Disabilità

Così Trump dichiara guerra all’inclusione lavorativa

Secondo il Presidente americano, la colpa dell’incidente avvenuto nei cieli di Whashington sarebbe delle politiche inclusive, che hanno portato all’assunzione nell’aviazione di «persone non qualificate, con disabilità fisiche o psichiche». Le repliche di Vincenzo Falabella (Fish), Martina Fuga (CoorDown) e Anffas

di Sara De Carli

Trump

E dunque secondo Donald Trump, la colpa dell’incidente avvenuto nei cieli di Whashington e in cui hanno persona la vita 67 persone, sarebbe delle politiche inclusive, che  hanno portato all’assunzione anche nell’aviazione di «persone non qualificate, con disabilità fisiche o psichiche».

«Un’affermazione inaccettabile, che respingiamo al mittente. La responsabilità sono individuali e vanno cercate nei reali responsabili. Affermazioni di questo genere alimentano stigmi e pregiudizi, spero che dal Presidente Trump arrivino le scuse a tutte le persone con disabilità che lavorano con impegno e dignità», commenta Vincenzo Falabella, Jun presidente nazionale Fish.

«La FAA sta attivamente reclutando lavoratori con gravi disabilità intellettive, problemi psichiatrici e altre condizioni mentali e fisiche grazie a un’iniziativa di diversità e inclusione spiegata sul sito dell’agenzia. Potete immaginarlo?»: queste le parole esatte di Trump, che suonano come un’ulteriore escalation nel suo attacco alla D&I di questi giorni. Peraltro dal sito della Casa Bianca già nelle prime 24 ore dall’insediamento del nuovo Presidente era stato rimosso il “White House Accessibility Statement” che l’amministrazione Biden aveva pubblicato nel 2021.

Non importa che sia vero

Il rischio è grande. Come scrive Massimo Gramellini oggi sul Corriere della Sera, «non importa che sia vero, importa che i suoi elettori lo credano possibile. Perché è così che si rompono i tabù: surfando cinicamente sull’onda emotiva di una tragedia per affermare l’indicibile, affinché diventi argomento di dibattito e consenta di dirottare la rabbia popolare verso un capro espiatorio facile, debole e politicamente ostile all’opinione pubblica, o almeno a una sua consistente parte». Con quelle poche parole di Trump, senza dirlo esplicitamente, viene messa sotto accusa tutta l’inclusione lavorativa, che già sconta tanti pregiudizi rispetto al fatto che una persona con disabilità non sia risorsa ma peso.

Come funziona l’inclusione lavorativa

«È un’affermazione che non ha alcun fondamento, perché quando una persona con disabilità viene collocata per una mansione, quella mansione specifica le viene assegnata sulla base delle sue capacità e della sua esperienza. Diciamocelo senza mezzi termini, non è che una persona con disabilità viene mandata a fare il pilota di un aereo: se lo fa vuol dire che ha le competenze per farlo», precisa Falabella. «In questo senso quelle di Trump sono affermazioni completamente fuori luogo. Io da persona con disabilità sono indignato, perché sono parole che alimentano lo stigma e il pregiudizio, mentre abbiamo bisogno esattamente al contrario di saper riconoscere il valore della persona».

Un passo indietro

Per Martina Fuga, presidente di Coordown, queste parole «hanno un impatto devastante, perché vanificano anni di battaglie e di lavoro delle persone con disabilità e delle associazioni di categoria, ma anche delle aziende che, sfidando pregiudizi e privilegi, hanno assunto persone con disabilità. Queste dichiarazioni non sono soltanto scioccanti, disumanizzanti e discriminatorie: rappresentano un pericoloso passo indietro, un segnale che rischia di consolidare pregiudizi ancora radicati in chi crede che la disabilità sia un limite piuttosto che una risorsa, e che l’inclusione sia un’ideologia che minaccia la meritocrazia e la qualità del lavoro». Dichiarazioni che «ignorano i dati e le ricerche: le persone con disabilità che lavorano nelle istituzioni, come in ogni altro ambito, vengono selezionate e impiegate in base alle competenze, alle qualifiche e al rispetto di standard rigorosi. Mi chiedevo quando sarebbe stato il nostro turno, le esternazioni discriminatorie del Presidente degli Stati Uniti fanno parte di un attacco più ampio e coordinato ai diritti civili e alle pari opportunità, iniziato durante la campagna elettorale e intensificatosi dopo il suo insediamento. Un attacco che prende di mira, una dopo l’altra, tutte le comunità marginalizzate, nel tentativo di limitare i loro diritti e rafforzare un sistema che esclude chiunque sia considerato “diverso”, costruendo un mondo a misura di pochi».

Difendere ciò che abbiamo conquistato

CoorDown nel 2021 ha lanciato la campagna “The hiring chain” per sensibilizzare le aziende e la società sul diritto al lavoro delle persone con disabilità: «Oggi è la giornata dell’indignazione, ma domani torneremo a rimboccarci le maniche, come sempre, e lavoreremo per costruire un mondo più giusto, più equo e più inclusivo. Ora più che mai, è il momento di difendere quei diritti e quelle conquiste ottenute con anni di lotte. Perché inclusione non significa abbassare gli standard, ma allargare le possibilità di partecipazione, di contributo e di costruzione collettiva di un mondo più equo, in cui tutte e tutti possano esprimere il loro pieno potenziale».

In Italia sarebbe discriminazione

L’Agenzia Nazionale Anffas Antidiscriminazione non ha alcun dubbio: se tali affermazioni fossero state pronunciate in Italia avrebbero configurato, ai sensi e per gli effetti della legge n. 67 del 1 marzo 2006, una vera e propria discriminazione. Infatti, il comma 4 così recita: “Sono altresì considerati come discriminazioni le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, ovvero creano un clima di intimidazione, di umiliazione e di ostilità nei suoi confronti”. Per non parlare, poi, degli eventuali profili penalistici che, nel nostro ordinamento, potrebbero essere rilevanti.

“Non sappiamo quanto involontariamente ma temiamo che sui temi della disabilità si stia tornando molto indietro. Questa vicenda è emblematica e questo ci preoccupa non poco. Motivo per cui facciamo appello affinché, a tutti livelli, si reagisca alle inopportune affermazioni del presidente Trump, assumendo chiare posizioni. Questo a partire dai massimi esponenti del nostro Governo”.

Che dice il nostro Governo?

Anffas, ove Trump non provvederà a rettificare e chiarire le sue affermazioni – sarebbero gradite anche le sue scuse – in segno di protesta, valuterà se fare parte o meno della delegazione italiana che nei prossimi mesi si dovrebbe recare a New York per un incontro sui temi della disabilità, in sede Onu”.

Foto Alex Brandon, Associated Press / LaPresse

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