Famiglia

Creare una società più giovane: obiettivo comune

Di contro alla provocazione ideologica che riduce la vita dei nostri anziani a “valore di scambio” e a limiti culturali a guisa di “scarti sociali”, si riscopra il valore profondo di un patto intergenerazionale, che, pur investendo decisamente sulle giovani famiglie – attraverso idonei provvedimenti strutturali volti a favorire un maggiore incremento della natalità – non si esima dal convertire in fattore determinante il significativo patrimonio esperienziale della “terza età” per la crescita e la coesione sociale del nostro Paese.

di Matteo Ruggeri* Angelo Palmieri** Carlo Drago

Da tempo si discute sulla necessità di ridisegnare il nostro sistema di protezione sociale. Ci si interroga sull’urgenza di un ripensamento delle politiche di sostegno alle famiglie con l’individuazione di misure più adatte a proteggere il loro reddito e con l’attenzione dovuta al “carico assistenziale” che la genitorialità esprime, soprattutto in relazione alla conciliazione dei tempi di vita e del lavoro.
A tale riguardo si discute della portata storica dell’assegno unico e della più complessiva revisione dei provvedimenti per le famiglie in materia fiscale (Family Act) con previsioni non univoche quanto alla sostenibilità degli interventi in termini di risorse necessarie da mettere a bilancio. Non pochi sono i nodi da sciogliere.

Assistiamo a scenari sociali inediti, accelerati dall’attuale emergenza sociale, ma già in essere con la crisi finanziaria del 2008, situazioni le più disparate che obbligano a ripensare l’orientamento di fondo delle politiche e dei modelli di sviluppo sociale oltre che economico.
L’incentivo a programmare azioni a favore della crescita demografica e a sostegno delle famiglie si rende ancor più necessario alla luce di previsioni che già lasciano intravedere l’insostenibilità del nostro sistema di welfare dal punto di vista pensionistico e sanitario.
È infatti del tutto evidente lo squilibrio tra l’alta aspettativa di vita e la bassa fecondità nel nostro Paese.
La fecondità sempre più bassa rappresenta l’indicatore che esprime con chiarezza lo stato di malessere demografico del Paese.

Il nostro incremento demografico risulta tra i più bassi della Comunità Europea a fronte di un indice di vecchiaia tra i più alti con evidenti conseguenze in termini di crescita della spesa pubblica e di complessiva decrescita della produttività.
Questo genera una serie di squilibri a livello sociale con conseguenze a dir poco drammatiche sui livelli di diseguaglianza che inevitabilmente finiscono per incidere sui redditi bassi, sui livelli occupazionali insufficienti, sugli oneri di cura dei figli e degli anziani, sulle strutture familiari sempre più provvisorie.

In questo senso, la crescita demografica e, in particolare, il “ringiovanimento della società”, divengono un ammortizzatore che consente, in prospettiva, agli stessi anziani di contare, in un'ottica di patto intergenerazionale, su un sistema di welfare abbastanza generoso in quanto finanziato da coorti più giovani.

Si rende necessario interpretare il concetto di “ringiovanimento o rinnovamento della popolazione” nella sua accezione non solo quantitativa, ma qualitativa: capitale umano, creazione di reti sociali, maggiori pari opportunità, inclusione sociale, conciliazione più compiuta ed efficace dei tempi di vita e lavorativi.

Purtroppo spiace dover ammettere che da tempo è fallita la sfida che consisteva nel mantenere il nostro sistema di welfare basato interamente su un patto intergenerazionale, e questo di certo non solo a causa della decrescita demografica.
Assistiamo ormai da anni ad una contrazione del sistema di offerta di servizi per le famiglie e ad una frammentazione di misure di sostegno al reddito con inevitabili ricadute anche psico-affettive fra disagio familiare e minorile.

Ne è derivata la consistente presenza di nuclei familiari multiproblematici, con marcate differenze per aree territoriali, che espone le nostre comunità alla riproduzione di forme acute di esclusione e conflittualità con un alto rischio di ghettizzazione, complessità, questa, resa ancor più evidente dall’attuale emergenza sanitaria.
Ciò sprona all’urgenza di una riflessione sull’adozione di policy ispirate alla salvaguardia dei trasferimenti intergenerazionali rimasti (ad esempio quelli inerenti la tutela del diritto alla salute) ed al ridisegno di nuovi schemi atti a sancire un nuovo patto sociale fra generazioni su nuove basi che non escludano, accanto ai sussidi alle famiglie, anche interventi a favore dell'invecchiare in modo attivo, riconoscendo il plusvalore che il contributo degli anziani fornisce alle nostre comunità.

L’inevitabile invecchiamento va visto non come un processo inarrestabile verso un appuntamento di “nonsense” con la storia, bensì come un’opportunità che ti fa scoprire nuovi ruoli e nuove identità sociali.

Di contro alla provocazione ideologica che riduce la vita dei nostri anziani a “valore di scambio” e a limiti culturali a guisa di “scarti sociali”, si riscopra il valore profondo di un patto intergenerazionale, che, pur investendo decisamente sulle giovani famiglie – attraverso idonei provvedimenti strutturali volti a favorire un maggiore incremento della natalità – non si esima dal convertire in fattore determinante il significativo patrimonio esperienziale della “terza età” per la crescita e la coesione sociale del nostro Paese.


*Ricercatore, Istituto Superiore di Sanità – Docente di Politica Economica, St. Camillus International University of Health Sciences;

**Sociologo e Dottore di Ricerca in Economia e Gestione dei Servizi Sanitari;

*** Ricercatore in Statistica Economica Università degli Studi Niccolò Cusano, Roma – Reader in Research Methods and Statistics, NCI University, London;

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