Cronache russe
Così Putin tenta di silenziare le voci della società civile pubblicate da VITA
Tanti dei protagonisti del numero del magazine di giugno "La mia Russia" coordinato da Alexander Bayanov sono finiti nel mirino della censura russa. Loro però non alzano bandiera bianca. E noi non smetteremo di raccontarli
Grigory Melkonyants, co-presidente del movimento Golos (La Voce) per la tutela dei diritti degli elettori, è stato arrestato a Mosca. Del tutto poco convincenti le accuse che lo Stato russo gli rivolge, di collaborazione con un’organizzazione “indesiderata”, la “Rete europea degli osservatori elettorali”, con la quale Golos non ha rapporti da tempo. L’arresto arriva mentre il Cremlino si prepara alle elezioni regionali di questo settembre e alle elezioni presidenziali del prossimo anno. È chiaro che l’eliminazione del principale osservatore pubblico apre la strada a violazioni e falsificazioni su larga scala. Grigory Melkonyants fino all’ultimo ha creduto che la sua presenza in Russia fosse assolutamente necessaria e che fosse necessario cooperare con le autorità in termini di monitoraggio delle elezioni, nella misura del possibile. In tal modo, anche attraverso le violazioni identificate, veniva mantenuta la legittimità del processo elettorale.
Ma nella prossima tornata elettorale non c’è più bisogno di una voce indipendente, il governo non ha più bisogno di legittimazione da parte delle organizzazioni civili. La Russia non ha più bisogno della democrazia, nel senso occidentale, ha affermato Ella Pamfilova, presidente della Commissione elettorale centrale. Il portavoce di Putin Dmitrij Peskov, in un’intervista al New York Times, aveva già affermato che «le nostre elezioni presidenziali non sono realmente una democrazia, ma una costosa burocrazia» e che il presidente in carica Vladimir Putin vincerà le elezioni del 2024 con «più del 90% dei voti». Melkonyants è rimasto in Russia per principio, nonostante il fatto che le organizzazioni che dirige fossero state dichiarate “agente straniero” e “organizzazioni indesiderate” e nell’autunno del 2022 fosse stata effettuata una perquisizione a casa sua. Per privare il movimento Golos della voce alla vigilia delle elezioni, che si svolgeranno anche nei territori occupati in Ucraina, Melkonyants è stato arrestato e inviato in un centro di custodia cautelare.
La fine della scorsa settimana è stata segnata da un altro duro colpo alla società civile russa: il tribunale di Mosca ha definitivamente liquidato una delle più antiche organizzazioni per i diritti umani, il Centro Saharov. Il capo del centro, Serghej Lukashevskij, in un’intervista a Meduza, ha affermato che «l’organizzazione presenterà ricorso contro la decisione del tribunale e nonostante il fatto che il tribunale non cambierà la propria decisione, è di fondamentale importanza per noi documentare il più possibile l’assoluta illegalità della nostra liquidazione. La cronica di questa violazione del diritto, della legge, della Costituzione e dei diritti umani deve essere registrata, sia per la storia sia per il futuro. Sono incredibilmente grato agli avvocati che stanno lavorando al nostro caso pur sapendo benissimo quale sarà la decisione del tribunale».
La Russia non ha più bisogno della democrazia, nel senso occidentale
— Ella Pamfilova (presidente della Commissione elettorale centrale)
Sullo sfondo di colpi così pesanti inferti alla società civile in tutta la Russia, c’è il destino degli attivisti e degli oppositori nelle comunità locali. La loro sola colpa sta nel fatto che dentro l’inferno che sta accadendo in Russia sono persone che non hanno perso la loro dignità. Le loro idee e le loro storie sono stati i protagonisti del numero di VITA magazine di giugno (qui sotto la copertina disegnata da Diana Zadneprovskaya) che potete acquistare on line cliccando qui.
A Novosibirsk (Siberia) c’è stata una storia esemplare. Takhir Arslanov, 67 anni, residente a Novosibirsk, si è rivolto ad una dei protagonisti del nostro numero di giugno, la consigliera comunale Svetlana Kaverzina, per chiedere aiuto. Per due commenti contro la guerra in un gruppo pubblico, il social network Vkontakte, l’Fsb (il Servizio federale per la sicurezza della Federazione Russa) ha aperto un procedimento penale ai sensi degli articoli sulla giustificazione del terrorismo. Nei commenti, oltre alla posizione contro la guerra, Arslanov aveva espresso comprensione per le azioni di coloro che, durante la mobilitazione, hanno dato fuoco all’ufficio di registrazione e arruolamento militare distrettuale (un punto regionale per organizzare la mobilitazione per la guerra con l’Ucraina, infatti, una molotov è stata lanciata contro le sbarre di una finestra, senza provocare alcun danno). Durante le perquisizioni nel suo appartamento, la polizia ha agito in modo apertamente crudele, hanno ucciso il suo gatto sotto i suoi occhi.
