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Così, in un caffè di Piazza del Popolo a Roma, nacque VITA
La scrittura di un libro sulla nascita del nostro giornale si è interrotta con la morte del fondatore, Riccardo Bonacina, l'11 dicembre scorso. Dai lavori preparatori - alcune lunghe conversazioni da remoto - riemerge però il racconto degli inizi: con la fine de "Il Coraggio di vivere" in Rai, cresce in Bonacina e in alcune grandi associazioni l'idea di costruire "L'Espresso del sociale". E in tanti danno una mano: da Gavino Sanna a don Antonio Mazzi, da Ernesto Caffo a Niccolò Contucci, da Marco Follini a Gianluca Nicoletti. E Fedele Confalonieri chiede: «Ma la pubblicità dov'è?». Ascolta l'episodio
«Ti leggo una cosa per farti capire che pirla fosse Bonacina»: comincia così il primo episodio di Da che vita nasce VITA, conversazioni con Riccardo Bonacina, il podcast con cui vogliamo ricordare il fondatore di questo giornale, il maestro ma soprattutto l’amico e per questo, violando un po’ i canoni giornalistici, lo chiamerò Riccardo e userò la prima persona singolare anziché quella plurale, come invece si dovrebbe.
Non sorprenda il lieve turpiloquio: si tratta di una frase tratta dalle conversazioni che intavolammo nel giugno e luglio scorso, quando, spronati dal direttore Stefano Arduini, avevamo cominciato a scrivere, a quattro mani, il libro sulla storia di VITA, nata appunto il 27 ottobre del 1994.
Colloqui che non si svolgevano in redazione, perché da poco Riccardo aveva scoperto la grave malattia che lo aveva colpito e si accingeva – con una serenità che ci rendeva saldi e spaventati a un tempo – ad affrontare un duro ciclo di cure.
Dialoghi fra amici di tre decenni – arrivai a Milano, per conoscerlo, che lavorava al numero zero – talvolta scanzonati (la cordialità era il suo marchio di fabbrica), dove il piacere di ricordare i fatti e le persone faceva aggio sull’assillo della ricostruzione storica, anche perché pensavamo d’aver tempo, più tempo, per scambiarci i testi, fare osservazioni, integrazioni, correzioni. Un tempo che non c’è stato, perché Riccardo ci ha lasciati, improvvisamente, l’11 dicembre scorso.
Abbiamo allora pensato – e qui torno al noi, perché ne abbiamo parlato in diversi, qui a VITA – di utilizzare quelle ore di racconto per fare un podcast, per risentirlo parlare, come ci aveva parlato fino a quei giorni di giugno, appunto, venendo ogni giorno in redazione, con dedizione commovente, lavorando umilmente alle notizie di giornata, pur non avendo più ruoli nel giornale che aveva fondato, se non quello di “presidente onorario”.
Facciamo l’Espresso del sociale
Il racconto che ascolterete ripercorre gli inizi di VITA: vicende che si intersecano con la fine de Il coraggio di vivere, format tv di straordinario successo, da lui concepito, quanto di brevissima durata: tre anni. Fu costruendo quella trasmissione – «il primo caso di democrazia televisiva», scrisse Carlo Freccero che ne fu un estimatore – che Riccardo capì quanto fosse importante che il mondo del volontariato, come si diceva allora, avesse un suo giornale.
Glielo dicevano gli stessi dirigenti dell’associazionismo che coinvolgeva negli studi di Via Teulada o al centro di produzione Rai di Napoli, da dove trasmetteva: «”Bella, bellissima, la tv”, mi dicevano, “ma un giornale potrebbe costruire una cultura”», mi racconta Riccardo nel podcast. Fu così che cominciò a profilarsi, in molti di quei primissimi stakeholder (che allora non si chiamavano così) l’idea di un “Espresso del sociale”.
