Non profit

Così ti spenno il ragazzino

Tute, magliette firmate, scarpe di marca. Comprese nel pacchetto che prevede anche una giornata da passare con il campione del cuore. Un business da 7 miliardi a stagione, con la complicità del Coni

di Pasquale Coccia

Li chiamano camp perché l?effetto sia maggiore, in realtà sono i campi estivi frequentati da migliaia di giovani dediti allo sport. Si svolgono in montagna, nelle località marittime e nelle aree verdi dove l?attività motoria e l?ambiente trovano possibilità di conciliarsi. Hanno inizio l?ultima settimana di giugno, dopo la chiusura delle scuole, quando le famiglie si trovano i figli in casa fin dal mattino, e se i genitori lavorano non sempre è possibile occuparsi di loro. Nelle grandi città, i ragazzi che girano nei luoghi più disparati, grazie al maggior tempo libero a disposizione, non lasciano tranquilli le mamme, i papà e i nonni. Che fare, dunque?
Il camp estivo concilia le esigenze delle famiglie e quelle dei ragazzi. Nell?ultimo decennio, però, numerose agenzie private, che nulla hanno a che fare con lo sport, hanno fiutato l?affare e promosso iniziative commerciali che hanno principalmente l?intento del profitto, mentre gli enti locali lasciano l?iniziativa e il Coni tace. A nulla possono i tentativi degli enti di promozione sportiva di arginare con i loro mezzi un mercato che diventa sempre più agguerrito e competitivo, pur avendo alle spalle una lunga tradizione nell?organizzazione dei campi estivi: «La formula del camp è stata fatta propria da numerose agenzie private, che offrono nel pacchetto delle proposte la presenza di un personaggio sportivo, le maglie firmate da questo e quel campione e gadget di ogni genere. Il camp con queste caratteristiche commerciali è il prodotto di un falso volontariato che fa affari. Tra l?associazionismo che propone esperienze educative attraverso la vita comunitaria e il mercato, i ragazzi scelgono quest?ultimo perché propone un modello che permette loro di scimmiottare i campioni», afferma Donato Mosella, presidente nazionale del Csi (Centro sportivo italiano), un ente che conta 700 mila iscritti e 12 mila società sportive che operano sul territorio.
«Anche gli enti locali finiscono per cedere alle proposte di queste organizzazioni e per assegnare la gestione dei campi estivi a loro, perché l?associazionismo sportivo deve perseguire altre finalità e non è attrezzato a sufficienza per affrontare la concorrenza. Il risultato è che migliaia di ragazzi disertano le nostre attività e sono attratti da altro», conclude Mosella.
Alcune proposte operative per dare ossigeno all?associazionismo arrivano dall?Uisp (Unione italiana sport per tutti) che nel settore vanta una lunga esperienza con i campi ?Robinson? organizzati negli anni Settanta: «Aumentando la qualità delle proposte è possibile incrementare la partecipazione», afferma Marco Tursi, responsabile nazionale Uisp del settore. «Gli enti locali potrebbero stabilire un rapporto continuativo con noi e non limitato a brevi periodi, aprendo le strutture scolastiche nelle fasce d?orario non utilizzate dagli studenti, gli impianti sportivi comunali, e supportando il progetto ?Sport, gioco, avventura? che in vari centri urbani ha carattere diurno e coinvolge oltre tremila ragazzi che durante l?estate restano in città».
Non mancano alcune federazioni sportive del Coni che offrono il proprio logo a società che promuovono campi estivi per trarre profitto. È il caso della Federazione italiana tennis, che ogni anno appalta a una società sportiva esterna, la Orsini di Roma, l?organizzazione di camp che coinvolgono 7 mila ragazzi tra i sette e i quindici anni, ognuno dei quali paga un milione e 100 mila lire per due settimane, garantendo un giro di affari di 7 miliardi annui.
Quali sono i ritorni economici di accordi che non hanno motivo di esserci per una federazione sportiva che dispone di una buona struttura organizzativa?

l’opinione
Noi abbiamo un Codice

Organizzaziamo i camp estivi di pallacanaestro da cinque anni. Lo facciamo perché riteniamo indispensabile diffondere una cultura della pratica sportiva tra i giovani e il periodo estivo è certamente tra i più propizi. Ma accanto a questo motivo, che è il principale, c?è anche la preoccupazione di calmierare i prezzi di un mercato che diventa sempre più vertiginoso e si esapande a macchia d?olio e che soprattutto si pone al di fuori di qualsiasi controllo. I nostri camp si svolgono ogni estate in sette località italiane dal Nord al Sud della Penisola e coinvolgono circa cinquecento ragazzi e bambini tra gli otto e i dodici anni.
Le associazioni sportive esterne affiliate alla nostra Federazione che utilizzano il nostro logo sono obbligate a seguire un codice di comportamento, codice che prevede anche la presenza di un medico dello sport.
Le numerose agenzie che organizzano i vari camp, invece, sono interessate soltanto dall?aspetto economico e alla ricerca del profitto: non solo, in alcuni casi, non offrono alcun servizio medico, ma tendono ad ammassare in palestra indistintamente i ragazzi dai 6 ai 18 anni che, evidentemente, hanno esigenze fisiche, comunicative e sociali diverse. Viene insomma meno, in questo modo, il principio generale dell?esperienza educativa.
presidente della Federazione italiana pallacanestro

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