ismu mette in evidenza una sensibile riduzione dei permessi di soggiorno per lavoro: -42,2%, probabilmente frutto dell’esaurirsi della spinta prodotta dai permessi per emersione del lavoro irregolare che nel 2022 ha assorbito il 72,6% delle richieste di permesso di soggiorno lavorativo. In ogni caso, ha sottolineato Laura Zanfrini, professoressa di Sociologia alla Cattolica e responsabile per Ismu del comparto economia, lavoro e welfare, si tratta di un dato che impone riflessioni sulla «eticità e sostenibilità dei processi migratori». La verità, ha attaccato, «è che i decreti flussi servono solo a produrre irregolarità e lavoro sfruttato». Secondo i dati Eurostat, i lavoratori con background migratorio presenti in Italia nel 2023 sono stati 2 milioni e 317mila, con un tasso di occupazione al 61,6% e un’incidenza sul totale della forza-lavoro del paese del 15,5%. Tuttavia, i profili lavorativi sono pressoché immutati rispetto agli anni passati: chi ha origini straniere ricopre, tendenzialmente, ruoli alla base della gerarchia professionale, nonostante leggeri segnali di miglioramento dovuti all’ingresso del mondo del lavoro delle seconde e terze generazioni, capaci di inserirsi in contesti preclusi ai loro genitori e nonni. I permessi lavorativi, dunque, sono al terzo posto della classifica dei motivi di ingresso in Italia nel 2023: al primo, il ricongiungimento familiare, al secondo la protezione internazionale. In quest’ultimo caso, nel 2023 il dato è sensibilmente più basso rispetto all’anno prima, ma ciò è dovuto al boom di richieste dovute allo scoppio della guerra in Ucraina; rispetto al 2021, invece, l’incremento è netto. I permessi per motivi di studio, infine, figurano al quarto posto, ma sono in aumento rispetto al 2022.

Venendo all’istruzione, il numero di studenti con cittadinanza non italiana è triplicato negli ultimi 15 anni. «La scuola dovrebbe essere al centro del processo di integrazione, ma non ciò vuol dire che lo sia», ha sottolineato Mariagrazia Santagati, che insegna Sociologia all’Università statale di Milano e cura l’area educazione di Ismu. «Ci sono delle disuguaglianze persistenti nei confronti di soggetti in condizione di fragilità, per esempio chi è qui senza famiglia». Proprio in questo senso dal Rapporto emerge un dato preoccupante: solo un minore straniero non accompagnato su cinque va a scuola. 

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