Migranti

Così un papà iracheno ha potuto curarsi in Italia

Un padre di famiglia fuggito dall'Iraq insieme alla moglie e ai due figli è riuscito a ottenere al possibilità di curarsi grazie a uno sportello di orientamento sanitario, creato da Emergency con la collaborazione di Donk humanitarian medicine

di Veronica Rossi

Immaginate di essere padri di famiglia in terra straniera, scappati dalle minacce delle milizie. Di abitare nove anni in un Paese, per poi vedervi negato il permesso di soggiorno e dover viaggiare verso un altro luogo. Di avere problemi di salute e non sapere come fare per curarli, dovendo affrontare una burocrazia che non è quella a cui siete abituati.

È quanto successo a un uomo iracheno – lo chiameremo Hassan, con un nome di fantasia –, arrivato a Trieste insieme alla moglie e a due figli minorenni, dopo aver abitato nove anni in Svezia, dove vive tuttora la famiglia del fratello a cui invece è stato concesso il permesso di soggiorno. Per giungere in Europa, dopo aver ricevuto minacce dalle milizie irachene, i quattro hanno percorso la rotta balcanica, attraversando Turchia, Grecia, Macedonia, Serbia, Bosnia, Croazia, Ungheria, Austria. Hassan ha problemi seri di salute: è ipovedente e ha disturbi cardiovascolari, evidenziati già nella nuova richiesta d’asilo presentata in Italia. Per questo motivo è arrivato allo sportello di orientamento socio sanitario che Emergency ha realizzato a Trieste in collaborazione con Donk humanitarian medicine – associazione che offre assistenza medica a chi si trova al di fuori del servizio sanitario nazionale –, al centro diurno a pochi passi dalla stazione, gestito dalla Comunità di San Martino al campo. Pur parlando solo arabo, c’è riuscito grazie all’aiuto di uno dei suoi figli, che ha imparato l’inglese.

Sara Tesser davanti al centro diurno

«Il giorno stesso in cui l’abbiamo incontrato ha fatto una prima visita con un medico di Donk», racconta Sara Tesser, operatrice di Emergency, «ed è stato rilevato che aveva necessità di fare ulteriori accertamenti presso le strutture pubbliche. Quindi abbiamo immediatamente inoltrato una richiesta di iscrizione al Servizio sanitario nazionale all’Azienda sanitaria giuliano-isontina, che era in una fase in cui non gestiva più le richieste via mail. Le tempistiche si sono un po’ dilatate, ma siamo riusciti comunque a far ottenere una tessera sanitaria al signore». Ed è proprio questo il ruolo dello sportello, supportare le persone nell’accesso al Servizio sanitario nazionale, orientandole al corretto percorso di cura. «Si può chiedere la tessera sanitaria, la tessera per Stranieri temporaneamente presenti – Stp o la tessera Europeo non iscritto – Eni, per i cittadini comunitari che non hanno i requisiti per richiedere la prima, perché magari non hanno lavoro, residenza, si trovano in condizioni di indigenza», continua Tesser. «Noi orientiamo le persone verso una di queste; poi a seconda della situazione del paziente, lo aiutiamo anche nella richiesta delle eventuali esenzioni, come nel caso di chi ha un reddito basso o è in stato di disoccupazione o chi ha delle patologie». Emergency fa anche un monitoraggio, raccogliendo dati sulla situazione sanitaria, amministrativa e abitativa delle persone che vanno a colloquio. «Aiutiamo chiunque», dice l’operatrice, «ma devo dire che la maggior parte di coloro che hanno chiesto una mano erano richiedenti asilo provenienti da Pakistan, Afghanistan, Bangladesh, Nepal e India. Talvolta chiedono supporto anche per il codice fiscale, se non gli è stato già assegnato dalla questura».

Ed è proprio in questo modo che Hassan è riuscito ad accedere al medico di medicina generale, per farsi prescrivere gli accertamenti del caso, ottenendo anche l’esenzione per disoccupazione che spetta a tutti i richiedenti asilo, perché per i primi 60 giorni non hanno il permesso di lavorare.

Poco dopo, come spesso accade, la famiglia è stata trasferita dalla prefettura e ha dovuto spostarsi in Veneto. Non sono partiti a mani vuote, tuttavia: ora Hassan ha la tessera sanitaria, dovrà cambiare il medico e sceglierne uno più vicino, ma potrà accedere al Servizio sanitario nazionale e avere, in qualsiasi Regione italiana, le cure di cui ha bisogno.

Le foto nell’articolo sono di Davide Preti

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