Mondo

Cresce il numero delle class action americane

A sostenerlo è una ricerca condotta dalla PriceWaterHouseCoopers e ripresa dall’edizione americana del Financial Times

di Francesco Maggio

Cresce, nel 2004, il numero delle società internazionali oggetto di azioni collettive da parte degli azionisti statunitensi. A sostenerlo è una ricerca condotta dalla PriceWaterHouseCoopers e ripresa dall?edizione americana del Financial Times. Secondo quanto emerso dallo studio della società di consulenza, nell?attuale esercizio fiscale le ?class-action? presentate dagli investitori americani hanno già toccato quota 21 ad un passo dal record di 23 raggiunto nel 2002 e destinato ad essere superato prima della fine dell’ anno. A determinare l?incremento delle azioni legali indirizzate verso società quotate d?Oltreoceano – lo scorso anno erano state 15 ? l? inasprimento delle norme sulla contabilità imposte dalla legge anti mele marce Sarbanes-Oxley. Questa – viene osservato da PricewaterHouseCoopers – ha costretto le aziende ad incrementare le spese per controlli esterni indipendenti e i loro amministratori delegati e direttori finanziari ad assumersi responsabilità in prima persona (controfirmando i bilanci) per le eventuali irregolarità emerse nei conti. ”Non penso – osserva Grace Lamont, estensore della ricerca – che vi sia una particolare ostilità nei confronti delle aziende europee o non americane: quello che è cambiato è il contesto” legislativo. Non a caso ? sull?onda della Sarbanes-Oxley varata per reprimere frodi e abusi – il 65% delle azioni collettive aperte nei confronti di aziende straniere quotate in America riguarda problemi di natura contabile. Tra i casi più rilevanti oggetto di ?class action?, spiccano quelli dell?italiana Parmalat, della compagnia petrolifera anglo-olandese Royal Dutch Shell, del colosso canadese delle tlc Nortel Networks e della fornitrice di lavoro temporaneo Adecco.


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