Formazione

Così la vita rinasce grazie alla mediazione psicologica

Da luglio a ottobre un team di Medici senza Frontiere ha operato a Roma nel centro di accoglienza Baobab e alla tendopoli della Cri a Tiburtina, incontrando centinaia di migranti in transito e aiutandoli a rielaborare la propria storia

di Antonietta Nembri

Si è chiuso a fine ottobre l’intervento di primo soccorso psicologico di Medici Senza Frontiere al centro di accoglienza Baobab di Roma e alla tendopoli allestita dalla Croce Rossa Italiana alla stazione Tiburtina. Il centro Baobab che ha sede in una vecchia vetreria di via Cupa è attivo da quasi dieci anni ospitando sia attività culturali sia la prima accoglienza ed è diventato un punto di riferimento per chi sbarca nel sud Italia e vuole proseguire il proprio viaggio verso i Paesi del nord Europa. Gestito prima da un’associazione e poi da una cooperativa ora il Baobab è un luogo in cui la società civile si è fatta carico della gestione che è informale e affidata a un team di volontari, gli Amici del Baobab. In questi due luoghi sono passati ogni giorno, nel momento dell’emergenza sbarchi, centinaia di migranti in transito, una tappa prima di riprendere il viaggio verso il Nord Europa. Da metà luglio il team di Msf composto da uno psicologo psicoterapeuta e da tre mediatori culturali, ha incontrato oltre 2mila persone e fornito supporto psicologico a circa 800. «Un primo soccorso psicologico» spiega Ahmad Al Rousan, mediatore culturale, 45 anni di origine giordana da un quarto di secolo in Italia, che da tre anni e mezzo opera come mediatore con Msf.

Un lavoro fondamentale quello dei mediatori culturali in questo ambito, continua Ahmad «Al di là dell’orientamento e delle informazioni di base il nostro è un supporto emozionale fatto di ascolto attivo, diamo alle persone la possibilità di raccontare la loro esperienza, il loro vissuto recente, il viaggio, la permanenza in Libia dove è risaputo che molti subiscono violenze di ogni genere fino alle torture. Questa possibilità di racconto è allo stesso tempo una possibilità di poter rielaborare il proprio vissuto e questo aiuta a mettere in ordine le idee per affrontare la prossima fase della loro vita».

Nei due centri sono passati soprattutto eritrei ed etiopi oltre ad alcuni sudanesi. I loro viaggi sono durati mesi e l’incontro con il team di Msf e i mediatori è stato per molti l’occasione di raccontare per la prima volta la propria storia «Ho incontrato ragazzi che non erano riusciti a parlare con nessuno. Si inizia con incontri individuali e poi ci si trova in gruppo e il riconoscere una storia aiuta ciascuno a elaborare dal proprio punto di vista il vissuto rendendosi conto che la vita può ricominciare» continua Ahamd che ha prestato servizio anche sulla Bourbon Argos di Medici senza Frontiere, la nave di soccorso e ricerca che opera nel sud del Mediterraneo.

Teklehaimnot, eritreo di 40 anni è stato soccorso dalla Bourbon Argos, ed è passato al centro Baobab (nella foto in apertura con Ahmad). «Quando siamo partiti, eravamo circa 300. Ci siamo accorti che la nostra nave non aveva il motore, ho avuto molta paura. La nostra nave ha iniziato a imbarcare acqua, poi abbiamo visto una nave grandissima davanti a noi. È stato come rinascere. Ci hanno fatto salire a bordo. Lentamente. Ci hanno accolto con la musica. A bordo, è stato come cominciare una nuova vita, piena di speranza», ha raccontato. «Adesso che siamo arrivati in Italia, la scelta più importante è quale paese raggiungere, da una parte mi sento tranquillo e sereno, ma dall’altra il mio viaggio non è ancora finito…».

«Tutti hanno un progetto, vogliono arrivarci un passo alla volta» continua Ahmad. «Lavorando sull’ascolto attivo, sull’empatia abbiamo potuto notare che già il giorno dopo il primo incontro, c’era stato un cambiamento. Il nostro lavoro aiuta anche nell’elaborazione del lutto, come nel ritornare a relazionarsi con gli altri»

«In questi luoghi di transito si incontrano la forza, la determinazione e il coraggio di chi decide di migrare», racconta Lilian Pizzi, psicologa di Msf. «Le persone che incontriamo sono protagonisti inconsapevoli della storia e portano con sé vissuti individuali preziosi. Raccontano le loro vite “a brandelli”, esattamente per come vivono e le condividono con stupore e gratitudine per il fatto stesso di poterle raccontare: sono sopravvissuti al difficile viaggio che hanno intrapreso, non ne sono soltanto testimoni o protagonisti»

Ora l’intervento di Msf (svolto in collaborazione con le Asl Rma e Rmb di Roma e l’Inmp) è terminato dopo la chiusura della tendopoli della Cri e con il diminuire degli sbarchi sulle coste siciliane che hanno ridotto di molto il transito delle persone accolte al centro Baobab. In questi mesi il team dell’organizzazione è stata testimone della vulnerabilità e degli sforzi delle persone in fuga durante tutto il loro percorso di migrazione.

«Che strano animale è l’uomo, ogni volta che raggiunge un obiettivo ne vuole subito un altro. Fino a quando ero in Libia e in mare non mi permettevo neanche di fantasticare sul mio futuro, sul paese dove vivere, adesso invece mi trovo a riflettere su cosa vorrei fare delle mia vita, che non lasciato in mare insieme a tante altre. Non mi sembra possibile di essere sopravvissuto e di essere qui seduto a parlare con te del mio futuro prossimo, How many souls in this sea…» è il commento lasciato da un uomo durante una sessione individuale di primo soccorso psicologico

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