Economia
Cosi’ si puo’ passare al Welfare Mix
Intervista a Paolo Onofri sul Terzo Rapporto sulla cooperazione sociale
Paolo Onofri, ordinario di politica economica all?Università di Bologna e presidente dell?omonima commissione governativa che nel ?97 elaborò il primo Libro bianco sulla riforma del Welfare, non si dichiara affatto sorpreso dai dati che emergono dal Terzo rapporto sulla cooperazione sociale. «Si tratta ormai di un fenomeno consolidato che ha dimostrato di saper unire e contagiare virtuosamente le diverse aree del Paese».
Vita: In effetti proprio nel Sud si registra il tasso di natalità più alto di cooperative sociali. Come lo spiega?
Paolo Onofri: È una delle dimostrazioni più convincenti dell?apertura del Sud a forme di organizzazione sociale che il Nord aveva sperimentato già da tempo. È un segnale della vitalità della società meridionale, della sua disponibilità a cambiare, a riorganizzarsi. Il fatto che la diffusione della cooperazione sociale sia sempre meno ?a macchia di leopardo? conferma il successo di questa formula imprenditoriale. In fin dei conti, se si guarda all?Emilia Romagna, la regione dove è particolarmente forte la presenza del movimento cooperativo, il rapporto tra numero di enti e popolazione non si discosta molto da quello delle altre regioni. Tutto ciò è di grande conforto perché dimostra che nel Paese ci sono strumenti efficaci per realizzare quelle attività di servizi sociali integrati che da noi non hanno mai avuto vita facile.
Vita: Le cooperative sociali rappresentano una delle formule non profit più riuscite per attuare il passaggio dal Welfare state al Welfare mix, tema centrale del ?suo? Libro bianco. Oggi a che punto siamo della transizione?
Onofri: Procede in modo interessante anche se, come dimostrano i dati sulla cooperazione sociale, rimane ancora caratterizzata da due aspetti dominanti: quello dei servizi alla persona e quello del sostegno all?occupazione dei soggetti svantaggiati. Attività che vanno a surrogare un?assenza pressoché totale dell?azione statale.
Vita: Cosa manca allora al non profit, non solo nella forma organizzativa della cooperativa sociale, per diventare protagonista delle nuove politiche di Welfare?
Onofri: La disponibilità di risorse. E la disponibilità a dare fondi al non profit in modo ?protetto? dal punto di vista fiscale. Già nel Libro bianco del ?97 si sosteneva che una possibile via d?uscita da questo vicolo cieco era rappresentata dalle fondazioni bancarie. Ed effettivamente, negli ultimi anni, sono stati raggiunti risultati di rilievo al riguardo. Qui a Bologna, tanto per fare un esempio, la Fondazione Banca del Monte ha realizzato importanti progetti di assistenza per gli anziani. Si è fatta garante della qualità dei servizi tra i loro fruitori, gli anziani appunto, e gli erogatori degli stessi, il non profit. Mi auguro che la turbolenza che attualmente sta coinvolgendo le fondazioni non rovini le potenzialità di questo strumento.
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