Politica

Così parlano gli squatter

Cosa leggono i ragazzi che hanno dato scacco a politici e giornalisti? Artaud, Bataille e Nadoulek Cosa odiano? Il benessere, le carceri, l’Alta velocità. Ecco come loro stessi si raccontano

di Cristina Giudici

F iumi di inchiostro e di parole per definire, catalogare e scartare. Eppure le proteste degli squatters hanno preso di sorpresa tutti: sociologi, tuttologi, politici e persino la giunta comunale di Torino sull?orlo di una crisi. Li hanno definiti autonomi, anarchici, molecole impazzite, macerie sorte dalle macerie, ?compagni che sbagliano?, eco terroristi. Bene, scordatevi tutte queste definizioni, dimenticate gli autonomi così come li abbiamo conosciuti negli anni Settanta, scordatevi anche il popolo dei centri sociali tipo Leoncavallo e venite con noi a incontrare gli squatter torinesi, tra l?altro molto più giovani dei quasi quarantenni leoncavallini. Si perché ?Vita? è stata l?unica testata ammessa a seguire dall?interno la manifestazione di Torino.

Così il sistema carcerario uccide
La nostra guida si chiama Silvano, è uno ?squatt? (abbreviazione di squatter), ha venticinque anni e si definisce, sorridendo, ?un?individualità ribelle?. Maglietta con l?effige del Che e pantaloni militari, non è sporco brutto e cattivo, il suo è un viso aperto. Ed è stata proprio la battaglia contro le carceri che uccidono senza pietà ad avergli fatto incontrare ?Vita?. Silvano era accanto a Edo Massari la sera dello sgombero della casa Okkupada di Collegno, dove è stato arrestato Edo, poi morto suicida nel carcere delle Vallette. È un ricordo pieno di dolore, il suo. «Quella sera», ricorda Silvano, «dopo infiniti pedinamenti, intercettazioni e movimenti strani, un centinaio di uomini in divisa sono entrati nella casa, hanno devastato tutto, orinato sui materassi, rotto tutto ciò che avevamo costruito. Poi se li sono portati via Edo, Sole e Silvano…». Parla come un torrente in piena: «Edo è affogato nella tristezza del carcere delle Vallette; e poi l?abuso da parte dei magistrati, la debolezza dell?inchiesta sugli eco terroristi ?i Lupi grigi?…». E ancora, i politici che parlano senza interlocutori, le botte ai giornalisti che sono sciacalli e non rispettano il dolore (come dargli torto?), gli articoli che sembrano bollettini di guerra. Silvano, racconta, si sfoga mentre il corpo fluttuante e multiforme degli ?ultimi ribelli? si prepara alla manifestazione di tutti i centri sociali; dentro si intuisce la rabbia, il disagio, la sofferenza, il rifiuto; ma anche la semplicità, quasi primitiva, barbara, di questi ragazzi simil anarchici. «Siamo solo ?squatt?», dice Silvano. «Certo che occupiamo le case, facciamo attività e diamo concerti a cinquemila lire». Silvano, che lavora per l?associazione culturale Hiroshima, cerca di spiegarla come può questa città; usando anche i gesti: una città che non li vuole, che non riconosce come figli suoi questi ragazzi incazzati all?inverosimile che per l?occasione (e per la paura del carcere) si sono mascherati dietro i fazzoletti e armati di bastoni. Loro odiano la città e questa città li odia. Sta qui il cuore di una tensione che si taglia a fette. Silvano è uno degli abitanti delle ?case?, come le chiama lui, che, a differenza dei centri sociali, non sono accessibili a chiunque: bisogna far parte del gruppo, condividerne ?le azioni dirette? che vanno dagli espropri nei supermercati a quelle che vengono definite ?insurrezioni virtuali?; proteste che durano un attimo solo per poi sparire nel nulla, nei sotterranei di questa città. «Allora, tutto ok? Quanti sono gli sbirri?», chiede a un compagno che gli viene incontro. Gesti fra compagni, pacche di mano sulle spalle, sguardi complici; abbracci pieni di amore: ecco le immagini della tribù che nessuno ha voluto o è riuscito a capire.

La nostra rabbia non interessa
«Perché», chiede, «non siete venuti prima? Perché la nostra rabbia non vi interessa, perché solo quando Edo è morto?». Domande che non hanno risposta, anzi una sola. La carne gettata in pasto ai giornalisti, metafora di un?informazione per cui troppo spesso la realtà e le persone sono solo carne da macello. Metafora anche di mondo che rifiutano e che odiano quanto basta. Poi, fazzoletto sulla faccia, Silvano sparisce dietro le aste. Fuori la città che si chiude. Dentro c?è di tutto, quindi è vietato fare riduzioni matematiche: giovani giovanissimi, una ragazza si butta per terra ridendo, troppo fatta per stare in piedi; stralci di dialoghi quotidiani fra innamorati, musica di trombe, silenzi cupi, risa e sguardi di odio. Gli ?squatt?, a cui piace vivere rappresentando nient?altro che se stessi, nelle loro case, prese all?alba con un tronchese, raccogliendo le verdure avanzate nei mercati, ascoltando la loro musica, techno, jungle, hard core, ma anche le note dei Clash e i rap di radio Black Out, la radio del movimento; puntando la loro rabbia contro ogni tipo di corsa al benessere scemo. E anche in questo sono distanti da quelli dei centri sociali che dividono ancora il mondo in buoni e cattivi, destra e sinistra. Come i ragazzi del ?Gabrio?, il Leoncavallo torinese che si batte nel quartiere per gli anziani, gli homeless, i disoccupati, fianco a fianco con i preti di strada. I pensieri degli ?squatt? sono affidati agli scritti nervosi che passano di mano in mano. Un libretto d?informazione sui ?treni ad alta nocività? recita: «Il mondo dell?Alta velocità è tutt? altro che felice, ma sembra aver messo d?accordo i potenti che dettano quel che deve essere la vita e i poveri che hanno perso l?idea di ciò che potrebbe essere…». Sulla quarta di copertina le altre letture preferite: Georges Bataille, Antonin Artaud, Alfred Jarry, Bob Nadoulek sulla cibernetica e la rivolta sociale.
I volantini degli anarchici valsusini gridano vendetta per chiedere la libertà di Sole e di Edo, forse ?squatters?, forse anarchici, di sicuro ancora in galera: «Note urgenti al movimento: mandare in c… il progetto dell?Alta velocità è un sogno dei valsusini, questa possibilità fa venire la diarrea ai carabinieri, giornalisti, giudici, perciò sono stati arrestati Silvano, Edo, Soledad: per togliere di mezzo tre ribelli. La rabbia è stata seminata, che la rabbia esploda».

Hanno ucciso i desideri nei poveri
Sono giovani, ma sanno già che questo per loro è un mondo che è finito, morto, passato.
Il carcere ricorre nei loro incubi, è la metafora del demone da abbattere, spettro degli Inferi. Da distruggere. Come scrivono i ribelli di capitan Nemo: «L?analisi delle lacerazioni dell?epidermide intorno al collo rivela che le fibre che serravano la gola del Massari erano formate da un tessuto composto di cieca meschinità umana. L?analisi del sangue e dei liquidi intestinali mostra la sua ultima razione di sorprusi e di ingiustizie carcerarie poche ore prima del decesso, il tessuto intestinale anni di sottomissione forzata, il suo cuore ha cessato di battere nel momento in cui i mass media distorcevano tutto, il suo Dna era la rivolta per la libertà destinata a infrangersi contro lo spettacolo delle vetrine scintillanti che nascondono la miseria di un mondo in rovina…».

Quelli dei Centri

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