Mondo

Costa d’Avorio: primi passi verso la pace

Il presidente sudafricano Mbeki riesce a strappare alle parti in conflitto un'intesa per rilanciare la pace

di Joshua Massarenti

Dopo cinque giorni di riunioni infinite, il presidente sudafricano Thabo Mbeki ha annunciato ieri a Abidjan, in Costa d’Avorio, l’impegno preso da tutti gli attori protagonisti del conflitto ivoriano a rilanciare un processo di pace agonizzante. Quattro sono le proposte di Mbeki sottoscritte da il regime Gbagbo e gli ex ribelli per l’applicazione degli accordi di Marcoussis del 2003: le riforme politiche (tra cui le condizioni di eliggibilità del futuro presidente ivoriano), il disarmo, il ritorno in funzione dei ministri “ribelli” in seno al govberno di “riconciliazione nazionale” e il “ritorno della sicurezza” su tutto il territorio. Ma se le parti in conflitto hanno aderito “sulla carta” alle proposte di Mbeki, rimane interamente aperto il problemo dell’applicazione temporale di queste proposte. La questione del calendario è cruciale perché sta all’origine degli ultimi drammatici scontri del novembre scorso. Ex ribelli e Gbagbo infatti si sono resi protagonisti di un interminabile braccio di ferro sulle questioni dell’eligibilità e il disarmo. Nel campo della ribellione, la riforma dell’articolo 35 della Costituzione sulle condizioni di eligibilità del presidente della Repubblica ivoriana doveva precedere il disarmo degli ex ribelli, mentre per il clan Gbagbo, disarmare gli ex ribelli era una condizione sine qua non per avviare le riforme politiche. Che il problema sia scottante lo rivela il rifiuto di Mbeki di annunciare il calendario dell’applicazione delle proposte. Il programma è stato consegnato ai contendenti solo ieri e solo nel corso di questo mese “si avrà le idee più chiare”. Per favorire trattative e riflessioni, l’Unione Africana ha deciso di posticipare la data della riunione dei 15 capi di Stato dei Paesi membri del Consiglio di pace e di sicurezza dell’Ua dal 15 dicembre al 10 gennaio 2005. Una buona notizia è giunta comunque dal clan Gbagbo. Fin lì inflessibile sulla questione dell’eligibilità, Gbagbo si è già reso disponibile ad una procedura di revisione dell’articolo 35 della Costituzione. In realtà, l’emendamento è cosa facile sul piano pratico perché l’ostacolo è puramente… lessicale. Infatti, l’articolo prevede l’eligibilità alla presidenza solo per quei ivoriani “nati di padre e madre ivoriani, essi ivoriani di nascita”. Con l’emendamento, potrebbero ambire alla poltrona presidenziale tutti coloro “di padre o di madre ivoriano”. In apparenza, un cambiamento ridotto all’osso, ma che nei fatti avrebbe implicazioni fondamentali. Già, perché tra le cause che hanno sprofondato la Costa d’Avorio in una guerra civile che dura da ormai due anni, vi è il rifiuto costituzionale della candidatura di Allassane Ouattara, ex primo ministro il cui padre è nato in Burkina Faso.


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