Sostenibilità

Così la recessione ci stimola a diventare migliori

L'analisi

di Redazione

Lorenzo Miozzi commenta i dati della ricerca di Consumers’ Forum: «Diventiamo più selettivi e sempre più attenti a non sprecare». Come dimostra, per esempio, la crescita del private labeldi Piero Pacchioli
Anche le crisi possono avere aspetti positivi. In campo finanziario, dicono alcuni esperti, la fase di crisi consente di estromettere dal mercato i soggetti che nel tempo hanno tenuto comportamenti poco trasparenti e hanno sfruttato bolle speculative a danno dei consumatori. Dopo le crisi, quindi, il mercato viene ripulito dagli attori meno virtuosi. Dall’altra parte della barricata, nel mondo dei consumatori “reali”, può essere fatto un ragionamento simile? In qualche modo sì. La crisi, infatti, ha lasciato dietro di sé non solo questioni problematiche ma anche qualche speranza per il futuro: i consumatori hanno imparato, per necessità, a diventare virtuosi. «Il paradosso è proprio questo», sottolinea il presidente di Movimento Consumatori, Lorenzo Miozzi. «La crisi sta innescando un fenomeno virtuoso. In un momento di incertezza per il futuro» spiega Miozzi, «gli italiani si scoprono bravi consumatori. Se il 75% è, infatti, convinto che per vivere meglio si dovrebbe consumare meno, l’80% è attento agli sconti e, dalle aziende, esige comportamenti etici e coerenti. Addirittura il 90% degli intervistati sceglie prodotti che rispettano l’ambiente». Secondo il presidente di MC «questi dati dimostrano che siamo di fronte ad una situazione molto diversa rispetto al passato».
«L’indagine dell’osservatorio di Consumers’ Forum su consumi e consumatori», spiega, «ha rilevato con chiarezza che i cittadini stanno diventando più selettivi e iniziano a percepire lo spreco come un disvalore». La ricerca evidenzia un dato importante: il consumatore non si chiude in casa, continua a spendere ma in modo più consapevole e pondera meglio gli acquisti, cercando beni sostitutivi che diano un buon rapporto qualità prezzo. Per esempio, un dato significativo è l’aumento dell’apprezzamento per le “private label”, prodotti con marchio della grande distribuzione, e l’alta percezione qualitativa che il consumatore ha di esse.
Questa tendenza non è solo dichiarata dai consumatori intervistati nell’ambito della ricerca ma emerge anche dai dati relativi al 2008, presentati nel corso del convegno «Marca», promosso dalle principali società della distribuzione organizzata. I numeri dicono infatti che la quota di mercato è cresciuta nel 2008 attestandosi al 13%. In questo modo potrebbe non solo andare in crisi il concetto di “marca” inteso in senso tradizionale, ma anche aprirsi la strada a una revisione del modo in cui le imprese dovranno rapportarsi ai nuovi consumatori. «Dalla ricerca emerge con chiarezza come i consumatori italiani siano pronti a fare i conti con l’economia che c’è. Scelgono, interpretano e mettono in campo i propri bisogni. Da qui parte il nuovo ruolo del consumatore, sempre più attivo nei confronti del mercato», aggiunge Miozzi. Già, perché non è semplicemente la ricerca dello sconto o del prezzo competitivo in rapporto alla qualità a distinguere il consumatore fotografato dalla ricerca. La componente etica è presente in maniera massiccia e anche questo deve far riflettere le imprese. I consumatori si dirigono sempre più verso la tutela dell’ambiente considerata in tutto il ciclo di vita dei prodotti. Meno imballaggi, quindi. Ma anche più informazioni in etichetta per poter scegliere in maniera trasparente.
«Anche noi associazioni, però, siamo chiamate a una riflessione. I consumatori sono cresciuti e lo stesso chiedono a noi», conclude Miozzi. «Se da un lato dobbiamo mettere a punto gli strumenti che già abbiamo, si pensi a “SMS consumatori”, servizio che consente sempre di tenere sotto controllo in modo semplice il prezzo di numerosi prodotti agroalimentari, dall’altro dobbiamo anche pensare a nuove forme di interventi per dialogare meglio con questo nuovo consumatore».

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