Da via Teulada al caffè di Piazza del Popolo
Provvidenziale, è il caso di dirlo, fu una rivoluzione dei palinsesti che si abbatté sulla Rai nel 1994: frangente in cui Giovanni Minoli, direttore di RaiDue, trasformò il pomeriggio di quella rete, accorpando in un unico contenitore le diverse trasmissioni, fra cui anche Il coraggio di vivere. Riccardo non la prese bene e lasciò, accingendosi subito a dare le gambe a quella idea rimbalzata in tanti incontri: un giornale del sociale. Si istallò in un caffè di Piazza del Popolo a Roma, iniziando la paziente tessitura, cominciando con l’incontrare i leader associativi, «c’erano Ernesto Caffo di Telefono Azzurro, Niccolò Contucci allora in Telethon, Nuccio Iovene che stava in Arci», e amici, sostenitori, giornalisti.
Fra amici e stakeholder
Nel podcast scorrono i nomi dei supporter della primissima ora. Provengono dagli ambiti più diversi a cominciare dal pubblicitario Gavino Sanna, che battezzò la testata, «VITA così, senza aggettivi», al collega Rai, Gianluca Nicoletti, che andò a testarne il nome nelle edicole romane prima che uscisse: «Funziona, Riccardo, funziona!». E poi, ancora, l’amico che stava in Borsa a Milano, Giovanni Raimondi, col collega Marco Fumagalli, all’altro amico che l’editore l’aveva già fatto, Egidio Maggioni. Man mano che l’idea prese forma, ci si appassionarono in tanti: come il segretario aclista, Franco Passuello, e il suo omologo in Arci, Tom Benetollo. E poi tanta “Chiesa in uscita”, come si direbbe oggi: da don Antonio Mazzi, diventato personaggio tv proprio a Il coraggio, a don Luigi Di Liegro, direttore della Caritas romana, da monsignor Giovanni Nervo, presidente di quella nazionale a don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco.
Uno che ci credette da subito fu Luciano Tavazza, direttore generale della Fondazione italiana volontariato – Fivol, nata pochi anni prima: portava invece l’interesse e l’entusiasmo di tante associazioni. La nuovissima impresa suscitò la simpatia anche di Marco Follini, allora consigliere Rai, che si adoperò per segnalare VITA a un po’ di aziende delle allora Partecipazioni statali, o di manager pubblici, come Carlo Borgomeo, presidente della Società per l’imprenditorialità giovanile poi Sviluppo Italia.
Quel giorno da Confalonieri
Nel podcast si cita anche Fedele Confalonieri, presidente Mediaset, che non parteciperà alla nascita di VITA ma sarà disponibile a incontrare Riccardo che aveva lavorato a Studio Aperto, il primo tg di quel gruppo. Gli portò il primo numero, fresco di stampa, notando come il supermanager amico del Cavaliere osservasse soprattutto le inserzioni: «Mi disse: “Ah bello, bello, Bonacina: ma la pubblicità?”», mi raccontava Riccardo, ridendone ancora.
Forum, VITA, Banca Etica: tre scommesse
del mondo sociale
L’episodio si chiude col ricordo della grande manifestazione romana dell’associazionismo a difesa dello Stato sociale e che porterà poi alla nascita del Forum del Terzo settore.
«C’è un pezzo di Italia, il mondo sociale, che capisce la necessità di giocare un ruolo politico: la nascita del Forum, di Banca etica e di VITA, che avvengono quasi negli stessi giorni, rappresentano altrettante scommesse per valorizzare tanta ricchezza sociale».
Un racconto dal quale emerge tutta la personalità di Riccardo, la passione al lavoro giornalistico, la tensione al Bene comune che sempre lo ha caratterizzato, e la grande umanità che è stata il suo tratto distintivo: da questa vita nacque VITA.
Il libro con gli editoriali più belli
Il podcast, che continuerà nelle prossime settimane con altri episodi, non è la sola iniziativa di VITA per ricordare il suo fondatore, da giorni è online il libro curato dal direttore Arduini che ha messo insieme gli editoriali più significativi di Riccardo in questi 30 anni: può essere scaricato gratuitamente, previa registrazione.
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