Sfortunatamente, Arslanov si è rivolto troppo tardi alla consigliera indipendente e agli attivisti per i diritti umani, quando ormai il processo stava per iniziare. Il tribunale ha condannato questo a 3 anni di carcere. I cittadini di Novosibirsk, sollecitati dalla consigliera Kaverzina, hanno contribuito di tasca propria alla somma necessaria per pagare i servizi di un avvocato, e ora è in preparazione un ricorso contro questa sentenza palesemente ingiusta.
Venerdì della scorsa settimana, durante la ristrutturazione della sala di ricevimento della consigliera comunale Svetlana Kaverzina, è stata scoperta una videocamera nascosta, con alimentatore e scheda sim. Lei e i suoi assistenti hanno documentato con foto e video la presenza del dispositivo e la sua posizione. Durante la notte la videocamera è stata smontata e rubata.
La consigliera si è rivolta alla polizia, che ha accettato la denuncia. Sicuramente la polizia non intraprenderà alcuna azione, ma come ha detto il direttore del Centro Sakharov Serghej Lukashevskij, è necessario intraprendere tutte le azioni formali necessarie per registrare e tracciare i crimini del regime contro i suoi cittadini: questo è importante per il futuro, questo è importante per la storia.
Un altro protagonista del nostro numero di giugno, Dmitrij Holjavchenko, ha ricevuto un avviso di multa per un importo di 30 mila rubli (circa 300 euro). Il tribunale di Novosibirsk ha comminato la multa per quanto pubblicato sul social network Odnoklassniki in un post datato 9 maggio 2022, in occasione dell’anniversario della vittoria dell’Unione Sovietica sul nazismo tedesco, dove scriveva: «Non abbiamo sconfitto il nazismo, ma siamo diventati noi stessi nazisti. Non poniamo fine alle guerre, ma le iniziamo noi stessi: è successo nel 1939, quando abbiamo diviso la Polonia con Hitler, ed è successo nel 2022. Oggi non ho niente da festeggiare: vedo la morte del mio Paese, la danza sulle ossa, il trionfo del popolino, il divieto ad ogni grandezza, l’imminente povertà, la svastica sui trasporti, l’emigrazione dei migliori, il trionfo dell’abominio e della morte, e i miei amici in prigione. Andate al diavolo…! Questo è l’ultimo gonfiore dell’ascesso prima che scoppi. L’unico peccato è che non tutti sopravviveranno al bubbone. E dopo vivremo molto male. Per me oggi è un giorno di lutto per tutti coloro che sono stati uccisi dal mio Stato, sia all’interno che all’esterno del Paese, negli ultimi cento anni. Giorno del Ricordo e del Dolore. Solo nella memoria, nell’umanità e nella libertà c’è qualche possibilità di vittoria…».
Non abbiamo sconfitto il nazismo, ma siamo diventati noi stessi nazisti. Non poniamo fine alle guerre, ma le iniziamo noi stessi: è successo nel 1939, quando abbiamo diviso la Polonia con Hitler, ed è successo nel 2022
— Dmitrij Holjavchenko
La sentenza è stata emessa senza la presenza dell’imputato, inoltre, come risulta dai materiali per l’esame del caso, il tribunale non ha nemmeno convocato l’accusato alle udienze. In effetti, ha semplicemente timbrato la propria decisione senza un processo. Ora Holjavchenko, insieme agli avvocati per i diritti umani, sta preparando una protesta contro questo modo di agire e contro il tribunale.
Un altro protagonista della nostra pubblicazione, l’ormai ex direttore del college privato “Novocollege” Serghej Chernyshov, è stato dichiarato dallo stato russo un “agente straniero”. E secondo la legislazione vigente non poteva più ricoprire ruoli di responsabilità in un istituto scolastico.
Aleksandr Arkhangel’skij, noto giornalista e scrittore televisivo, altro protagonista del numero di giugno, è stato costretto a dimettersi dall’Alta Scuola di Economia presso la quale ricopriva la carica di professore ordinario, su suggerimento della nuova dirigenza, nominata dopo l’inizio della guerra con l’Ucraina.
Rita Loghinova, anche lei voce de “La mia Russia”, è stata costretta a lasciare il Paese con tutta la sua famiglia dopo le pressioni esercitate dalle autorità.
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La situazione in Russia si sta evolvendo in modo tale che diventa chiaro che le imminenti elezioni di Putin del prossimo anno non devono essere messe in discussione o contestate da nessuno. Per fare questo è necessario cacciare quanti più dissidenti possibile all’estero (ricordo che ormai si tratta di quasi un milione di persone e questa cifra è in costante aumento). Coloro che rimangono devono essere intimiditi con repressioni mirate con pene detentive enormi, contro figure mediatiche e cittadini presi a caso. Queste repressioni non possono diventare massicce, perché non ci sono sufficienti luoghi di detenzione nelle carceri russe. E l’idea di organizzare campi di concentramento secondo il modello nazista o stalinista per adesso sembra alle autorità poco moderna. Per adesso…
In apertura illustrazione di Diana Zadneprovskaya/Archivio VITA
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