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Costa d’Avorio nel caos

Scontri violentissimi tra i clan Gbagbo e Ouattara dopo le elezioni

di Joshua Massarenti

Tutti la temevano, e ora è arrivata. La prima giornata di scontri che ha opposto i sostenitori di Alassane Ouattara, il presidente della Costa d’Avorio riconosciuto dalla Comunità nazionale e le forze di difesa e di sicurezza (Fds) rimaste fedeli al presidente uscente Laurent Gbagbo si è chiusa oggi con un bilancio drammatico, ma ancora da accertare. I pro Ouattara parlano di 30 morti, dieci in più rispetto alla conta effettuata dai sostenitori di Gbagbo.

La marcia pro Ouattara repressa nel sangue

Le violenze hanno iniziato ieri mattina a Abidjan, la capitale economica ivoriana, dove centinaia di manifestanti avevano risposto all’appello lanciato martedi’ scorso da Ouattara per organizzare una marcia contro Gbagbo con l’obiettivo di impadronirsi della sede della Radio e Televisione nazionale (media statale controllato dal presidente uscente) e degli uffici del governo nei quali il Primo ministro di Ouattara, Guillaume Soro, vuolo installare il suo gabinetto.

Una fonte citata dall’agenzia del Vaticano, Fides, ha sostenuto che “vi sono stati scontri in diversi quartieri della capitale ma l’area intorno alla Radiotelevisione ivoriana è rimasta calma anche se presidiata dalla forze dell’ordine, segno che i manifestanti non sono riusciti a raggiungerla”.

All’alba, le forze dell’ordine sono state dispiegate in molte aree della città per impedire i sostenitori di Ouattara di organizzare la loro marcia. Secondo l’Agence France Presse, elementi delle Fds pesantemente armati sono intervenuti con mezzi blindati nei quartieri di Adobo e Cocody facendo uso di lacrimogeni.

Scontri armati intorno al quartier generale di Ouattara

Nel pomeriggio gli scontri si sono spostati nei pressi dell’Albergo in cui Ouattara ha installato il suo quartier generale. In un raggio di un chilometro quadrato, i membri delle ex Forze Nuove di Soro e i militari pro-Gbagbo hanno sparato senza sosta tra il rimbombo delle esplosioni. Secondo un bilancio ufficiale, ma provvisorio, ci sono stati due morti tra le Foze Nuove e sette soldati uccisi nelle fila delle forze dell’ordine di Gbagbo. Ieri sera circa 800 caschi blu si sono posizionati attorno all’Hôtel du Golf per garantire la sicurezza al quartier generale di Alassane Ouattara.

Le violenze di Abidjan seguono quelle che si erano verificate mercoledì a Yamoussoukro, la capitale amministrativa, i sostenitori di Ouattara si sono scontrati con le forze di sicurezza e di difesa vicine a Gbagbo. Il bilancio è di una quindicina di feriti, alcuni dei quali gravi.

La sfida tra Blé Goudé e Guillaume Soro

Ieri il ministro della Gioventù e del lavoro pro-Gbagbo, Charles Blé Goudé, noto per le sue posizioni estremiste aveva definito l’appello di Ouattara “una provocazione, anzi una dichiarazione di guerra” contro la quale i patriotti vicini a Gbagbo sono pronti a “reagire”. Pronta la risposta di Soro che ha lanciato un appello ai pro Ouattara per “non lasciarsi impressionare dalla dittatura dei carri armati e reclamare la libertà di informazione nei media di Stato”.

La presenza dei mercenari

Sempre le ex Forze Nuove hanno denunciato il massacro di venti persone a Tiébissou, nel centro del paese, dove sarebbero giunti dalla Liberia dei mercenari reclutati da Gbagbo per seminare il terrore in Costa d’Avorio e perseguire i sostenitori di Ouattara. Le allegazioni sono state confutate da parte del ministro degli Affari Esteri del presidente uscente, Alcide Djédjé.

Ouattara ha indetto un’altra marcia per accompagnare Guillaume Soro alla conquista della sede governativa. “Tutto si gioca ad Abidjan” ha dichiarato la fonte anonima di Fides, “perché qui vi sono i “palazzi del potere”, tra cui quello presidenziale. “Le forze armate finora si sono schierate con Gbagbo, ma non è detto che tutto l’esercito sia favorevole al Presidente uscente. L’ago della bilancia di questo scontro sarà probabilmente l’esercito” conclude la fonte di Fides.

