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Costi/Piemonte: lettera di Cota agli enti

Il governatore risponde ai presidenti delle associazioni preoccupati per la disparità di trattamento delle coppie: al centro del dibattito la funzione dell'Agenzia pubblica

di Benedetta Verrini

Il tema delle adozioni internazionali ha tenuto banco quest’estate in Piemonte, con un botta e risposta tra alcuni enti autorizzati e il governatore Roberto Cota, che con una lettera del 6 settembre ha replicato alle osservazioni delle associazioni.

Al centro del contendere, le tariffe praticate alle coppie dall’ARAI (l’Agenzia regionale per le adozioni internazionali, l’unico ente pubblico operativo in Italia) e le risorse che la regione riserva a questo organismo per “progetti di cooperazione internazionale a favore dei minori”.

Per quanto riguarda i costi della “fase in Italia” del percorso, il 6 luglio scorso i presidenti di NAAA, Ai.Bi., ENZO B, Associazione “Brutia”, Centro Aiuti per l’Etiopia, Associazione I Fiori Semplici, Istituto la Casa hanno scritto al presidente della regione rilevando che le tariffe applicate dall’Arai sono “palesemente inferiori a quelle applicate dagli altri enti autorizzati non solo nelle altre Regioni italiane ma anche – ed è questo che preoccupa – nella stessa Regione Piemonte. Le coppie adottive che scelgono di essere accompagnate dalla ARAI, persino se rientrano nella più alta fascia di reddito, si trovano a corrispondere quasi tremila euro in meno rispetto alle coppie che scelgono gli altri enti”.

“E’ evidente”, prosegue la lettera, “che questa situazione è determinata dai fondi regionali che la Regione Piemonte destina all’ARAI e che consentono all’Agenzia di contenere la quota del costo dei servizi riversata sulle coppie”.

“Se da un lato tali misure sono da noi accolte con soddisfazione, perché tese alla garanzia dell’uguaglianza di fatto e, comunque, ad ampliare il bacino di accoglienza dei minori adottabili, d’altra parte non possiamo non allarmarci per la situazione di disparità che si viene a creare tra le coppie che adottano con l’ARAI e quelle che scelgono di essere accompagnate da uno degli altri enti autorizzati nella Regione Piemonte”.

“La consistente differenza delle tariffe per i servizi resi in Italia realizza una disparità nella fruizione delle tariffe agevolate da parte delle coppie adottanti che ci sembra inspiegabile visto che gli altri enti autorizzati in Piemonte svolgono il medesimo servizio pubblico offerto dall’ARAI. A noi sembra dovuta una equa distribuzione agli utenti dei fondi della Regione che vengono attualmente destinati all’ARAI”.

Equa distribuzione, prosegue la lettera, che dovrebbe essere garantita anche nell’assegnazione dei fondi regionali per la cooperazione all’estero in favore di minori: “Non si comprende per quale motivo i fondi che nel bilancio della Regione risultano riservati alla “realizzazione di progetti di cooperazione internazionale a favore di minori” vengono trasferiti alla sola ARAI e non distribuiti mediante bando aperto alla partecipazione di tutti gli enti. Il fatto che l’adozione internazionale – in ragione del principio di sussidiarietà di cui all’art. 4 della Convenzione de L’Aja del 1993 – sia una misura di cooperazione internazionale è certamente riferibile all’attività svolta da tutti gli enti e non dalla sola ARAI”.

“Per tutto quanto illustrato chiediamo che, in nome del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione e nell’interesse delle coppie residenti in Piemonte, l’accesso ai fondi regionali venga esteso anche agli altri enti operanti in Piemonte e che la Regione, in attuazione dell’art. 5 della legge regionale n. 30/2001, insieme ad ogni altro ente competente, provveda a regolamentare l’accesso a tali fondi”.

Una settimana fa è arrivata la risposta del presidente Cota (pubblicata in originale sul sito dell’Arai). Il governatore puntualizza che con un decreto regionale del 27 luglio scorso (n.3-2413), la regione ha “provveduto a un adeguamento delle quote di compartecipazione dovute dalle coppie che conferiscono incarico all’Agenzia per le adozioni internazionali”.

Al fine di uniformarsi alle indicazioni della Cai e garantire la sostenibilità economica del servizio reso dall’agenzia, la regione ha individuato 3 differenti quote: una per i servizi resi in Italia, una per i servizi resi all’estero e una terza quota per le relazioni post-adottive.

La lettera poi richiama anche altri strumenti messi in campo a favore delle coppie, dai corsi di preparazione/informazione all’adozione fino ai contributi a sostegno di chi adotta minori “special needs” (maggiori di 12 anni o portatori di handicap certificato), di cui il Piemonte è la sola regione a farsi carico con un provvedimento che risale al 2003.

Sul fronte dell’effettiva uguaglianza dei costi sostenuti dalle coppie e sulla possibilità di partecipare con bando alle risorse regionali, di fatto, non si trova risposta.

Ecco la conclusione del governatore, che auspica un clima di collaborazione:

“Si ritiene che l’impegno congiunto dell’amministrazione regionale e dell’Arai vada letto in una chiave complessiva di sostegno e valorizzazione del sistema piemontese del “fare adozione”, un sistema composto da attori pubblici e privati, che hanno competenze e ruoli differenziati, ma che finora hanno dato prova di serena collaborazione, a beneficio delle coppie aspiranti all’adozione, ma soprattutto dei bambini che attendono una famiglia adottiva”.

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