Formazione

Cral, un tesoro sprecato

Più di mille impianti polivalenti di livello medio-alto, molti di proprietà di imprese pubbliche. Che li stanno svendendo.

di Pasquale Coccia

Al termine di una giornata lavorativa caratterizzata da lunghe ore di vita sedentaria, trascorse in ambiente chiuso, accaldato, si avverte sovente il bisogno di ritemprarsi sul piano psicofisico con una nuotata, una partita a tennis o a calcio. Meglio se l?impianto sportivo è collocato nelle vicinanze del luogo di lavoro. Sono nati con questo intento i Cral (circoli ricreativi aziendali lavoratori), costituiti soprattutto negli anni Sessanta dalle principali aziende italiane private e pubbliche, e gestiti dall?Enal fino al 1974 anno della sua soppressione, in seguito alla quale sono diventati autonomi. Strettamente collegate alle attività dei cral, le strutture atte a qualificare il tempo libero dei lavoratori costruite dalle aziende: le sale cinematografiche,teatrali, gli impianti sportivi. Un patrimonio immobiliare che oggi ha il valore complessivo di alcune centinaia di miliardi . Sono 5 mila i cral esistenti sul territorio nazionale e il loro volume di affari è di ottomila miliardi annui, secondo le stime fatte dalla Fitel( Federazione italiana tempo libero), un organismo unitario istituito dalle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil che ha il compito di coordinare le attività dei circoli ricreativi. E proprio sul piano sportivo il patrimonio degli impianti è piuttosto consistente. Secondo i parametri fissati dagli esperti del Coni sono 1200 gli impianti classificati di livello medio-grande e polivalenti, la metà dei quali è sottoutilizzato, come ha denunciato la Fitel al suo recente congresso tenuto a Orvieto, a causa di una politica di chiusura che riserva ai soli soci l?accesso alle strutture. Molti dipendenti, vivono distanti dai luoghi dove sorgono gli impianti sportivi e finiscono per non utilizzarli durante il loro tempo libero, ma se hanno voglia di praticare un?attività motoria, devono paradossalmente far ricorso alle strutture private. La conseguenza è che gli spazi vengono utilizzati solo in parte rispetto ai costi di gestione. Al danno, però, si aggiunge la beffa, visto che la metà appartiene ad aziende pubbliche e costruiti con i fondi del bilancio, frutto delle tasse dei cittadini. Perché non consentire ai giovani, agli anziani, ai disabili di fare sport a prezzi accessibili presso gli impianti dei cral? Sarebbe un passo avanti verso quella politica dello sport per tutti tanto sostenuta dall?associazionismo sportivo, spesso animato di buone intenzioni, ma sempre alla ricerca affannosa di spazi dove promuovere l?attività motoria. Alcune centinaia di impianti, inoltre, versano in stato di abbandono oppure sono stati chiusi a causa della cessata attività di alcune aziende, denunciano le organizzazioni sindacali. A questo si aggiunge il tentativo da parte di grandi aziende pubbliche, come le Ferrovie dello Stato, di svendere il vasto patrimonio immobiliare sportivo per ridurre i costi di gestione e far quadrare i bilanci, oppure di appaltare la gestione delle attività ai privati, che nulla hanno a che fare con lo sport sociale e altre iniziative di aggregazione tra i lavoratori, bensì con la politica del tempo libero finalizzata al profitto. E il tentativo di mettere in liquidazione questo patrimonio riguarda anche altre strutture come le 400 sale cinematografiche dei cral, che se ben collegate tra loro potrebbero costituire un valido circuito alternativo a quello di Cecchi Gori e di Berlusconi, e dare spazio a quei registi giovani impegnati a realizzare film o cortometraggi su tematiche sociali che, invece, attualmente hanno vita breve, semplicemente perché non sono commerciali e, dunque, non fanno cassetta in tempi rapidi. Cifre sorpresa Cral esistenti in Italia       5.000 Iscritti                       12 milioni Volume di affari           8.000 miliardi Impianti sportivi polivalenti   1.200 Sale cinematografiche          400


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