Dalle minacce di Ocampo…

Di fronte all’escalation di violenza, il l procuratore della Corte penale internazionale (Cpi), Luis Moreno-Ocampo, ha detto all’emittente televisiva France 24 che aprira’ le vie legali contro chiunque si renda responsabile di violenze mortali in Costa d’Avorio. ”Chiunque, di qualunque partito politica, si rendera’ colpevole di crimini, sara’ perseguito” ha dichiarato Ocampo.

… a quelle di Sarkozy

E una lista di personalità ritenute responsabili del caos che sta destabilizzando la Costa d’Avorio sarebbe già pronta per essere pubblicata lunedì prossimo. Su iniziativa dell’Unione Europea (via il Consiglio e la Rappresentante degli Affari Esteri Catherine Ashton), questa lista conterrebbe tra 18 e 19 nomi appartenenti soprattutto all’entourage di Laurent Gbagbo.Tra le personalità incluse nella lista ci sarebbero il consigliere per la sicurezza di Gbagbo, Kadet Berlin, il segretario generale della presidenza, Désiré Tagro e il presidente del Consiglio costituzionale, Yao N’Dré, che aveva proclamato la vittoria del presidente uscente a scapito di quella annunciata dalla Commissione elettorale indipendente a favore di Ouattara.

Ques’ultimo è stato oggetto di minacce durissime lanciate oggi dal presidente francese Nicolas Sarkozy. In una conferenza stampa tenutasi durante il Consiglio europeo a Bruxelles, Sarkozy ha dato tre giorni a Gbagbo per lasciare il potere. “Laurent Gbagbo e sua moglie sono padroni del proprio destino. Se entro la fine della settimana non lasciano il posto che occupano, che Laurent Gbagbo occupa violando la volontà espressa dagli ivoriani, saranno sottoposti a sanzioni”. Il che significa blocco dei beni all’estero e divieto di accesso al territorio comunitario. “Non c’è altra possibilità per Gbagbo se non quella di lasciare un potere che sta usurpando” ha concluso Sarkozy, indicando che la sua posizione era condivisa dall’Unione Europea, dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e dagli Stati Uniti.

A ruota Washington e la leadership africana

Una posizione simile a quella francese è stata presa oggi dalla Casa Bianca dove un responsabile del Dipartimento di Stato ha dichiarato che Gbagbo ha pochi giorni davanti lui per “prendere la decisione giusta”. La “fermezza” degli Stati Uniti è del resto condivisa dall’Unione Africana (UA).

Oggi il presidente della Commissione dell’UA, Jean Ping è arrivato a Abidjan nel tentativo di trovare una soluzione alla crisi e, molto probabilmente, ribadire a Gbagbo che la sua strategia è votata al fallimento.Da Nairobi, il primo ministro keniota Raila Odinga ha suggerito “l’uso della forza militare” da parte dell’Unione Africana per fare rispettare il diritto.

In Costa d’Avorio si profila un week-end decisivo. Ma è difficile immaginare il clan Gbagbo arrendersi nei prossimi due giorni alla Comunità internazionale. Nei media (vedi l’articolo di Colette Braeckman sul quotidiano belga Le Soir) c’è chi teme uno scenario rwandese, reso possibile dall’incapacità (o non volontà) dell’Onu e del suo Consiglio di sicurezza di fermare i massacri che nel 1994 fecero 800mila vittime.

La crisi politica istituzionale della Costa d’Avorio è scoppiata il 3 dicembre, dopo che il Consiglio Costituzionale ha annullato i risultati proclamati il giorno prima dalla Commissione Elettorale che aveva dichiarato vincitore del ballottaggio presidenziale del 28 novembre Alassane Ouattara, con il 54% delle preferenze. Con un ribaltone clamoroso, il Consiglio Costituzionale ha offerto la vittoria al Presidente uscente Laurent Gbagbo. La Costa d’Avorio ha ora due Presidenti con due rispettivi Primi Ministri e governi.

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