Non profit

Cresce la fiducia dei sardi sul lavoro svolto dal Terzo settore

Sono oltre 200mila i sardi che donano del tempo alle attività volontarie. Il giudizio sull’importanza del Terzo settore è passato dal 57% del 2020 al 71% del 2021, mentre il 72% delle persone pensa che l’importanza del ruolo sarà crescente nel prossimo futuro. I dati emergono dal “Rapporto SWG-IARES 2021 sul Terzo settore in Sardegna”, elaborato su richiesta delle ACLI Sardegna

di Redazione

Sono oltre 200mila i sardi (15% della popolazione isolana, erano il 13% nel 2020 e l’11% nel 2017) che donano del tempo alle attività volontarie, sebbene la gratuità non esaurisca lo spettro dell’impegno che un soggetto può avere nell’ambito del Terzo settore. Nei cittadini sardi il giudizio sull’importanza del Terzo settore è passato dal 57% del 2020 al 71% del 2021, mentre il 72% delle persone pensa che l’importanza del ruolo sarà crescente nel prossimo futuro. Sono soltanto alcuni dei dati che emergono dal “Rapporto SWG-IARES 2021 sul Terzo settore in Sardegna”, elaborato su richiesta delle ACLI Sardegna.

«Sono soprattutto i giovani sino ai 35 anni a dare un giudizio positivo sul Terzo settore, anche se non sono quelli più impegnati nel volontariato, superati dagli adulti tra i 36 e i 64 anni», è il primo commento di Franco Marras, presidente di ACLI Sardegna. «Il 40% dei sardi (erano il 30% nel 2020) dichiara di essere poco informato sulle attività del Terzo settore, pur riconoscendone l’importanza. Per questo motivo donano di più ad organizzazioni nazionali o internazionali e non a quelle sarde. Il 30% degli intervistati (un dato stabile rispetto al 2020) dichiara di aver fatto donazioni economiche al Terzo settore. A livello di singolo settore di attività, i settori socioassistenziale e sanitario sono quelli che ottengono il numero maggiore di donazioni, ma in termini di denaro donato, è la cooperazione internazionale che riceve le somme medie più elevate. La modalità preferita per la donazione è l’acquisto di beni che destinano una parte del ricavato in beneficenza, seguita dalla donazione con sms o telefono, dalla donazione spontanea in denaro e dal bollettino postale».

Solo 3,5 sardi su 10 utilizzano lo strumento del “Cinque per mille”, di questi il 21% eroga ad organizzazioni regionali il 79% a organizzazioni nazionali. Continua, quindi, ad emergere la necessità che il Terzo settore sardo investa in campagne informative per far conoscere meglio le attività svolte nei diversi campi di attività: considerando l’elevato valore sociale delle attività portate avanti in questo ambito, potrebbe essere un soggetto istituzionale, come il governo regionale o nazionale, o partner come le Fondazioni bancarie, a promuovere un’apposita campagna di conoscenza delle attività e dei soggetti del Terzo settore al fine di valorizzare il valore intrinseco in termini di capitale sociale e beni relazionali che gli operatori di queste organizzazioni offrono alla società. Le rilevanti differenze che, in alcuni casi, emergono tra le province sono lo specchio delle diverse realtà provinciali in cui le organizzazioni del Terzo settore operano e che riflettono anche il deficit, in termini di servizi, che caratterizza alcune aree e che rende complesso l’operato del Terzo settore.


Claudio Atzori, presidente di Legacoop Sardegna, sottolinea che «i dati dimostrano come a questa crescente responsabilità e riconoscimento da parte dei cittadini deve corrispondere una capacità di aggregazione del Terzo settore e un suo essenziale coinvolgimento nei tavoli politici della programmazione». Per Maria Pina Casula, presidente di UISP Sardegna, «la pandemia ha dato uno slancio alla conoscenza e alla visibilità del Terzo settore, che è arrivato in anticipo rispetto alle istituzioni e anche là dove queste non riescono ad arrivare. Il maggiore impegno femminile nel volontariato va analizzato: potrebbe essere un segnale di tempo in più per la maggiore disoccupazione femminile».

«La coesione del Terzo settore nel suo insieme – è il parere di Lucia Coi, presidente di Anfas – è lo strumento per far crescere la conoscenza delle attività e della presenza da parte dei sardi. Solo questo può portare ad un Terzo settore che ottiene donazioni dal privato e non dipende dalla burocrazia pubblica». Stefania Gelidi, portavoce del Forum del Terzo settore, fa notare che «dal rapporto emergono luci ed ombre ma certamente sono più evidenti le prime. Il fatto che il Terzo settore spesso sostituisca i buchi delle istituzioni, porta a farci confondere con le istituzioni stesse, altre volte appariamo solo come erogatori di servizi, spesso sostitutivi, ma senza far emergere il valore aggiunto».

Carlo Mannoni, direttore della Fondazione di Sardegna, ricorda come «la pandemia ha fatto emergere tra i cittadini cose che erano sempre date per scontate, come un sistema sanitario pubblico, e in qualche modo anche la presenza e il valore del Terzo settore. Le urgenze che emergono dal rapporto è la necessità di rafforzare la visibilità del Terzo settore sardo non solo comunicando ma anche aggregando il sistema per renderlo palese e forte come le grandi organizzazioni».

Mauro Carta, vicepresidente regionale ACLI, raccoglie le questioni emerse e rafforzato l’impegno dell’Associazione isolana a proseguire nell’osservatorio di SWG e Iares. Inoltre, propone «la costruzione di un Tavolo insieme al Forum per implementare le proposte emerse su comunicazione, aggregazione e rapporto con le istituzioni, alla luce della riforma del Codice del Terzo settore».

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