Famiglia
Così salveremo i bambini schiavi
Il presidente di Transfair International: «La Nike, per non essere accusata di sfruttare i bambini nelle sue fabbriche, ora li licenzia in massa, rovinando le loro famiglie»
di Redazione
È pronta l?offensiva autunnale di Transfair International. L?associazione costituirà infatti un cartello internazionale per diffondere il commercio equo e solidale che si chiamerà ?Labelling organizations international? e riunirà 14 organizzazioni di paesi ricchi: dall?Italia al Giappone, dagli Usa all?Olanda. Quindi chiederà di aumentare sia il prezzo di acquisto dei palloni da gioco che arrivano dal Pakistan, sia il salario delle famiglie operaie impiegate nelle fabbriche delle multinazionali. Bersaglio di primo piano sarà la multinazionale Nike che, per scrollarsi di dosso l?immagine di violatrice di ogni norma internazionale sui diritti dell?infanzia, sta licenziando in massa tutti i bambini sotto i 14 anni, senza pensare a nessun ammortizzatore per le famiglie. Infine, a settembre, arriverà nei nostri supermercati un nuovo marchio di qualità per il tè, garantito dalle cooperative e dai piccoli coltivatori del Sud del mondo, che assicura ai consumatori del Nord il rispetto dei diritti umani dei lavoratori. Questi, dunque, i punti della nuova campagna per lo sviluppo del Terzo mondo che verrà lanciata da Transfair e che il suo segretario generale, in visita in Italia, ha anticipato a ?Vita?.
Martin Kunz ha dieci anni di militanza nel commercio equo. Da cinque lavora a tempo pieno negli uffici centrali di Transfair in Germania, dopo essere stato obiettore presso una Ong in India. Da allora non ha mai smesso di occuparsi dello sviluppo del Sud. A partire dal giogo delle multinazionali. «La Nike? Sta boicottando il lavoro minorile. Per rifarsi un?immagine in Pakistan ha iniziato a estromettere i bambini dalle fabbriche, gettando intere famiglie sul lastrico. La maggior parte sono bambine di fede musulmana, utilizzate per cucire i palloni. Persone che stanno perdendo l?unica opportunità di lavoro perché la loro fede le obbliga a non lasciare il villaggio. Noi vogliamo costruire un?alternativa perchè le famiglie possano permettersi di rinunciare al lavoro dei propri figli e mandarli così a scuola».
Chi si è dimostrato più sensibile? «Abbiamo parlato con l?Unicef, con la Camera di commercio pakistana e con l?Organizzazione internazionale del lavoro. Alcune compagnie pakistane si sono interessate al progetto. L?idea è quella di importare palloni con marchio di qualità e di aumentarne il prezzo, per dare un salario maggiore alle famiglie. Non si risolve il problema come fa la Nike, licenziando i bambini, ma non escludo che nella rete di Transfair possano entrare alcune grandi compagnie che, per ottenere un ritorno di immagine e combattere la concorrenza, potrebbero optare per un commercio più equo. E questa sarebbe una vera svolta».
La cultura equa e solidale sta attecchendo, dunque? «Oggi lavoriamo con sei prodotti: caffè, tè, zucchero, cacao, miele e banane. In Svizzera già il 5% della popolazione è composto da consumatori ?equi?, che acquistano solo caffè con marchio di garanzia. In Olanda, dove il marchio sui prodotti è più diffuso, il 9% si affida a noi. In Germania il 2% compra il tè con il marchio di garanzia. In Italia la percentuale è bassa, ma sta crescendo».
Cosa accadrà ai bambini ora gettati in mezzo alla strada? «La sfida è riuscire a dare un?alternativa alle famiglie: il 25% dei loro introiti oggi proviene dal lavoro dei piccoli. Una percentuale che tocca a noi offrire, altrimenti la schiavitù minorile non avrà mai fine».
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