Sostenibilità
Costoso, pericoloso, inutile: ecco tutti i veri record del Ponte
Il j'accuse del geologo Mario Tozzi contro un'opera simbolo
di Redazione
Cinque miliardi per un’infrastruttura non giustificata dai volumi di traffico (in costante discesa), nella zona più sismica del Mediterraneo. E con attorno un panorama di strade e ferrovie sconfortante
«Il Ponte sullo Stretto? Sarebbe come mettere un’autostrada tra due mulattiere. Nell’area a maggior rischio sismico del Mediterraneo». Mario Tozzi, geologo e primo ricercatore del Cnr, conduttore e autore televisivo, presidente del Parco nazionale dell’Arcipelago toscano, è impegnato da anni nel portare acqua al mulino dei «No al Ponte». Un no motivato da forti valori tecnici e scientifici: «Un’opera sbagliata nel posto sbagliato».
Ecomondo: Cominciamo da qui…
Mario Tozzi: Di suo l’opera non sembra avere i criteri di utilità che sono necessari per un’opera così costosa. Si prevede un aumento del traffico che non ci sarà mai, oggi gli spostamenti sono in diminuzione. In sé l’opera non è giustificata nei fatti, e in più il posto è davvero il più sbagliato del Mediterraneo, dove c’è stato il terremoto più grave dell’intera storia del bacino. Ancora non è studiato a sufficienza e non si sa nulla della grande spaccatura sottomarina che avrebbe provocato quel sisma. Molto poco si sa delle grandi frane che potrebbero interessare il versante calabrese, che in questi giorni, a livello minore, hanno interessato tutta la Salerno-Reggio Calabria. Insomma, rischia di essere un po’ come la diga del Vajont, un’opera che tecnicamente può essere fatta bene – a parte l’utilità – ma in un posto che può diventare molto pericoloso.
Ecomondo: Vogliamo riassumere con qualche numero il progetto?
Tozzi: Sarà il ponte a campata unica più grande del mondo, più di 3.500 metri – non c’è al mondo nessun ponte così, e anche questo è un dato che dovrebbe far riflettere -. Il ponte più lungo (1.500 metri) è in Giappone e l’hanno già spostato una volta proprio dopo un terremoto. Peserà 166mila tonnellate di acciaio e cemento con delle torri alte più di 400 metri per ancorare i blocchi, dunque più alte dell’Empire State Building e dovrebbe consentire il passaggio di 10mila veicoli al giorno, o due o tre volte tanto, una cifra che in questo momento non ha nessun senso. Sarebbe sospeso a 65 metri d’altezza, dunque con un impatto paesaggistico che di fatto annullerebbe lo Stretto: diventerebbe un golfo, una baia. Tanto è un’opera fuori dall’ordinario che non si sa nemmeno se ci sono i materiali per sorreggere quel peso.
Ecomondo: Ci sono altri motivi per dire no al Ponte sullo Stretto, a parte i rischi sismici?
Tozzi: Intanto si prevede che debba resistere ad un terremoto di 7,1 gradi Richter: e se il prossimo terremoto sarà più forte? Chi è che può escluderlo? Ma poi ci sono altri motivi: l’impatto paesaggistico, i legami con la malavita. In più sarebbe un grande spreco di denaro pubblico, si è visto che questi grandi collegamenti sono sempre in perdita: il ponte tra Svezia e Danimarca per un terzo dev’essere remunerato con denaro pubblico, il Golden Gate perde 31 milioni di dollari l’anno! Il Tunnel sotto la Manica è in perdita, tant’è che deve intervenire il governo. Insomma, è un modo di stornare fondi pubblici, per la costruzione e la manutenzione, che andrebbero invece investiti per la ristrutturazione anti sismica di Reggio e Messina».
Ecomondo: Come WWF abbiamo spesso sottolineato la sproporzione tra la grande opera e le tante piccole opere ordinarie necessarie per rimettere in sesto un territorio dissestato…
Tozzi: 4-5 miliardi di euro quando hai un’autostrada chiusa per 60 chilometri per frana, che non ha una terza corsia e i lavori sarebbero completati forse tra vent’anni. Le ferrovie in Sicilia sono ancora a binario unico, tant’è che ci si mette ancora un tempo spropositato per andare da Messina a Palermo o a Catania. Dunque è come mettere un’autostrada tra due mulattiere. Per non parlare di tutti gli altri interventi territoriali piccoli, naturalistici, di cui avrebbe bisogno la Calabria – che ha il 100% dei comuni a rischio idrogeologico – per vivere in sicurezza. Questa sproporzione nel caso del Ponte diventa una contraddizione insopportabile.
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